Appalti, contrattazione collettiva e sicurezza sul lavoro: quali novità ha introdotto la l. n. 56/2024 di conversione del d.l. 19/2024?

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Bollettino ADAPT 6 maggio 2024, n. 18

 

Lo scorso 30 aprile 2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la l. n. 56/2024, che ha convertito con modificazioni il d.l. n. 19/2024 (i cui contenuti, con riferimento alle tematiche giuslavoristiche, sono stati approfonditi in G. Benincasa, M. Menegotto (a cura di), “Decreto PNRR”: un nuovo veicolo per interventi lavoristici, Bollettino Speciale Adapt n. 1/2024).

 

Le novità introdotte dalla legge di conversione hanno interessato in particolar modo due delle tematiche affrontate dal Decreto PNRR: la disciplina degli appalti e del relativo (rinnovato) regime sanzionatorio e la c.d. “patente a punti” in materia di salute e sicurezza.

 

Con particolare riferimento alla disciplina che interessa gli appalti, attraverso la l. n. 56/2024, sono state apportate rilevanti modifiche all’art. 29, comma 2, lett. a), d.l. n. 19/2024, con il quale è stato introdotto il comma 1-bis) all’art. 29 d.lgs. n. 276/2003, in materia di contratto collettivo applicabile in caso di appalto e subappalto. Così, se attraverso il Decreto PNRR il Legislatore aveva inteso prevedere che ai lavoratori impiegati in appalto e subappalto fosse riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto «dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto», ad oggi la struttura dell’art. 29, comma 1-bis) d.lgs. n. 276/2003 appare essere radicalmente mutata, anche e soprattutto in termini sostanziali. A partire dallo scorso 30 aprile, infatti, lo stesso prevede che «al personale impiegato in appalto di opere o servizi e nel subappalto spetti un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto».

 

Per il tramite delle modifiche adottate dalla legge di conversione, appare dunque risolta almeno una delle annose questioni sollevate in merito alla pregressa formulazione della disposizione, la quale proponeva, come parametro per l’individuazione del contratto collettivo da applicare, quello della “maggiore applicazione”, evitando qualsivoglia riferimento alla maggiore rappresentatività comparativa delle organizzazioni sindacali sottoscriventi. Criterio, quest’ultimo, che, come è noto, è andato consolidandosi nel tempo, tanto con specifico riferimento alla generale disciplina dei contratti di lavoro, quanto nell’ambito di individuazione dei contratti collettivi da applicare in caso di appalto pubblico, sottoposto oggi a regolamentazione ex d.lgs. n. 36/2023. Al contrario, paiono invece permanere i dubbi relativi all’interpretazione del concetto di “zona” che, ancora presente nella nuova riformulazione del comma 1-bis) in esame, potrebbe essere esposto a diverse ipotesi interpretative (i cui dettagli sono stati ripercorsi in E. M. Poiani Landi, Decreto PNRR: si arricchisce o si complica ulteriormente il quadro normativo vigente in materia di appalti e contrattazione collettiva?, in Bollettino Speciale Adapt 1/2024, a cui si rimanda per un approfondimento nel merito).

 

Parallelamente, la l. n. 56/2024 ha apportato delle modifiche anche a quanto previsto dall’art. 29, comma 4, lett. d) d.l. n. 19/2024, intervenendo quindi sul contenuto dell’art. 18, d.lgs. n. 276/2003 in materia di regime sanzionatorio applicabile in caso di violazione delle disposizioni in materia di esternalizzazioni. Invero, le modifiche di carattere sostanziale possono dirsi minime, in quanto intese esclusivamente ad integrare quanto previsto dal nuovo comma 5-quinquies del richiamato art. 18, il quale, ad oggi, prevede che «l’importo delle pene pecuniarie proporzionali previste dal presente articolo, anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, non può, in ogni caso, essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000». L’integrazione, in altri termini, è stata finalizzata a precisare che i limiti relativi all’ammontare delle sanzioni di cui all’art. 18 d.lgs. n. 276/2003 debbano dirsi applicabili anche nelle ipotesi di assenza di esplicita delimitazione di limiti minimi o massimi, andando così a chiarire il perimetro di applicazione della richiamata norma.

 

Un’altra modifica rilevante ad opera della l. n. 56/2024 è quella intervenuta sulla disciplina della c.d. “patente a punti”, in vigore dal 1° ottobre 2024 e introdotta, in materia prevenzionistica, dall’art. 29, comma 19, let. a) del d.l. n. 19/2024, in sostituzione del previgente sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui all’art. 27, d.lgs. n. 81/2008 (per una ricostruzione su quanto disciplinato dal d.l. n. 19/2024 si veda G. Benincasa, Il D.L. n. 19/2024 tra misure premianti e “patente a punti”: soluzioni concrete o eccessivo formalismo?, in G. Benincasa, M. Menegotto (a cura di), “Decreto PNRR”: un nuovo veicolo per interventi lavoristici, Bollettino Speciale Adapt n. 1/2024).

 

In primo luogo merita segnalare che, con la conversione in legge del d.l. 19/2024, vengono esclusi, dall’ambito di applicazione del nuovo articolo 27, “coloro che effettuano mere forniture o prestazioni di natura intellettuale”, disciplinando altresì la validità di documenti equivalenti alla patente a punti, rilasciati da autorità competenti, in caso di imprese e lavoratori autonomi stabiliti all’estero. Anche in merito all’Autorità preposta al rilascio della patente a punti si rilevano modifiche, anche se di apparente lieve entità: fermo restando la competenza in capo all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), sembra venir meno il riferimento alle relative “sedi territoriali” (riferimento che sembra sparito anche dai successivi commi 2, 8 e 9 dell’art. 27 d.lgs. n. 81/2008, a conferma del fatto che non si tratta di una mera svista ma di una chiara intenzione del Legislatore).

 

Qualche lieve modifica – più di forma che di sostanza – sembra essere intervenuta anche sui requisiti richiesti al fine di ottenere il rilascio della patente a punti: ad esempio, alla lett. a) si include adesso, con riferimento all’iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato anche il concetto di “agricoltura”, prima trascurato; oppure, alla lett. b), con riferimento agli obblighi formativi, non solo viene fatto il riferimento agli obblighi contenuti in via generale nel d.lgs. n. 81/2008 (in sostituzione del solo riferimento all’art. 37) ma viene altresì previsto il rispetto di tali obblighi anche da parte di lavoratori autonomi, precedentemente disciplinato alla successiva lettera c); ancora, alla nuova lettera e) viene richiesto non tanto il possesso del DURF (come precedentemente disciplinato alla lettera f) del d.l. n. 19/2024) bensì il “possesso della certificazione di regolarità fiscale, di cui all’articolo 17-bis, commi 5 e 6, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nei casi previsti dalla normativa vigente”. Tra i requisiti richiesti, dal nuovo comma 1 dell’art. 27, d.lgs. n. 81/2008, al fine del rilascio della patente a punti emerge un’unica novità sostanziale consistente nell’avvenuta designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nei casi previsti dalla normativa vigente (let. f) del d.l. 19/2024 convertito in L. 56/2024).

 

Al comma 2 dell’art. 27 richiamato, viene ora stabilito che il possesso dei requisiti di cui al comma precedente dovrà essere autocertificato secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. n. 445/2000.

 

Al successivo comma 3 il Legislatore sembra voler fare ordine su un sistema “a punti” che, come già segnalato, rischia di diventare tanto macchinoso quanto incerto. A tal proposito viene previsto che le modalità di presentazione della domanda per il conseguimento della patente a punti saranno individuate con apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito l’INL. Nello stesso decreto dovranno essere individuati altresì i “contenuti informativi della patente medesima nonché i presupposti e il procedimento per l’adozione del provvedimento di sospensione di cui al comma 8”.

 

Di nuova introduzione risulta anche il comma 4, in cui viene specificato che in caso di dichiarazioni non veritiere sulla sussistenza di uno o più requisiti di cui al comma 1, la patente sarà revocata e, solo decorsi dodici mesi dalla revoca, l’impresa o il lavoratore autonomo potrà richiedere il rilascio di una nuova patente.

 

Rispetto al previgente comma 3 (introdotto con il d.l. n. 19/2024), il nuovo comma 5, oltre a confermare il punteggio iniziale della patente a punti (30 crediti) e il punteggio minimo per operare nei cantieri temporanei o mobili di cui all’articolo 89, comma 1, lettera a) (15 crediti), delega l’individuazione i criteri di attribuzione di crediti ulteriori rispetto al punteggio iniziale nonché le modalità di recupero dei crediti decurtati tramite l’emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito l’INL (modalità e criteri precedentemente previsti dal comma 7 dell’art. 27, d.lgs. n. 81/2008 riscritto dal d.l. n. 19/2924).

 

Inoltre, a differenza del previgente comma 4, il nuovo comma 6 rinvia ad un allegato esterno (allegato I-bis) i casi e la misura della decurtazione dei punti dalla patente in base alle risultanze dei provvedimenti definitivi (da intendersi, ai sensi del successivo comma 7, le sentenze passate in giudicato e le ordinanze-ingiunzione di cui all’articolo 18 della l. n. 689/1981 divenute definitive) emanati nei confronti dei datori di lavoro, dirigenti, preposti o dei lavoratori autonomi, prevedendo altresì che in caso di contestazione di più violazioni tra quelle indicate nell’allegato I-bis, i crediti dovranno essere decurtati “in misura non eccedente il doppio di quella prevista per la violazione più grave”.

 

Allegato I-bis – Fattispecie di violazioni che comportano la decurtazione dei crediti dalla patente di cui all’articolo 27

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Ulteriore parziale modifica riguarda il nuovo comma 10 in cui viene consentito, in caso di patente con punteggio inferiore a 15 crediti, il completamento delle attività oggetto di appalto o subappalto in corso di esecuzione (specifica precedentemente disciplinata al comma 8), solo “quando i lavori eseguiti sono superiori al 30 per cento del valore del contratto”, salva l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 14.

 

Cambia inoltre, sebbene parzialmente, il regime sanzionatorio: si passa dal pagamento di una sanzione amministrativa (da euro 6.000 ad euro 12.000) previste per le impresa o i lavoratori autonomi in possesso di una patente con un punteggio inferiore a 15 crediti (previgente comma 8), ad una sanzione amministrativa pari al 10 per cento del valore dei lavori e, comunque, non inferiore a euro 6.000, in caso di imprese o lavoratori autonomi che operano in mancanza della patente a punti o del documenti equivalente (per le imprese e i lavoratori autonomi stabiliti all’estero) o con un punteggio inferiore a 15 crediti (attuale comma 11).

 

Infine, al comma 13 viene prevista un’attività di monitoraggio sulla funzionalità del sistema della patente a punti, da parte dell’INL, da attivare entro il 1° ottobre 2025 al fine di trasmettere al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i dati raccolti per l’eventuale aggiornamento dei decreti ministeriali previsti dai commi 3 e 5 dell’art. 27, d.lgs. n. 81/2008.

 

Giada Benincasa

Ricercatrice ADAPT Senior Fellow

@BenincasaGiada

Irene Tagliabue

Ricercatrice ADAPT Senior Fellow

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