Repetita iuvant: la Cassazione torna ancora sul tema della specificazione delle ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato

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Bollettino ADAPT 27 novembre 2023, n. 41
 
Con l’ordinanza 18 ottobre 2023, n. 28907, la Corte di Cassazione, tornando su una questione più volte affrontata in passato, ha ribadito come la specificazione delle ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato possa risultare dall’atto scritto non solo per indicazione diretta, ma anche per relationem, ove le parti abbiano richiamato nel contratto di lavoro testi scritti che prendono in esame l’organizzazione aziendale e ne analizzano le complesse tematiche operative.
 
Per comprendere il principio di diritto contenuto nella pronuncia dalla Suprema Corte, è opportuno ripercorrere brevemente i fatti di causa.
 
Una lavoratrice, già impiegata presso un consorzio per la gestione autostradale per effetto di diversi contratti di lavoro a tempo determinato, succedutisi nel periodo compreso tra il 2002 e il 2010, adiva il Tribunale di Messina, al fine di ottenere la declaratoria della nullità del termine apposto al primo dei contratti di lavoro “stagionali” da lei sottoscritti. Chiedeva, quindi, la relativa conversione in rapporto a tempo indeterminato, nonché il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 32, legge n. 183/2010. A supporto delle sue richieste, deduceva il difetto di specificità della causale posta a fondamento dell’apposizione del temine ai vari contratti, nella specie identificata nella necessità di “sopperire alle temporanee esigenze del servizio di esazione pedaggio”.
Risultata soccombente in primo grado, la stessa impugnava allora la sentenza dinanzi alla Corte di Appello messinese, la quale, nel confermare il rigetto già pronunciato dal giudice di prime cure, sosteneva come detta causale, di per sé formulata in modo generico, dovesse considerarsi comunque specificata per relationem. La decisione, in particolare, si fondava sulla circostanza che, sebbene il contratto non recasse alcun richiamo ad accordi collettivi, la dipendente avesse avuto in ogni caso piena conoscenza delle ragioni organizzative sottese alla sua assunzione stagionale – di volta in volta coincidente con il periodo estivo (o di poco precedente o successivo) ovvero con quello natalizio -, per essersi la stessa iscritta in apposita graduatoria, cui la società aveva attinto per procedere alle assunzioni a termine. Il giudice precisava, infatti, come lo stesso elenco fosse stato formato a tale scopo dal Consorzio, d’intesa con le organizzazioni sindacali, con l’obiettivo di recepire il relativo accordo nazionale del 20 luglio 2002.
 
La lavoratrice adiva, infine, la Corte di Cassazione, deducendo, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’allora vigente art. 1, d. lgs. n. 368/2001 (oggi peraltro abrogato dal d. lgs. n. 81/2015, come modificato dal recente Decreto Lavoro), in forza del quale si consentiva l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. La ricorrente lamentava, in particolare, come la Corte di merito avesse errato nel ritenere sufficientemente specifica la clausola appositiva del termine, stante l’assenza al suo interno di qualunque riferimento agli accordi stipulati con le rappresentanze sindacali.
 
La Corte di legittimità, facendo leva sul consolidato orientamento giurisprudenziale già formatosi sul punto (Cass. 1 febbraio 2010, n. 2279; Cass., 27 aprile 2010, n. 10033; Cass., 12 luglio 2010, n. 16303; Cass., 25 maggio 2012, n. 8286; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23702 e Cass. 27 febbraio 2017, n. 4895), nonché su un’ordinanza resa su una fattispecie analoga tra un dipendente e lo stesso consorzio resistente (Cass. n. 13418 del 29 maggio 2018, cui adde Cass. n. 31700 del 4 dicembre 2019), ha ribadito come la specificazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, giustificatrici dell’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato, possa risultare dall’atto scritto non solo per indicazione diretta, ma anche per relationem.
 
Una simile circostanza peraltro, ha precisato la Corte con un passaggio ulteriore alla riflessione già sviluppata in precedenza, implica che tale specifica indicazione debba in ogni caso essere espressa all’interno del contratto, non potendo tale requisito considerarsi surrogato dalla conoscenza che il lavoratore possa aver avuto aliunde delle esigenze poste a fondamento della sua assunzione a termine. Per tali ragioni, ad avviso della Corte di Cassazione, il giudice di appello di Messina, pur avendo richiamato il medesimo principio di diritto, ne ha fatto un’interpretazione errata, non avendo ritenuto generica la clausola appositiva del termine, sebbene la stessa non recasse alcun riferimento, neppure per relationem, ad accordi collettivi. In accoglimento del ricorso, la sentenza è stata pertanto cassata, con rinvio al giudice di merito.
 

Francesca Di Gioia

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento ed Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

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