La Cassazione torna sulla etero-organizzazione dei rider

Interventi ADAPT

| di Federica Capponi

Bollettino ADAPT 10 novembre 2025, n. 39

La Corte di Cassazione, con sentenza del 31 ottobre 2025 n. 28772, torna a pronunciarsi sulla etero-organizzazione dei rider a cinque anni di distanza dalla ormai nota Cass. 1663/2020. La sentenza in commento fornisce una interpretazione dell’art. 2 d. lgs. n. 81/2015 in linea con il proprio precedente orientamento. In proposito, si ricorda che l’art. 2, comma 1, del citato decreto legislativo prevede che si applichi la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente (anche qualora l’etero-organizzazione avvenga tramite piattaforma digitale).

In particolare, secondo il Giudice, nel caso in cui le parti instaurino un rapporto di lavoro autonomo che si connota per la continuità della collaborazione e per la etero-organizzazione della prestazione lavorativa, la conseguenza, in sede di accertamento giudiziale, non è la riqualificazione nei termini della subordinazione ma l’applicazione al rapporto di lavoro della disciplina del lavoro subordinato. La Corte, infatti, ricorda che: «(…) l’art. 2 d. lgs. 81/2015 non introduce una nuova fattispecie (…) bensì una “norma di disciplina”, volta (e limitata) a dichiarare applicabile la disciplina della subordinazione a rapporti di lavoro che possono legittimamente essere pattuiti come di lavoro autonomo». Secondo il Giudice, dunque, «(…) il legislatore ha introdotto una “dissociazione” tra qualificazione giuridica della fattispecie e la disciplina applicabile: di solito la seconda segue la prima, salva diversa e specifica previsione normativa, nella specie rappresentata, appunto, dall’art. 2 d. lgs. cit.».

La pronuncia si sofferma, inoltre, sulle nozioni di prestazione esclusivamente personale e di continuità della collaborazione, requisiti, assieme alla etero-organizzazione, necessari per l’applicazione dell’art. 2, comma 1, vigente ratione temporis (poi modificato dalla l. 128/2019 di conversione del d.l. 101/2019 nella versione attuale sopra riportata). In particolare, secondo la Corte, il fatto che la bicicletta e la relativa manutenzione fossero a carico del rider non escludeva la natura esclusivamente personale della prestazione, ma confermava la qualificazione del rapporto di lavoro nei termini della autonomia. Tale requisito sarebbe venuto meno unicamente nel caso in cui fosse stata dimostrata la facoltà del rider di avvalersi di propri ausiliari per svolgere l’attività lavorativa.  Quanto alla continuità, secondo il Giudice, essa non può essere intesa, come invece sostiene la società, come obbligo del lavoratore di mettersi a disposizione della committente (obbligo che, qualora accertato, avrebbe comportato la riqualificazione). Per il Giudice “non vi è alcuna ragione per intendere il requisito della continuità in modo difforme da quanto ritenuto da questa Corte in relazione alle collaborazioni previste dall’art. 409, n. 3, c.p.c.“. Peraltro, nel caso di specie erano stati conclusi contratti di collaborazione coordinata e continuativa che lasciavano intendere che sin dal momento genetico vi fosse la volontà di instaurare un rapporto di collaborazione di tipo continuativo. Il giudice di merito, cui la Corte fa rinvio, aveva poi chiarito che la continuità, nel caso specifico, deve essere valutata sulla base dei turni opzionati dal rider e non in base al numero dei turni effettivamente svolti dallo stesso, data la facoltà del committente di assegnare le consegne a un rider diverso, a prescindere dalla disponibilità fornita dal lavoratore.

In conclusione, per la Corte “ciò che connota specificamente questa ‘norma di disciplina’ è – in concorso con la continuità e con il carattere personale della prestazione lavorativa – soprattutto il requisito della etero-organizzazione“. Sulle caratteristiche del requisito della etero-organizzazione la Corte rinvia a quanto accertato dal giudice di merito. Secondo quest’ultimo, l’organizzazione dei tempi e dei luoghi della prestazione lavorativa doveva desumersi dall’impegno del rider, una volta selezionato dall’algoritmo a seguito della propria candidatura per una corsa, ad eseguire la consegna entro il termine tassativo di 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo al fine di non essere soggetto a una penale.  La Corte precisa poi che, anche nella versione dell’art. 2 ante l. 128/2019 di conversione del d.l. 101/2019, il requisito della etero-organizzazione non si esauriva nella organizzazione, da parte della committente, dei tempi e del luogo della prestazione lavorativa, trattandosi di un richiamo presente nella disposizione a mero titolo esemplificativo.

La Corte, dunque, rigetta il ricorso della società, confermando la decisione della corte territoriale, che aveva riconosciuto il diritto dei rider, ai sensi del citato art. 2, a ricevere la retribuzione diretta, indiretta e differita prevista dal CCNL per i dipendenti del terziario, della distribuzione e dei servizi, applicato ai dipendenti della società, e a essere inquadrati al VI livello, condannando la società al pagamento delle differenze retributive. 

La pronuncia in commento appare interessante perché consente di chiarire alcuni punti circa la nozione di collaborazione organizzata dalla committente di cui all’art. 2, comma 1, del d. lgs. n. 81/2015. Anzitutto, come si è detto, si tratta di rapporti di lavoro autonomo. Pertanto, in linea con la prassi amministrativa (si vedano la circolare n. 7 del 30 ottobre 2020 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e la più recente circolare n. 9 del 18 aprile 2025 del Ministero del Lavoro) e la legislazione italiana (il riferimento è al capo V-bis del d.lgs. n. 81/2015), si riconosce la possibilità che la piattaforma digitale instauri (legittimamente) con il rider un rapporto di lavoro autonomo. Tali rapporti di lavoro autonomo condividono con i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, n. 3, c.p.c. la nozione di continuità, che nel caso del lavoro tramite piattaforma digitale si apprezza avendo riguardo ai turni opzionati dal rider e non solo a quelli effettivamente svolti nell’arco di tempo preso in considerazione. Tuttavia, nel rapporto di lavoro autonomo in commento non vi è un coordinamento del tipo richiesto dall’art. 409, n. 3, c.p.c. come modificato dall’art. 15, comma 1, della l. 81/2017 («La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa») poiché la prestazione lavorativa è organizzata dal committente. Tale etero-organizzazione può essere dei tempi, del luogo di svolgimento della prestazione lavorativa o di altri aspetti della prestazione lavorativa, a condizione che non venga integrata l’eterodirezione (che farebbe transitare il rapporto di lavoro nell’alveo della subordinazione). Nel caso di specie, l’etero-organizzazione si concretizzava nell’impegno del rider a effettuare le consegne entro un termine preciso dal ritiro del cibo per evitare penali. Su quest’ultimo punto appare tuttavia lecito interrogarsi sulla distinzione tra il rischio economico tipico del lavoro autonomo e l’esercizio dei poteri tipici del datore di lavoro, dal momento che la previsione di una penale ben potrebbe essere considerata come una misura disciplinare volta a conformare il comportamento del lavoratore alle direttive della committente, una volta verificato, tramite il controllo dei tempi di consegna, il mancato adempimento delle stesse.

Infine, può essere interessante osservare anche come il ricorrente avesse chiesto in via principale la riqualificazione del rapporto di lavoro e solo in via subordinata l’accertamento della sussistenza di una collaborazione ex art. 2 del d. lgs. n. 81/2015. Pertanto, al contrario delle vicende del 2020, se il giudice di merito avesse riqualificato il rapporto di lavoro, non sarebbe andato oltre la domanda attorea. La pronuncia sembrerebbe, dunque, dare spazio a (nuove) forme di lavoro nell’ambito delle quali il lavoratore non è assoggettato alla eterodirezione del datore di lavoro, condizione che comprimerebbe ulteriormente una possibile flessibilità in senso positivo (intesa come sottrazione da uno stringente controllo datoriale) del rapporto di lavoro, ma cui l’ordinamento, solo in fase giudiziale, è in grado di accordare un apparato di tutele (sul piano retributivo, prevenzionistico, ecc.) al momento precluso al lavoro autonomo (con l’eccezione dei casi in cui vi sia una copertura da parte degli accordi collettivi recanti particolari misure di tutela o si ricada nell’ambito applicativo del citato capo V-bis). Detta interpretazione peraltro sarebbe in linea con una visione dell’attuale mondo del lavoro in cui le tecnologie consentono di attenuare significativamente le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato (si pensi alla dematerializzazione dei luoghi di lavoro) ma in cui chi fornisce servizi avvalendosi della collaborazione altrui tende a imprimere le proprie condizioni sul risultato finale del collaboratore.

Federica Capponi

Assegnista di ricerca Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – ADAPT Senior Fellow

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