Servizi pubblici per il lavoro e integrazione con i privati: il rilancio del PNRR

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 4 marzo 2024, n. 9
 
Liberarsi dei preconcetti e dei clichรฉ, specie mediatici, รจ molto difficile, specie se negli anni la normativa e le politiche pubbliche hanno fatto ben poco per invertire la percezione. Nellโ€™ambito del mercato del lavoro, resta ancora diffusissimo, in particolare nei media, il messaggio secondo il quale le politiche del lavoro non sono sufficienti, i centri per lโ€™impiego intermediano pochissimo, il Pnrr ha riversato loro un mare di denaro sprecato, che sarebbe stato meglio assegnare alle agenzie private, molto piรน efficienti. Si tratta, tuttavia, di visioni che, specie grazie proprio al Pnrr, hanno ormai lโ€™effetto di presentare solo una caricatura travisata della situazione, anche se traggono fonte da alcuni elementi concreti, che denunciano la presenza di immanenti difficoltร  operative.
 
Un fact checking della situazione รจ utile a comprendere come stiano esattamente le cose, avendo anche cura di non confondere gli elementi che compongono il complessissimo quadro dellโ€™insieme talvolta denominato โ€œlavoroโ€, talaltra โ€œmercato del lavoroโ€, talaltra ancora โ€œpolitiche attive del lavoroโ€, come se si trattasse di sinonimi, provando anche a comprendere le distinzioni, sottili, ma fortissime, che separano i servizi pubblici per il lavoro (composto dal sistema dei centri per lโ€™impiego) dalle attivitร  delle agenzie per il lavoro (per molti ancora note come โ€œinterinali) e, comunque, degli enti accreditati ed autorizzati a svolgere politiche del lavoro ed attivitร  di formazione. Sulla base di questa preventiva (ovviamente sintetica) analisi, sarร  possibile comprendere meglio quali sono i fini delle risorse destinate al โ€œlavoroโ€ dal Pnrr.
 
In primo luogo, verifichiamo perchรฉ in Italia, come del resto in tutti i Paesi europei comparabili, esiste un sistema pubblico dei servizi per il lavoro. Per comprenderlo, occorre leggere con attenzione la Costituzione ed almeno i seguenti articoli:

– 1, comma 1: โ€œL’Italia รจ una Repubblica democratica, fondata sul lavoroโ€;

– 38: โ€œOgni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invaliditร  e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata รจ libera
โ€;

– 117, comma 2, lettera m): โ€œLo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: [โ€ฆ]
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
โ€;

– 117, comma 3: โ€œSono materie di legislazione concorrente quelle relative a: [โ€ฆ] tutela e sicurezza del lavoro [โ€ฆ]โ€;

– 118, comma 4: โ€œStato, Regioni, Cittร  metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivitร  di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietร โ€.
 
Il lavoro, tema fondante della Repubblica, presuppone lo svolgimento di funzioni di natura pubblica, imposte dalla Costituzione in particolare allo scopo di apprestare tutele nei confronti dei lavoratori per aiutarli ad accedere al lavoro ed a superare, evitando di cadere in condizioni di indigenza, le fasi di transizione da un lavoro allโ€™altro, secondo uno schema articolato di ripartizione delle competenze, in qualche modo analogo a quello esistente nella sanitร . Eโ€™, infatti, lo Stato ad organizzare la disciplina generale del lavoro (oggi con il d.lgs 150/2015) ed a fissare i livelli essenziali delle prestazioni; le regioni hanno il compito di gestire la rete dei servizi pubblici del lavoro chiamata ad attuare i fini enunciati dalla Costituzione, nel rispetto delle regole generali statali ed avvalendosi dei finanziamenti provenienti dai bilanci Ue, dello Stato e delle regioni stesse. I privati, in applicazione del principio di sussidiarietร , completano la rete dei servizi per il lavoro, attraverso attivitร  di mercato e attraverso funzioni che rendono al sistema pubblico, allo scopo di incrementarne lโ€™efficacia, utilizzando risorse pubbliche in regime di โ€œquasi mercatoโ€ o convenzionale, senza alcun intento profit. Questo essendo il quadro normativo generale, non possono non esistere servizi pubblici per il lavoro. Il problema consiste nella loro adeguatezza.
 
Contrariamente a quanto si continua ad affermare nella vulgata specie dei media, lโ€™Italia sconta da sempre un serio problema di grave inadeguatezza dei servizi, dovuto alla scelta di investire pochissimo e di tenerli fortemente sottodimensionati, in assoluto e specie in confronto con gli altri Paesi europei competitor. Mentre tra Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna gli investimenti nella rete dei servizi pubblici per il lavoro รจ dellโ€™ordine di miliardi e di importanti punti di Pil, con una quantitร  di dipendenti che si calcola in decine di migliaia, in Italia i dipendenti dei servizi si contano ancora in circa 10.000 a stento (dopo la poco ponderata riforma delle province sfugge ancora di mano la portata esatta del numero degli effettivi), gli investimenti finanziari sono cristallizzati in alcune poche centinaia di milioni, il peso in termini di incidenza sul Pil รจ quasi irrisorio. Il Pnrr intende intervenire proprio allo scopo di gettare le basi per rimediare almeno in parte, finalmente, a queste storiche lacune. Tra esse, non solo i bassi investimenti in personale, servizi, infrastrutture, ma anche la altrettanto atavicamente bassa spesa nelle politiche attive per il lavoro. Occorre, allora, adesso, provare a proporre qualche definizione, allo scopo di evidenziare le differenze giร  segnalate tra โ€œlavoroโ€, โ€œmercato del lavoroโ€ e โ€œpolitiche attive per il lavoroโ€.
 
Per โ€œlavoroโ€ si intende lo sterminato tema normativo, sociale ed economico che riguarda la regolazione del lavoro: le regole, le tutele, i diritti, le relazioni industriali, le forme contrattuali, gli incentivi, le forme di assunzione, la previdenza, la formazione e molto altro.

Per โ€œmercato del lavoroโ€ si intende quella parte del mercato ove si incontrano la domanda delle imprese e lโ€™offerta dei lavoratori, disciplinata da regole normative e dalle relazioni industriali, condizionata ovviamente dalle politiche economiche e dallo stato dellโ€™economia e nel quale provano ad intervenire โ€œintermediariโ€, il cui compito consiste nel favorire lโ€™incontro della domanda con lโ€™offerta.
 
In cosa consistano le โ€œpolitiche attive per il lavoroโ€ prova a spiegarlo qui in maniera molto sintetica il Ministero del Lavoro: โ€œSono tutte le iniziative messe in campo dalle Istituzioni, nazionali e locali, per promuovere lโ€™occupazione e lโ€™inserimento lavorativoโ€ฆ (orientamento formativo e professionale, accompagnamento al lavoro, promozione del tirocinio, ecc.)โ€. Piรน nel dettaglio, le politiche attive per il lavoro sono iniziative, sostenute da finanziamenti pubblici (ma anche privati), che consentano alla persona in cerca di lavoro di ottenere dai servizi pubblici, come anche da quelli privati accreditati dallo Stato o autorizzati dalle regioni, misure per favorire lโ€™inserimento nel mercato del lavoro definite dalla normativa (articolo 18 del d.lgs 150/2015), isolatamente o in combinazione tra loro. Dunque, le politiche attive consistono in risorse di denaro, per lo piรน pubbliche, dedicate ai disoccupati o particolari target di disoccupati, mirate a creare a loro favore una dote finanziaria, spendibile esclusivamente per lโ€™erogazione delle attivitร  connesse alla ricerca di lavoro.
 
Poichรฉ esiste una differenza tra โ€œmercato del lavoroโ€ e โ€œpolitiche attive per il lavoroโ€, essa va tenuta presente per capire il verto obiettivo del Pnrr, che non tocca, se non in direttamente il mercato del lavoro, ma riguarda prevalentemente le politiche attive.
 
Come rilevato sopra, il mercato del lavoro, semplificando al massimo, รจ lโ€™incontro domanda/offerta. รˆ in questo ambito che sempre i media denunciano lโ€™inefficienza dei servizi pubblici, contenuta entro il famoso 3% degli avviamenti al lavoro, percentuale sempre sbandierata, ma mai tratta da alcuna fonte di dati ufficiale. Comunque, proprio perchรฉ in Italia cโ€™รจ una rete dei servizi per il lavoro pubblica ma anche privata, grazie alla sussidiarietร , lโ€™incontro domanda/offerta รจ intermediato non solo dagli (asfittici ancor oggi) centri per lโ€™impiego, ma anche dai privati.
 
In ogni caso, lโ€™insieme dellโ€™intermediazione degli uni e degli altri, sempre perรฒ in base a stime campionarie non riconducibili a fonti di dati certe, non si รจ mai ritenuto andasse oltre il 10%-12%. Questo perchรฉ in Italia esiste da sempre una fortissima diffidenza nei confronti dellโ€™intermediazione ufficiale. Il canale dei centri per lโ€™impiego รจ considerato inefficiente e visto con diffidenza, perchรฉ confuso anche con le attivitร  dellโ€™ispettorato del lavoro, sicchรจ molte aziende preferiscono non avvalersene. Il canale delle agenzie per il lavoro, ritenuto efficiente e produttivo, รจ perรฒ comunque poco utilizzato, perchรฉ considerato โ€œcostosoโ€ (spesso, a torto: non si comprende che a fronte del ricarico sul costo orario contrattuale del lavoratore, vi sono forti risparmi sullโ€™organizzazione, gestione del personale, ed attivitร  amministrative โ€“ si pensi alle Comunicazioni Obbligatorie ed ai versamenti previdenziali โ€“ che cedono tutti a carico del somministratore).
 
La domanda spesso posta รจ: perchรฉ, in ogni caso, tenere in piedi un sistema di rete per il lavoro pubblico, se inefficiente, visto che i privati sono piรน efficienti?

Per due motivi. In primo luogo, perchรฉ, come visto, la necessitร  di avere (e anche far funzionare bene, punto dolente) la rete pubblica discende dalla Costituzione.
 
In secondo luogo per tre altre ragioni:

1. le agenzie private sono concepite, sempre dalla Costituzione, come strumento di sussidiarietร , che quindi si aggiunge al sistema pubblico, non vi si sostituisce;

2. il sistema pubblico, con tutte le sue debolezze, รจ universale e si rivolte a qualsiasi lavoratore e qualsiasi impresa; le agenzie hanno, invece, come ovvio, un loro specifico mercato, che per quanto ampio รจ comunque circoscritto alle aziende clienti e in particolare ai lavoratori di maggiore e piรน semplice spendibilitร  nel mercato;

3. il sistema pubblico ha non solo la missione dellโ€™incontro domanda offerta, ma deve assicurare un novero di servizi molto piรน ampio, elencato dagli articoli 11 e 18 del d.lgs 150/2019, tra i quali la parte fondamentale รจ data dallโ€™insieme delle attivitร  che compongono le politiche attive per il lavoro; il coinvolgimento sempre in via sussidiaria dei privati anche nelle politiche attive per il lavoro รจ in ogni caso ammesso, incentivato ed utilissimo.
 
Torniamo, allora, al tema del Pnrr. Posto che in assenza di modifiche alla Costituzione eliminare il sistema pubblico dei servizi per il lavoro non รจ possibile e che esiste una radice pubblicistica fortissima per le politiche attive, del resto in larghissima misura sempre finanziate da risorse pubbliche, รจ corretto che il โ€œfiume di denaroโ€ previsto vada a beneficio di strutture asfittiche ed inefficienti, come i centri per lโ€™impiego? Domanda legittima, ma posta alla luce del punto di vista erroneo consistente nel perseguire lโ€™intento di cancellare i servizi pubblici. Il Pnrr, al contrario, mira โ€“ diremmo finalmente โ€“ a potenziare i servizi pubblici ma soprattutto il risultato utile delle attivitร  dei servizi della rete sia pubblica, sia privata, che assicura le politiche attive per il lavoro.
 
รˆ bene tenere presente che le politiche attive per il lavoro sono possibili solo in quanto siano finanziate. Vi sono sicuramente anche misure di politica attiva sostanzialmente prive di costi: il colloquio per la redazione del curriculum, la presentazione di candidature on line, il bilancio di competenze, ma anche lโ€™inserimento di una candidatura in unaย vacancy lavorativa o di tirocinio. Ma, le misure di politica attiva spinte, come a suo tempo lโ€™Assegno di Ricollocazione e oggi il Gol (Garanzia Occupazione Lavoro, finanziato dal Pnrr), con combinazione di azioni e collaborazione pubblico-privato, richiedenti un quantitativo di ore-lavoro da rendicontare ed evidenziare in registri delle attivitร ,ย necessitano di finanziamenti, tendenzialmente oscillanti tra i 2.000 ed i 5.000 a persona, a seconda della sua distanza dal mercato di lavoro o grado di occupabilitร .
 
Quindi, per attivare politiche del lavoro efficaci, occorrono molte risorse finanziarie.ย Una regione che intenda attivare una misura di politica attiva per 10.000 disoccupati, al costo medio a persona di 3.000 euro, dovrebbe investire 30 milioni, ad esempio. Giungere quindi a cifre di spesa molto elevate รจ facile, come simmetricamente difficile รจ reperire gli stanziamenti. E fino al Pnrr รจ stato prevalentemente per queste cause che le politiche attive in Italia sono state scarse, se non latitanti e quando siano state attivate spesso sono rimaste ferme al livello della sperimentazioneย (che significa riservarle a pochi utenti, perchรฉ si destinano pochi soldi).
 
Torniamo, adesso, al Pnrr e allโ€™affermazione ricorrente, secondo la quale esso riempirebbe di soldi i centri per lโ€™impiego, cioรจ gli uffici pubblici primariamente titolari della funzione di attivare le politiche attive del lavoro. Una scelta che, se fosse vera, finirebbe per legittimare un flusso di denaro per centri per lโ€™impiego (inefficienti perchรฉ intermediano il 3%), invece di destinarli alle politiche attive per il lavoro, inesistenti, o assegnarli ai privati efficienti.

Ma, le cose stanno proprio cosรฌ? Occorre riferirsi, allora, al Pnrr ed ai contenuti della Missione 5 โ€œInclusione e Coesioneโ€. Riportiamo quanto indica la specifica pagina del Ministero del lavoro:

โ€œLe misure a titolaritร  del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ricadono allโ€™interno della Missione 5 โ€œInclusione e Coesioneโ€ del PNRR e hanno come obiettivo principale quello di riformare il sistema di politiche attive del lavoro e della formazione professionale al fine di introdurre e implementare livelli essenziali delle prestazioni e favorire lโ€™occupabilitร  dei lavoratori in transizione e delle persone disoccupate e inoccupate, con particolare attenzione ai soggetti cosiddetti vulnerabili e piรน distanti dal mercato del lavoro, nonchรฉ lโ€™inclusione sociale delle persone in condizioni di estrema fragilitร .

Le risorse complessivamente investite sono pari a 7,25 miliardi, compresi i โ€œprogetti in essereโ€, e si riferiscono ad alcune riforme di grande rilievo per i sistemi delle politiche del lavoro e della formazione professionale, il contrasto al lavoro sommerso e le politiche sociali, nonchรฉ a fondamentali investimenti sia per lo sviluppo di strumenti innovativi di politica attiva del lavoro sia per il rafforzamento delle azioni e strutture dedicate alle persone piรน vulnerabili. Le riforme e gli Investimenti previsti sono distinti per componente:

M5C1 (Componente C1 – โ€œPolitiche del lavoroโ€)

Riforme:

– Riforma delle politiche attive del mercato del lavoro e della formazione professionale;

– Introduzione di un Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso.

Investimenti:

– Potenziamento dei Centri per lโ€™impiego;

– Rafforzamento del Sistema Duale.

M5C2 (Componente C2 – โ€œInfrastrutture sociali, famiglie, comunitร  e terzo settoreโ€)

Riforme:

– Introduzione con provvedimento legislativo di un sistema organico di interventi in favore degli anziani non autosufficienti.

Investimenti:

– Sostegno alle persone vulnerabili e prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti;

– Percorsi di autonomia per persone con disabilitร ;

– Housing temporaneo e Stazioni di posta per le persone senza fissa dimora;

– Piani Urbani Integrati per il superamento degli insediamenti abusivi in agricolturaโ€.
 
Notiamo, quindi, davvero un investimento ragguardevole: 7,25 miliardi e rileviamo che essi sono destinati, tra lโ€™altro, alla riforma delle politiche attive e al potenziamento dei centri per lโ€™impiego.

Dunque, i 7,25 miliardi vanno tutti ai centri per lโ€™impiego e, comunque, alla rete pubblica dei servizi per il lavoro? La risposta รจ: no.

Occorre navigare per bene nel portale del Ministero e scoprire che:

a) alle politiche attive per il lavoro sono destinati 5,454 miliardi;

b) ai centri per lโ€™impiego 600 milioni.

Opportunamente, il Pnrr destina la grandissima parte delle risorse โ€“ finalmente โ€“ alle politiche attive.
 
Per il potenziamento dei centri per lโ€™impiego, come detto molte volte sopra, asfittici, sottodimensionati, lontanissimi dalle dotazioni loro riservate dai Paesi competitori, sono previsti solo 600 milioni. In termini assoluti si tratta certo di una cifra. Ma, in termini relativi, basta ย approfondireย per aver contezza di quanto poco spenda lโ€™Italia nei servizi pubblici per il lavoro, rispetto per esempio aย Franciaย eย Germania.
 
Per altro, questi 600 milioni solo in piccola parte sono una spesa tutta nuova e tutta finanziata con le risorse del Pnrr. Infatti, come indicato nella redazione iniziale del Pnrr โ€œ

Le risorse sono giร  ripartite alle regioni per 400 milioni di euroย sulla base delle unitร  aggiuntive di personale previste nel Piano Nazionale di Potenziamento dei Centri per lโ€™Impiego, finanziato a valere sulle risorse nazionali (art. 12, co. 3-bis, DL 4/2019 e art. 1, co. 258, l. 145/2018). Gli interventi di formazione degli operatori e le altre prioritร  di intervento sono previsti dalle Regioni nellโ€™ambito dei Piani regionali di potenziamento dei Centri per lโ€™Impiego, in linea con gli indirizzi contenuti nel Piano Nazionale (DM 22 maggio 2020)โ€.
 
Dunque, per 2/3, le risorse di cui parla il Piano sono quelle previste giร  da anniย e definite dallaย normativa vigenteย e ancora non del tutto spese.

Un terzo dello stanziamento per i Cpi, spiega sempre il Pnrr รจ destinato ad attivare โ€œInterventi โ€œaddizionaliโ€: le risorse addizionali (200 milioni di euro) sono funzionali alla realizzazione di iniziative di rafforzamento dei Centri per lโ€™Impiego: Investimenti strutturali per favorire la prossimitร  dei servizi; Sviluppo di Osservatori regionali del mercato del lavoro per facilitare incontro tra domanda e offerta; Interoperabilitร  dei sistemi informativi regionali e nazionali; Progettazione e realizzazione (anche mediante formazione a distanza โ€“ FAD) di interventi formativi per lโ€™aggiornamento delle competenze dei lavoratori; Analisi dei fabbisogni (ad esempio sui temi degli standard di servizio, consultazione del Sistema Informativo Unificato, allineamento delle competenze con le esigenze delle imprese); Promozione dei servizi di identificazione, validazione e certificazione delle competenze (IVC) nellโ€™ambito del Sistema Nazionale di Certificazione delle Competenze); Progettazione e realizzazione dei contenuti e dei canali di comunicazione dei servizi offerti; Promozione della integrazione territoriale dei servizi per lโ€™impiego con gli altri servizi, in particolare quelli sociali e quelli per lโ€™istruzione e la formazioneโ€.
 
E non risponde nemmeno a veritร  che il Pnrr ignori i privati. Le risorse per le politiche attive per il lavoro coinvolgono in massima parte il programma GOL, programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata.

Il Gol รจ stato effettivamente attivato e si puรฒ dire per la prima volta i servizi pubblici per il lavoro hanno avuto a disposizione finalmente le misure di politica attiva, ben finanziate, volte ad attivare le persone e costruire con loro percorsi di ricostruzione delle competenze, anche mediante la formazione, oltre ad accompagnarli concretamente nelle misure di politica attiva.
 
Ma, questo รจ il punto: le risorse del GOL sono destinate in misura pari a zero per i centri per lโ€™impiego e vanno esclusivamente in minima parte ai lavoratori e in gran parte proprio alla rete dei soggetti privati, agenzie di somministrazione ed enti accreditati/autorizzati alle politiche del lavoro e della formazione.
 
Il monitoraggio attesta che il sistema sta funzionando: sono milioni le persone attivate e circa il 40% a 180 giorni dalla presa in carico ha avuto unโ€™esperienza di lavoro. Il sistema sta funzionando perchรฉ vi รจ, finalmente, unโ€™integrazione delle funzioni pubbliche con quelle private, progettata senza i preconcetti di cui si รจ accennato allโ€™inizio dello scritto, perchรฉ volta a valorizzare le capacitร  e competenze del sistema, investendo finalmente in modo adeguato sulle misure di aiuto ai lavoratori.
 
Il Pnrr pare abbia segnato la via, una strada che dovrebbe divenire uno standard da continuare a rispettare anche dopo il 2026.
 
Luigi Oliveri

ADAPT Professional Fellow
@Rilievoaiace1

Servizi pubblici per il lavoro e integrazione con i privati: il rilancio del PNRR