Competence center: una soluzione che non convince, una visione che (ancora) manca

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Non è tema da incendiare i cuori e dunque non lo troveremo nella campagna elettorale. Per la comunicazione politica è molto più facile parlare e sparlare di legge Fornero e delle sorti del Jobs ActEppure, se davvero vogliamo rimettere al centro il tema del lavoro, non possiamo sottovalutare il ruolo dei centri di competenza del piano nazionale per la IV rivoluzione industriale. Perché è dallo sviluppo del raccordo tra impresa e ricerca che dipendono le sorti del nostro mercato del lavoro e precisamente la capacità delle nostre imprese di orientarsi alla economia e ai lavori del futuro.

 

Va pertanto guardata con favore la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, dopo un lungo e preoccupante silenzio, della normativa di attuazione di questo importante tassello del piano nazionale Industria 4.0 lanciato dal Ministro Calenda nel settembre del 2016. Non mancano tuttavia criticità che dovrebbero essere messe al centro del dibattito politico per apportare in tempi brevi i necessari correttivi prima che sia troppo tardi. Parliamo infatti di una impostazione strettamente tecnologista e di concezione del paradigma Industria 4.0 quasi esclusivamente associata alla digitalizzazione delle filiere industriali. Dietro contributo diretto da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (nel limite massimo di sette milioni e mezzo di euro ciascuno), i centri di competenza offriranno alle imprese servizi di orientamento, formazione e consulenza tecnologica, attuazione di progetti di innovazione e operazioni di trasferimento tecnologico nei principali ambiti di operatività di Industria 4.0, tra cui manifattura additiva, realtà aumentata e realtà virtuale, Cloud, Big data e Analytics, Cybersecurity. Non viene invece fatta menzione delle attività rientranti nell’ambito della gestione dei cambiamenti legati alla organizzazione del lavoro in virtù dell’ingresso delle nuove tecnologie nei processi produttivi, del cambiamento dei tradizionali rapporti uomo-macchina, della gestione delle risorse umane e di altri profondi cambiamenti di natura non solo tecnologica ma che della tecnologia sono presupposto e conseguenza.

 

A riprova di ciò, basta scorrere l’elenco dei criteri connessi alle caratteristiche tecniche che verranno impiegati per valutare le candidature avanzate nei prossimi mesi: oltre a requisiti di solidità finanziaria e adeguatezze delle risorse strumentali e organizzative, per gli organismi di ricerca e gli Atenei si terrà conto del patrimonio di pubblicazioni scientifiche, assegni di ricerca banditi e co-finanziamenti per progetti di ricerca, tutti afferenti alle tecnologie di Industria 4.0. Si tratta quindi di centri di competenza che vogliono aiutare le imprese a utilizzare la tecnologia ma che entreranno in azione ad almeno un anno di distanza dagli investimenti fatti (è previsto un processo di doppia selezione, prima delle università che sceglieranno i partner privati e dei partenariati candidati poi), senza averli quindi orientati e co-progettati. Al contrario è possibile sostenere che siano le competenze tecniche e trasversali e soprattutto i modelli organizzativi che richiedono una forte implementazione a fronte dell’investimento fatto. Considerazione che potrebbe far immaginare i centri di competenza non solo come soggetti che contribuiscono a una ottimizzazione dell’utilizzo della tecnologia già acquistata, ma anche a tali modelli organizzativi.

 

Una visione quindi che, oltre a reintrodurre quelle logiche burocratiche che il piano Impresa 4.0 stesso si riproponeva di eliminare, non parrebbe cogliere la portata di alcune delle sfide connesse alla IV Rivoluzione Industriale, le quali implicano trasformazioni anche negli ambienti di lavoro, nelle modalità di svolgimento della prestazione e delle competenze professionali abilitanti, così come negli assetti organizzativi aziendali e in punto di salute e sicurezza nei contesti produttivi: aspetti che parrebbero in parte essere stati delegati ai Digital Innovation Hub.

 

L’esperienza tedesca già da tempo è al contrario intervenuta in questo senso: il piano «Mittelstand 4.0 – Digital Production and Work Processes», promosso dal Governo federale tedesco per la realizzazione una rete di centri di competenza in materia di «Industria 4.0», prospetta infatti presso la quasi totalità dei centri la presenza di uffici o dipartimenti (talvolta identificati con l’espressione «Labour 4.0») che si occupino di consulenze e specifici interventi legati all’ammodernamento delle pratiche di gestione e organizzazione del personale e alla tutela della proprietà intellettuale.

 

Il regolamento pubblicato in Gazzetta ufficiale non affronta nessuno di questi temi cruciali, come invece ci si poteva aspettare dall’impianto iniziale del Piano presentato a settembre 2016, che pure entrano nei ragionamenti su Industria 4.0 in qualità di fattori di contesto e di struttura di un paradigma produttivo che supera i confini della singola impresa. È proprio al fine di sostenere la centralità di questi fattori quali condizione per la costituzione di modelli organizzativi nuovi in grado di accompagnare l’introduzione delle nuove tecnologie digitali, che in questi mesi abbiamo elaborato un progetto per definire compiti e funzioni dei centri di competenza contenente alcune proposte per la loro costituzione nei termini di veri fattori abilitanti dei processi produttivi nuovi, «imperniati sul raccordo circolare e aperto di sistemi intelligenti», secondo quello che è stato definito come il tratto caratterizzante della IV Rivoluzione industriale. Di queste proposte e della visione di relazioni industriali che dovrebbe accompagnare una rivoluzione tecnologica, che non è un destino ma un percorso, abbiamo estremamente bisogno, e occorre che si apra al più presto una fase nuova della strategia italiana che metta al centro questi aspetti. Per il nostro Paese si tratta di non perdere un appuntamento cruciale col futuro: il futuro del lavoro che vorremo e sapremo costruire.

 

Elena Prodi

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT – Università degli Studi di Bergamo

@Elena_Prodi

 

Francesco Seghezzi

Responsabile comunicazione e relazioni esterne di Adapt

Direttore ADAPT University Press

@francescoseghezz

 

Michele Tiraboschi 
Coordinatore scientifico ADAPT
@Michele_ADAPT

 

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