Almaviva, un discutibile accordo in deroga

Nel mese di ottobre 2016 Almaviva Contact S.p.A. ha avviato una pesante procedura di licenziamento collettivo, riguardante oltre 2.500 lavoratori, di cui 845 appartenenti alla sede call center di Napoli. È su queste basi che nella notte del 16 febbraio 2017 Rsu e direzione aziendale, assistita da Unindustria, hanno raggiunto un accordo in sede ministeriale riguardante il sito di Napoli, con l’obiettivo «salvaguardare i livelli occupazionali […] e, nel contempo, conseguire un recupero di competitività e produttività del sito medesimo». Le parti hanno deciso di perseguire tale duplice finalità facendo primariamente affidamento su un incremento dei livelli di qualità del servizio fornito e della produttività del lavoro, da un lato, e su una riduzione del costo del lavoro, dall’altro.

 

La misurazione della qualità del servizio e della produttività individuale

 

Con riferimento ai livelli di qualità del servizio e della produttività del lavoro, l’intesa introduce uno specifico sistema di misurazione – con cadenza giornaliera, settimanale o mensile – della prestazione lavorativa. Questo sistema si avvarrà di appositi indicatori che saranno definiti di volta in volta e per ogni singola commessa, ma che, a titolo esemplificativo, riguarderanno la misurazione dei tempi di attesa, dei tempi medi di conversazione individuale, della qualità o cortesia percepita dal cliente, nonché dei tempi di efficienza operativa.

 

I risultati di tale sistema di rilevazione saranno portati a conoscenza, nel limite delle misurazioni effettuate sul 60% delle ore lavorate settimanali, di una figura di staff, appositamente istituita per apportare un miglioramento alle performance individuali. Tale figura di staff, nello specifico, potrà utilizzare i dati raccolti per individuare delle aree di miglioramento e per pianificare degli specifici percorsi formativi, diretti ad ottimizzare la qualità della prestazione lavorativa e ad allineare la stessa agli standard richiesti dalla commessa. In ogni caso, l’accordo raggiunto, oltre a richiamare il rispetto della normativa sulla privacy, specifica altresì che i dati raccolti secondo tale sistema di misurazione non potranno essere utilizzati per risolvere il rapporto di lavoro, per finalità disciplinari, nonché per la definizione delle progressioni di carriera.

 

La riduzione del costo del lavoro

 

L’accordo contiene inoltre un pacchetto di interventi finalizzati alla riduzione costo del lavoro. Infatti, «in attuazione dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, delle vigenti norme di legge e di quanto previsto al punto 6 del Verbale di Accordo [Intervento temporaneo sul costo del lavoro, ndr]», la Rsu e il management hanno ridefinito, in chiave sperimentale e per la sola durata dell’intesa (vale a dire, dalla eventuale data di ratifica dell’accordo al 31 marzo 2020), il trattamento economico-normativo del personale. In particolare, l’intesa prevede il mancato pagamento degli aumenti periodici di anzianità già maturati, con la contestuale sospensione della maturazione degli stessi, e la modificazione della base di computo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), in tal caso escludendovi i trattamenti spettanti per retribuzione minima e a titolo di ex indennità di contingenza.

 

Occorre aggiungere che, in esplicita ottica compensativa e redistributiva, le parti hanno deciso di analizzare, mediante degli incontri semestrali svolti nell’ambito di una Commissione Paritetica appositamente costituita, i risultati economici conseguiti nel sito di Napoli e, per il periodo di vigenza dell’intesa, di verificare l’eventuale raggiungimento di un c.d. “Punto di equilibrio economico”, rappresentativo dei livelli di redditività conseguiti. Difatti, a fronte dell’eventuale superamento del “Punto di equilibrio economico” l’azienda erogherà ai dipendenti una quota una tantum, per il semestre di riferimento, fino a compensazione proporzionale delle ricadute registrate.

 

Impegni aziendali e efficacia dell’accordo

 

Fianco al predetto pacchetto di interventi, Almaviva si impegna «a compiere ogni sforzo organizzativo e commerciale funzionale al conseguimento degli obiettivi di recupero della redditività del sito, allo scopo di conseguire nel più breve tempo possibile il “Punto di equilibrio economico” […] e la piena saturazione della capacità produttiva». Per questo, viene formalizzato altresì l’impegno aziendale a destinare prioritariamente al sito di Napoli le eventuali nuove commesse reperite, allo scopo di contenere, nella misura massima possibile, il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), cui le parti, al fine di accompagnare il processo di recupero della competitività aziendale, hanno contestualmente deciso di ricorrere nei confronti di 827 lavoratori per il periodo compreso tra l’8 aprile e il 28 dicembre 2017.

 

Le parti stabiliscono infine che è l’intesa stessa ad indicare «in aggiunta, e, in caso di contrasto, in maniera prevalente rispetto ad ogni altra fonte legale e contrattuale» il trattamento economico-normativo complessivamente applicabile al personale partenopeo, per il periodo di vigenza. Una lettura estensiva di questa clausola può portare a concludere che l’accordo non muterà nei contenuti, durante il periodo di vigenza, financo a fronte di aggiornamenti legali o collettivi, rappresentando un corpo normativo in tal senso intoccabile, giacché funzionale alle finalità analizzate.

 

Peculiarità dell’accordo

 

Il punto dell’accordo che più colpisce è l’intervento sul costo del lavoro. Quel che rileva è il diffuso richiamo delle parti all’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, il quale, all’art. 7, prevede che i contratti collettivi aziendali possano definire, anche in via sperimentale e temporanea, a fronte di situazioni di crisi o particolari esigenze produttive, «specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti e con le procedure previste dagli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro». Soprassedendo al fatto che l’accordo del 28 giugno 2011 è stato consolidato, con modifiche, nel Testo Unico sulla rappresentanza del gennaio 2014, il CCNL Telecomunicazioni del 1° febbraio 2013 è tra i pochi contratti collettivi nazionali ad adeguare la propria disciplina a tale clausola di deroga, e, al comma 19, art. 3 (Assetti contrattuali), prevede che a livello aziendale, «al fine di sostenere e/o migliorare la competitività dell’impresa e la sua occupazione, possono essere realizzate intese su uno o più istituti disciplinati dal presente CCNL». Tali intese, sempre alla luce del disposto contrattuale, devono realizzarsi tra azienda, assistita dall’associazione datoriale di riferimento, con le rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali territorialmente competenti, e possono vertere su alcune materie specificatamente elencate: 1) la gestione della prestazione lavorativa e delle relative indennità; 2) l’organizzazione del lavoro; 3) l’articolazione degli orari di lavoro.

Per quanto riguarda l’intervento sugli scatti di anzianità, l’intesa appare dunque problematica sotto tre diversi profili: 1) travalica l’ambito degli istituti contrattuali derogabili ai sensi del CCNL e degli accordi interconfederali; 2) fuoriesce altresì dalla portata dell’art. 8, legge 148/2011, che prevede un elenco (tassativo, secondo la giurisprudenza Costituzionale) di materie derogabili, in cui non compare l’istituto in questione; 3) ulteriormente, non rispetta il principio della salvaguardia dei diritti quesiti, pacificamente accolto dalla giurisprudenza di merito e dalla Cassazione. Va evidenziato, inoltre, che un’interpretazione rigorosa delle disposizioni contrattuali in materia di deroghe al CCNL implicherebbe la firma dell’accordo derogatorio da parte delle federazioni sindacali di settore. Diversamente, l’intervento sulla base di calcolo del TFR risulta pienamente compatibile con il secondo comma dell’art. 2120 del codice civile, in forza del quale, «salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua», ai fini del calcolo TFR, «comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese».

 

Davide Mosca

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@Dav_Mosca

 

Scarica il PDF pdf_icon

Almaviva, un discutibile accordo in deroga