Salute mentale: gruppi a rischio, tendenze, servizi e politiche in Europa e Norvegia

Interventi ADAPT

| di Chiara Altilio, Silvia Caneve

Bollettino ADAPT 7 luglio 2025, n. 26

Il report Eurofound Mental health in the European Union and Norway: Risk groups, trends, services and policies (di prossima pubblicazione) – trasmesso dai ricercatori dell’agenzia di Dublino alle autrici di questo articolo nel contesto delle attività del progetto Increme-n-tal – Increasing Metalworkers’ representatives’ Awareness and Skills on Mental Health Protection & Promotion in the Workplace – analizza l’impatto crescente dei disturbi psichici in Europa, con particolare attenzione ad ansia e depressione, mettendo in luce le trasformazioni recenti nella diffusione del disagio mentale e le principali disuguaglianze che attraversano i sistemi sanitari europei.

Attraverso un approccio integrato che combina dati quantitativi e analisi qualitative, il report dimostra la necessità di politiche coordinate per garantire accesso, qualità e continuità delle cure, riducendo stigma e diseguaglianze. Tale approccio discende anche dall’inquadramento dei disturbi psichici non solo come una questione legata all’individualità dei lavoratori, bensì come fenomeni a forte impatto sociale ed economico: basti pensare che il costo complessivo della scarsa salute mentale nei Paesi dell’UE è pari al 4,1% del PIL.

La salute mentale emerge come un indicatore sensibile alle disuguaglianze sociali, economiche e di genere presenti nell’Unione Europea. I dati mostrano una distribuzione diseguale dei disturbi mentali, che colpiscono con maggiore intensità le donne, i giovani, i soggetti economicamente svantaggiati, le persone LGBT+, quelle con disabilità e i senza dimora. A ciascun gruppo corrispondono fragilità specifiche: le donne, ad esempio, riportano più spesso sintomi di ansia e depressione, legati a carichi familiari, violenza di genere e insicurezza lavorativa; i giovani soffrono di solitudine, incertezza e pressioni legate alla prestazione scolastica o lavorativa; i disoccupati e i lavoratori precari manifestano livelli elevati di disagio psichico, in un contesto di marginalità e assenza di tutele. A questi fattori si aggiungono l’età, la condizione abitativa e l’isolamento sociale, che colpiscono anche adulti single e anziani. Le crisi ambientali, economiche e migratorie aggravano ulteriormente questi squilibri. Il report dimostra come la salute mentale non sia distribuita in modo neutro, ma rifletta – e amplifichi – le diseguaglianze già esistenti nella società europea.

Ostacoli culturali, economici e strutturali continuano a limitare in modo significativo l’accesso ai servizi di salute mentale. Molte persone con disagio psichico non chiedono aiuto: non riconoscono i sintomi, temono lo stigma sociale, oppure non hanno le conoscenze per individuare il servizio a cui rivolgersi. Anche chi cerca supporto incontra difficoltà dovute a carenza di professionisti, tempi d’attesa lunghi e qualità inadeguata delle cure, spesso eccessivamente standardizzate o medicalizzate. La copertura pubblica è incompleta: in diversi Paesi dell’Unione le sedute psicologiche sono parzialmente o totalmente a carico dell’utente, e le assicurazioni integrative offrono protezioni frammentarie. A tutto ciò si aggiungono ostacoli procedurali e burocratici che scoraggiano l’accesso, soprattutto per chi ha minori risorse economiche e culturali. I territori periferici e le aree rurali, in particolare, risultano spesso scoperti, e la digitalizzazione non rappresenta un fattore semplificatorio per tutti. Tali ostacoli sistematici non consentono di mettere a disposizione un sistema che riesce a garantire equità e tempestività, lasciando ampie fasce della popolazione senza risposte adeguate.

La questione degli “unmet needs” evidenzia la distanza tra l’esistenza del bisogno e la possibilità concreta di ricevere cure. Una parte consistente della popolazione europea con problemi di salute mentale non riceve trattamenti efficaci, o li riceve con grande ritardo. Anche nei contesti dove i servizi esistono, essi sono percepiti come inaccessibili, insufficienti o poco adeguati. Questo divario riguarda in particolare donne, giovani, disoccupati e persone con basso reddito, confermando la natura sistemica e strutturale del problema.

Alla luce di tali rilevazioni, sulla base delle strategie/piani nazionali per la salute mentale a adottati a livello europeo e in Norvegia nonché in relazione ai dati disponibili, nel report sono segnalate best practices ed elementi in comune a tutti i paesi, al fine di individuare delle indicazioni di policy.

Considerando che la pandemia da Covid-19 ha contribuito in modo rilevante ad aumentare l’attenzione sul tema della salute mentale, il Report considera complessivamente le politiche adottate sia prima della pandemia che successivamente. Nel dettaglio, l’analisi ha riguardato: a) sei Paesi che hanno adottato strategie prima della pandemia, il cui arco temporale di azione va dal 2017 al 2030 (alcune di durata anche annuale – Francia e Lituania – altre decennale – come la Polonia); b) otto Paesi che hanno adottato strategie mirate dopo la pandemia, il cui arco temporale di azione va dal 2021 al 2032 (alcune di durata biennale, come in Olanda,  altre anche decennale, come la Danimarca – anche se, in quest’ultimo caso la strategia è stata concordata prima della pandemia, nel 2019, ma resa operativa solo nel 2022).

Dall’analisi delle diverse politiche a sostegno della salute mentale degli stati nazionali, emergono sostanziali differenze in termini di finanziamenti stanziati e completezza. Generalmente, le finalità di intervento mirano alla prevenzione dei fattori di rischio che possono determinare una scarsa salute mentale oppure forniscono supporto, migliorando l’accesso alle prestazioni e la loro qualità.

Per quanto concerne le politiche preventive, sulla base delle strategie adottate e analizzate nel report, emerge una diffusione di campagne informative finalizzate a ridurre lo stigma associato ai problemi di salute mentale e indirizzate alla popolazione su larga scala (sul punto si rinvia a Deliverable 2.1. National Highlight – Italia). Questa tipologia di intervento consente di porre attenzione su specifici fattori di rischio o eventi che possono determinare un peggioramento della salute mentale. Un esempio è fornito dai piani specifici per la prevenzione del suicidio, adottati da nove Stati membri e dalla Norvegia, nonché dalle campagne per favorire l’accesso ai servizi di assistenza primaria con lo scopo di fornire assistenza preventiva, anche attraverso l’ausilio di linee di assistenza telefonica. I programmi di prevenzione possono essere destinati a specifici gruppi, come gli studenti e i lavoratori. Per esempio, le iniziative indirizzate ai lavoratori spaziano dalla formazione dei manager sulla cura dele benessere dei dipendenti e/o dei dipendenti sulla gestione dello stress e della cura di sé, fino alla messa a disposizione di servizi come quelli di supporto psicologico. Sebbene le misure preventive a tutela della salute mentale dei lavoratori siano diffuse in tutti i settori, particolare attenzione viene posta in quelli dove i rischi psicosociali sono maggiori (settore dell’educazione e settore sociosanitario).

Relativamente alle misure di supporto per la salute mentale, esse si sostanziano nella fornitura di servizi di assistenza sanitaria e possono essere analizzate in termini di copertura dei beneficiari, capacità del sistema di erogare prestazioni e qualità dei servizi offerti. Per quanto afferisce alla copertura dei servizi di supporto, diversi paesi hanno riconosciuto dei diritti all’assistenza sanitaria mentale: ne rappresenta un esempio il rimborso dei trattamenti psicologici in base al reddito introdotto in Italia nel 2021 (c.d. “Bonus psicologo) e rinnovato periodicamente fino al 2025. Anche il personale addetto alla salute mentale è cresciuto numericamente in alcuni Paesi, con l’obiettivo di aumentare la copertura geografica dei servizi in particolare nelle aree svantaggiate, anche grazie all’utilizzo di strumenti digitali. Particolarmente difficile da raggiungere, invece, è l’obiettivo di agire al fine di migliorare la qualità dei servizi. I dati e i rapporti nazionali consegnano un quadro in cui la medicalizzazione della scarsa salute mentale e la manchevole attenzione prestata alla gestione della stessa sono diretta conseguenza di alcuni problemi strutturali: la carenza di personale sanitario e socio-assistenziale, con poco tempo a disposizione, contribuisce all’eccesso di prescrizione di farmaci, il cui uso prolungato al di fuori di situazioni di crisi è particolarmente problematico se non inserito in un percorso con un attento follow-up che presta attenzione ad alcuni fattori socioeconomici, con delle conseguenze negative anche sulla salute dei pazienti.

Sulla base delle best practices mappate, è possibile richiamare alcuni esempi di programmi di supporto che vanno oltre l’assistenza sanitaria mentale tradizionale e che rappresentano uno sforzo più ampio per prevenire e affrontare la scarsa salute mentale. Tra questi figurano: a) programmi di formazione specifica degli addetti al primo soccorso (Lussemburgo); b) definizione di terapie che promuovono indirettamente una buona salute mentale, ad esempio mediante la creazione artistica (Portogallo); c) promozione dei gruppi di mutuo soccorso come sistemi di sostegno tra pari (Francia); d) individuazione di “spazi alternativi” utilizzabili da persone che difficilmente hanno accesso a servizi tradizionali (Belgio); e) promozione dell’utilizzo di spazi fisici verdi e sicuri, per migliorare i contatti sociali e la salute fisica (Spagna e Portogallo).

I dati riportati all’interno del documento di Eurofound suggeriscono che, dato che migliorare la salute mentale della popolazione è fondamentale per aumentare la qualità della vita individuale e, più in generale, della società, è necessario adottare azioni più ampie per prevenire un peggioramento del benessere delle persone, agendo in primo luogo sulla riduzione dei fattori di esclusione sociale, in particolare per i gruppi di popolazione più esposti a tali rischi (persone che hanno avuto in passato dei problemi di salute mentale, persone con disabilità, donne e persone LGBT+). Una linea di intervento fondamentale in ottica preventiva è la lotta contro la discriminazione, da cui discende uno stigma sociale che crea barriere all’accesso ai servizi di supporto e va a esacerbare anche le condizioni di disagio. L’inclusione sociale e lavorativa rappresentano altresì due leve fondamentali per combattere diversi fattori che causano un deterioramento della salute mentale, come la solitudine, il bullismo e un basso stato socioeconomico.

In altri termini, la formulazione delle politiche di prevenzione e tutela della salute mentale dei cittadini dovrebbe porre maggiore attenzione al miglioramento delle condizioni di lavoro, dei servizi di protezione sociale e di tutela della salute, così da affrontare un ampio spettro di problematiche che incidono sulla salute mentale e che appaiono connesse all’emersione dei rischi psicosociali nei diversi contesti nazionali. Questo è particolarmente importante se si considera che, nonostante l’aumento registrato negli ultimi anni rispetto ai servizi utilizzati, il numero di bisogni insoddisfatti è aumentato.

Alla luce di quest’ultimo dato è necessario che le politiche adottate dagli Stati siano di tipo integrato, ovvero vengano sviluppate mettendo insieme la finalità preventiva e di supporto e considerando i diversi livelli di intervento. Tra le priorità figurano: a) migliorare la qualità dei servizi offerti; b) ridurre discriminazioni e barriere che generano uno stigma nei confronti dei problemi di salute mentale e stereotipi che impediscono alle persone di cercare supporto; c) sensibilizzare sul tema attraverso campagne e attività di prevenzione nei luoghi di lavoro, nelle scuole e, più in generale, indirizzate a tutta la società; d) promuovere la formazione sul tema della salute mentale nei luoghi di lavoro, trasversalmente ai settori e alle mansioni dei lavoratori; e) rafforzare il ruolo dell’assistenza primaria pubblica, in particolare per le categorie più deboli della società che non possono accedere a servizi privati; f) migliorare l’accessibilità ai servizi attraverso l’integrazione delle linee di intervento sociale, l’erogazione di agevolazioni economiche, la riduzione degli oneri amministrativi e l’abbattimento dei limiti infrastrutturali di tipo geografico e/o digitale.

Sulla scia di quanto messo in campo finora, gli Stati devono intensificare l’attenzione sul tema della salute mentale, proseguendo e investendo ulteriormente nei programmi di prevenzione e supporto, in modo da promuovere un cambio di paradigma che inquadri l’importanza della salute mentale come questione pubblica, mediante l’integrazione di politiche sociali, sanitarie, abitative, legate al lavoro e all’istruzione. Soltanto in questo modo sarà possibile ridurre le disuguaglianze e promuovere un effettivo diritto al benessere per tutti.

Chiara Altilio

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@chialtilio

Silvia Caneve

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@CaneveSilvia