Legge di Bilancio, apprendistato, esonero contributivo giovani: risposte ad alcuni quesiti

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Bollettino ADAPT 21 dicembre 2020, n. 47

 

A seguito del webinar organizzato da ADAPT in collaborazione con Fiabilis Consulting Group – “Incentivi occupazionali, giovani e apprendistato: le misure in discussione per il 2021”, tenutosi lo scorso 10 dicembre, abbiamo ricevuto alcune domande e richieste di approfondimento, che trovano risposta in questo articolo. Le domande sono state parzialmente rielaborate per eliminare eventuali dati sensibili.

 

  1. Vorrei porvi un quesito in merito agli incentivi previsti per le aziende con un numero di dipendenti pari o inferiore a 9 dipendenti che assumono entro il 31 dicembre 2020 un giovane con il contratto di apprendistato di primo livello (ai sensi della L. n. 160/2019): è stata emanata la circolare INPS per le indicazioni operative a riguardo?

 

Come già ricordato durante il webinar, il comma 8 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2020 (L. n. 160/2019) ha previsto un nuovo incentivo per le assunzioni in apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello) avvenute entro il 31 dicembre 2020. Tale incentivo – previsto dal legislatore allo scopo di promuovere l’occupazione giovanile – è riconosciuto ai datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di lavoratori non superiore alle 9 unità, i quali potranno beneficiare di uno sgravio totale della contribuzione dovuta per dette assunzioni per i primi tre anni del rapporto, passati i quali tornerà in vigore l’aliquota a carico del datore di lavoro prevista per la generalità degli apprendisti (10% + 1,61% a finanziamento della NASpI).

 

Rispondendo alla domanda pervenutaci di cui sopra, si può affermare che alla data odierna non si registra alcun atto amministrativo proveniente dall’INPS esplicativo delle indicazioni operative a riguardo.

 

Ma allora cosa sappiamo di questa agevolazione? Fermi restando i presupposti soggettivi (imprese con non più di 9 lavoratori), nonché l’oggetto incentivante della misura stessa (sgravio contributivo totale per i primi 36 mesi), occorre sottolineare che ci troviamo sicuramente di fronte ad un regime di sottocontribuzione rispetto all’ordinario regime contributivo previsto per la generalità dei lavoratori assunti con contratto di apprendistato – che secondo l’art. 1, comma 773, della L. n. 296/2006 (finanziaria 2007), per i datori di lavoro con organico non superiore ai 9 addetti, è pari all’1,5% della retribuzione imponibile nei primi dodici mesi del rapporto, al 3% a partire dal tredicesimo mese fino al ventiquattresimo e del 10% per i periodi successivi. Trattandosi, dunque, di una aliquota incentivante e non di certo “strutturale”, ne consegue che l’INPS è tenuto ad effettuare i controlli sul rispetto sia dei principi generali stabiliti dall’art. 31 del d.lgs. n. 150/2015 (rispetto del diritto di precedenza, della previsione per cui l’assunzione non debba derivare da un obbligo preesistente stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, nonché della previsione per cui il datore di lavoro non debba avere in atto sospensioni del lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale), ma anche dei criteri derivanti dalla normativa europea (in particolare al rispetto delle norme sul “de minimis”, previste dal reg. UE 18 dicembre 2013, n. 1407). A ciò si aggiunge la necessità per il datore di lavoro di essere in possesso di un regolare DURC, propedeutico alla fruizione delle agevolazioni.

 

Uno sgravio contributivo di questo tipo non rappresenta una assoluta novità nel nostro ordinamento, dal momento che fino al 2016 è stata applicabile la misura prevista dall’art. 22 della L. n. 183/2011, la quale prevedeva in favore delle imprese con un organico fino a 9 dipendenti uno sgravio contributivo totale per le assunzioni in apprendistato (di qualsiasi livello) per i primi tre anni del rapporto. A tal fine, l’INPS è intervenuta con diversi atti chiarificatori, tra cui spicca sicuramente la circolare n. 128/2012, che in assenza, dunque, di un atto dell’Istituto specificamente indirizzato all’incentivo di cui alla legge di Bilancio 2020 – data la medesima natura incentivante delle misure in questione – può esserci di aiuto per estrapolare le indicazioni che necessitano per una effettiva operatività dell’agevolazione.

 

Si auspica che tale inerzia da parte dell’INPS sia interrotta nei mesi a seguire, soprattutto perché nel testo del maxiemendamento approvato il 15 dicembre dal Senato, in sede di conversione in legge del Decreto Ristori (D.L. n. 137/2020), è presente una norma che conferma anche per tutto il 2021 il medesimo incentivo per le assunzioni di apprendisti di primo livello. Più nello specifico, l’atto S. 1994. – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, rifinanzia questo incentivo dedicato alle imprese di più piccole dimensioni ai commi 12 e 13 dell’articolo 15 bis.

 

  1. Un contratto a termine in scadenza il 31/12/20, instaurato il 01/01/2020 nel caso venga trasformato a tempo indeterminato con decorrenza 01/01/2021 beneficerebbe dell’agevolazione contributiva prevista dall’art. 4 della bozza della legge bilancio, o visto che il contratto a termine dura da più di 6 mesi potrebbe essere escluso ai sensi dall’art. 31 D. Lgs. n. 150/2015 comma 1 lett. a) per preesistenti obblighi di legge o di CCNL?

 

L’art. 4 della Legge di Bilancio per il 2021, in discussione in questi giorni, prevede un esonero totale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, fino al limite di 6.000 euro annui, per nuove assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato di giovani fino a 35 anni effettuate dal 1° Gennaio 2021 al 31 dicembre 2022. L’importo massimo dello sgravio sarà riparametrato su base mensile per un periodo massimo di 36 mesi (ampliato a 48 mesi per assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna).

 

La bozza del provvedimento richiama espressamente la Legge di Bilancio redatta nel 2017 che prevedeva un esonero molto simile. È, infatti, in questa legge che troviamo la risposta a questo e a molti altri quesiti. In particolare, l’art.1, comma 104 richiama i principi generali di fruizione degli incentivi di cui all’art. 31 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150 che menziona, tra gli altri, che gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva o se tale assunzione violi il diritto di precedenza.

 

Il c.d. diritto di precedenza nei contratti di lavoro a termine è normato dal D.Lgs. n. 81/2015. Il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Per l’esercizio del diritto di precedenza è necessario che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

 

Fatta questa disamina, a nostro avviso nel caso di specie questo contratto a termine trasformato sarà beneficiario dell’esonero, a patto che si verifichino tutte le altre condizioni previste dalla Legge di Bilancio, in quanto non violerebbe l’art. 31, comma 1, lett. a) del D.Lgs n. 150/2015 per preesistenti obblighi di legge o di contratto, a meno che alcuni CCNL non abbiano previsto un’automaticità della trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato dopo 6 mesi (cosa che non mi risulta) e non violerebbe nemmeno nessun diritto di precedenza (sul punto, cfr. art. 31, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 150/2015) in quanto la trasformazione di un rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato è giuridicamente differente dall’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, ma è la prosecuzione del medesimo contratto di lavoro al quale viene solo modificato il termine.

 

  1. Attualmente sto lavorando presso un’azienda con un contratto a tempo determinato part-time che mi scade a fine anno. Fino a giugno scorso ero occupato da 7 anni in un’azienda a tempo pieno con un contratto a tempo indeterminato dal quale ho dato le dimissioni. Se l’azienda per cui lavoro attualmente decidesse di trasformare il mio rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 1° gennaio 2021 la stessa avrà la possibilità di usufruire degli sgravi previsti dall’art. 4 della bozza della legge bilancio?

 

Gli sgravi previsti dalla Legge di Bilancio riguardano l’importo totale dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro per nuove assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato di giovani fino a 35 anni effettuate dal 1° Gennaio 2021 al 31 dicembre 2022.

 

Per quanto riguarda l’importo, esso è pari ad un massimale di 6.000,00 annui indipendentemente dalla percentuale di part-time.

 

Oltre al rispetto dei principi generali di fruizione degli incentivi il testo di legge prevede ulteriori limitazioni. Infatti, l’esonero non spetta ai datori di lavoro che abbiano proceduto, nei 6 mesi precedenti l’assunzione, né procedano, nei 9 mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva. Sono inoltre escluse anche le prosecuzioni di contratto di apprendistato o le stabilizzazioni di studenti che abbiano svolto periodi di alternanza scuola-lavoro.

 

Per quanto riguarda i precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato la norma fa un richiamo esplicito all’art. 1, commi da 100 a 105 e 107, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Anche in questo caso è in questo rimando di legge che troveremo la risposta al nostro quesito.

 

Il comma 101 prevede che l’esonero spetta ai soggetti che non siano stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro, fatto salvo il periodo residuo utile alla piena fruizione e cioè se per il medesimo esonero un datore di lavoro non ha usufruito di tutti i 36 mesi (o 48 in talune regioni) il nuovo datore di lavoro potrà utilizzare il periodo residuo.

 

A tal proposito consigliamo di utilizzare sempre l’utility dell’INPS che controlla, per codice fiscale interrogato, sia l’assenza di rapporti a tempo indeterminato nelle comunicazioni obbligatorie o nei flussi retributivi dell’INPS, sia l’elenco dei flussi e delle comunicazioni di rapporti a tempo indeterminato dal 1/1/2018.

 

Per tornare alla nostra domanda, segnaliamo, purtroppo, che anche in questo esonero nel caso in cui il soggetto abbia un rapporto a tempo indeterminato anche risolto molti mesi fa, l’azienda non potrà fruire dell’esonero in oggetto.

 

Michele Fiorella

Consulente del lavoro

Fiabilis Consulting Group Italia Srl

 

Giuseppe Montemarano

Laureato in Consulenza del Lavoro e Relazioni Industriali

Università degli Studi di Foggia

@montemarano_g

 

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