Stato dell’arte dei sistemi europei di formazione continua: una ricerca OCSE

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Bollettino ADAPT 25 febbraio 2019, n. 8

 

Il Rapporto Getting Skills Right: Future-ready adult learning systems, pubblicato qualche giorno fa dall’OCSE, presenta i risultati di una importante ricerca sul funzionamento, l’efficacia e la flessibilità dei sistemi di formazione continua dei paesi membri, con lo scopo di verificare quanto questi siano pronti ad affrontare le sfide future che in materia di competenze. Tre, in particolare, sono i fattori di cambiamento individuati: la digitalizzazione, la globalizzazione e l’invecchiamento della popolazione occupata, che con il loro profondo impatto stanno modificando la tipologia e la qualità dei lavori disponibili e conseguentemente le competenze necessarie per svolgerli. Raccogliere la sfida del cambiamento significa allora dotarsi di sistemi di formazione continua capaci di aiutare gli individui a sviluppare e mantenere adeguate competenze durante la carriera lavorativa.

 

L’attitudine dei sistemi di formazione ad affrontare le sfide future in materia di competenze viene indagata dall’Ocse attraverso sette principali aree o “priorità” (Priorities for Adult Learning) in vista del raggiungimento di risultati positivi sia sulle prestazioni sia sulla produttività del lavoro. Le aree individuate sono: la reattività rispetto a cambiamenti urgenti; la partecipazione; l’inclusione; la flessibilità e l’orientamento; l’allineamento ai bisogni del mercato del lavoro; l’impatto; il finanziamento.

 

Dall’analisi sulla prima dimensione emerge come seppur molti paesi si preparino ad affrontare le sfide future, investendo sui propri sistemi di formazione continua (Italia, Portogallo, Slovenia e Spagna tra i paesi più bisognosi di adeguare la formazione alle nuove sfide) alcuni hanno sistemi comparativamente attrezzati, altri, come la Grecia, pur con la medesima esigenza rimangono indietro in termini di prontezza, manifestando ritardi in quasi tutte le dimensioni. Di contro, e ne è esempio il Portogallo, la sentita esigenza di investire nel sistema di formazione continua si traduce a rendimenti migliori lungo molteplici aree.

 

Anche rispetto all’area della partecipazione, si sottolineano nel rapporto risultati che disattendono le esigenze del futuro del lavoro per cui un’ampia partecipazione di base alla formazione da parte degli adulti si renderà una condizione necessaria. I dati mostrano, infatti, che i livelli di partecipazione sono ancora bassi nella maggior parte dei Paesi OCSE e che gli individui più esposti ai cambiamenti in materia di competenze sono proprio coloro meno coinvolti nella formazione continua. Tuttavia, rispetto al passato, si attestano trend positivi, che vanno di pari passo con un maggiore impegno da parte delle imprese nel fornire formazione. In tal senso, la ricerca sottolinea come l’incremento della partecipazione degli adulti all’apprendimento informale e non formale sia stato anche il frutto della forte enfasi sull’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Sul fronte dell’offerta di formazione, paesi come Italia, Portogallo e Spagna vedono un consistente aumento, quasi il doppio, della quota di imprese che forniscono formazione. Significativo incremento può essere osservato anche in Polonia, Lituania e Slovacchia, segno che gli individui, i datori di lavoro ed i governi si stanno attivando per indirizzare il crescente bisogno di formazione.

Nell’area della partecipazione, sono tuttavia Stati Uniti, Canada e Repubblica Ceca a raggiungere i punteggi più alti, mentre Grecia, Ungheria e Turchia si attestano ai livelli più bassi.

 

Sul fronte dell’inclusione il Rapporto analizza la capacità dei sistemi di formazione continua di mettere a disposizione di tutti, ma soprattutto di quei gruppi che più hanno bisogno di competenze da sviluppare ed aggiornare idonee, adeguate opportunità formative. Considerando indicatori che misurano i gap sulla partecipazione alla formazione tra adulti svantaggiati ed i loro pari più avvantaggiati, e mettendo in relazione con questi le caratteristiche sociodemografiche degli adulti e del loro lavoro e le configurazioni contrattuali, emerge una situazione piuttosto differenziata tra le nazioni. In alto nella classica troviamo la Grecia, seguita dalla Slovenia e dalla Danimarca, in basso invece Cile, Paesi Bassi e Repubblica Ceca.

 

Uno degli obiettivi della formazione continua è di aumentare i livelli di partecipazione al mercato del lavoro; per questo occorre che i sistemi di formazione diano la possibilità di acquisire le competenze ivi richieste, seppur non si riveli cosa facile individuare quelle giuste in un contesto di costante cambiamento.  Rispetto alle differenti dimensioni di allineamento, la Danimarca raggiunge il migliore risultato fra le nazioni OCSE, seguita da Turchia e Norvegia. Mentre le peggiori performance si riscontrano nel complesso per Giappone, Lettonia e Polonia.

 

Perché la formazione degli adulti cosiddetta job-related abbia un impatto positivo per individui, aziende e società è necessario sia di alta qualità e strettamente legata alle skill di cui i datori di lavoro necessitano. L’impatto della formazione è considerato un’area critica nel Rapporto: Danimarca, Norvegia e Svezia, nazioni che performano relativamente bene lungo tutte le aree, rimangono indietro rispetto alle altre proprio in ordine all’impatto percepito della formazione. Allo stesso tempo, i risultati mostrano come si possa ottenere un buon impatto anche raggiungendo eccellenti livelli nella partecipazione e nell’inclusione, come accade per la Nuova Zelanda. Buone posizioni vengono raggiunte da Cile, Ungheria, Lettonia e Portogallo. Israele, Giappone e Paesi Bassi invece restano indietro.

 

Il Rapporto si fa inoltre portavoce dell’assunto per cui affinché che i sistemi di formazione continua siano inclusivi, ben allineati con le competenze richieste e di forte impatto è importante che ricevano adeguati e sostenibili finanziamenti. Tuttavia, si chiarisce, i limiti finanziari sono solo alcuni degli ostacoli da superare per raggiungere adeguati sistemi di formazione continua ed i punteggi alti in tale dimensione non garantiscono, comunque, buone, performance nelle altre come accade per Giappone e Corea. Tra le migliori performance si trovano Lussemburgo, Austria e Danimarca, tra le peggiori invece Lituania, Portogallo e Slovenia. L’unica eccezione è per la Danimarca, dotata di un sistema ben finanziato, altamente inclusivo, flessibile ed allineato con le istanze del mercato del lavoro.

 

Dai risultati della ricerca emerge come nessuna nazione riesca a raggiungere ottimi risultati in tutte le aree analizzate, dato che suggerisce cautela nella individuazione di buone pratiche in questo campo. Come accade per Danimarca e Norvegia, le quali si distinguono per buone performance nella maggior parte delle dimensioni ma riportano risultati deludenti sul fronte dell’impatto delle misure formative e dei livelli di partecipazione.

 

Per quanto riguarda le raccomandazioni rivolte all’Italia, si segnala la necessità, in generale, di migliorare la capacità del sistema di formazione continua di affrontare le sfide del futuro, come l’avvento di nuove tecnologie e l’invecchiamento della popolazione, che rendono urgente intervenire nel campo della formazione continua. Tra le priorità si evidenzia l’aumento dei livelli di inclusività del sistema, in quanto la partecipazione degli adulti alla formazione è pari solo al il 20,1%, la metà rispetto alla media Ocse. Tale percentuale, inoltre, scende al 9,5 % se si guarda a coloro che hanno competenze basse, e al 5,4% per i disoccupati di lungo periodo. Anche l’allineamento della formazione continua ai bisogni del mercato del lavoro rappresenta un aspetto particolarmente critico per l’Italia, uno dei paesi OCSE con la più bassa corrispondenza tra le priorità identificate e le attività di formazione erogata. Per ultimo, la formazione continua occorrerebbe di finanziamenti più adeguati e sostenibili; da un lato, la spesa pubblica per la formazione nel contesto delle politiche attive del lavoro è bassa nel confronto con gli altri paesi e poche sono le imprese che beneficiano di sussidi pubblici e/o incentivi fiscali, dall’altro, i prelievi effettuati dal governo sulle risorse destinate ai Fondi interprofessionali hanno ulteriormente penalizzato un sistema già debole.

 

Carlotta Valsega

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@carval1991

 

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