Orario di lavoro in Europa: evidenze dall’ultimo report di Eurofound

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Bollettino ADAPT 27 novembre 2023, n. 41
 
L’agenzia Eurofound ha recentemente pubblicato il report “Working time in 2021-2022, nel quale vengono discussi gli sviluppi in materia di orario di lavoro che hanno interessato le legislazioni nazionali e la contrattazione collettiva dei paesi europei nel biennio ’21-’22, e analizzata – attraverso l’analisi quantitativa – la durata dell’orario di lavoro in Europa come stabilito dalla contrattazione collettiva.
 
Con riferimento all’evoluzione nella regolamentazione dell’orario di lavoro dal punto di vista legislativo, tra il 2021 e il 2022, i provvedimenti adottati dalla maggior parte dei Paesi europei hanno riguardato il recepimento, nel diritto nazionale, della Direttiva (UE) 2019/1158 (relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per genitori e prestatori di assistenza) e/o della Direttiva (UE) 2019/1152 (relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili). Questo è stato il caso anche dell’Italia che, come è noto, ha provveduto al recepimento della Direttiva (UE) 2019/1152 mediante l’emanazione del D. Lgs. 27 giugno 2022, n. 104 (cd. “Decreto trasparenza”).
Altre disposizioni – come avvenuto in Belgio e Grecia – hanno riguardato, invece, l’introduzione della settimana di quattro giorni, ma senza alcuna riduzione dell’orario settimanale.
 
Per quanto attiene, invece, all’analisi degli sviluppi della contrattazione collettiva, essa ha avuto ad oggetto, più di tutti, la riduzione d’orario e la flessibilità oraria. In Austria, ad esempio, con il rinnovo del Contratto collettivo del settore dell’assistenza privata è stata prevista, a partire dal mese di gennaio 2022, una riduzione, di un’ora (da 38 a 37 ore), dell’orario settimanale a parità di retribuzione. In Portogallo, l’accordo tra INOVA-EN (azienda municipale di Cantanhede) e il sindacato dei lavoratori pubblici ha previsto una progressiva riduzione dell’orario normale di lavoro, da 40 a 35 ore settimanali, fino al 2024.
 
In chiave di flessibilità oraria, sono diversi gli esempi che provengono dalla contrattazione collettiva italiana: si tratta, in particolare, delle previsioni contenute in alcuni CCNL – la cui sottoscrizione del rinnovo è avvenuta tra il 2021 e il 2022– , tra le quali ci si limita a menzionare qui quelle del CCNL Chimico-Farmaceutico per i lavoratori che svolgono funzioni dirigenziali (a riguardo, si veda L. Citterio, Il ruolo della contrattazione collettiva nell’organizzazione dell’orario di lavoro dei quadri e degli impiegati direttivi: il caso del CCNL Chimico-Farmaceutico, in Bollettino Adapt 12 Dicembre 2022, n.43), e quella contenuta all’art. 5, c. 3, Sez. Quarta, Titolo III del CCNL Metalmeccanico 2021, che prevede la possibilità per il datore di programmare la ripartizione giornaliera dell’orario settimanale.
 

Infine, l’introduzione della settimana di quattro giorni associata alla riduzione d’orario è stata al centro del dibattito politico sull’orario di lavoro in diversi Paesi europei, in modo particolare in quei Paesi – come Spagna, Irlanda, Portogallo – dove sono state già avviate delle sperimentazioni o lanciati progetti pilota per valutarne l’impatto.

 
Analisi della durata dell’orario di lavoro in Europa

 
L’analisi contenuta nella seconda parte del report ha l’obiettivo di esaminare lo stato attuale dell’orario di lavoro in Europa.  Dal punto di vista metodologico, oltre che mediante il confronto tra singoli Stati, essa è condotta comparando tre gruppi di Paesi, ovvero: a) “UE27”: gli attuali Stati membri dell’Unione Europea; b) “UE14”: gli Stati che facevano parte dell’UE prima del 2004 (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia); “UE13”: gli Stati che hanno aderito all’UE dal 2004 (Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria, Romania, Croazia).
 
Tra le evidenze, emerge, in primo luogo, l’importanza che riveste la contrattazione collettiva nel prevedere un orario di lavoro settimanale più basso della previsione legale. Dai dati si registra, infatti, che per la maggior parte dei Paesi europei, la media dell’orario settimanale previsto dalla contrattazione risulta essere più bassa delle ore stabilite dalla legge e, nel complesso, per 14 Stati membri su 27, l’orario concordato collettivamente è inferiore alle 40 ore.
 
È da segnalare, inoltre, che il ruolo della contrattazione collettiva nella determinazione dell’orario di lavoro varia notevolmente all’interno dell’Unione Europea. Come mostra la figura 1, nel 2022, la media dell’orario settimanale previsto dalla contrattazione collettiva nell’UE27 è stata pari a 38,1 ore, risultando più elevata nell’UE13 rispetto all’UE14: in quest’ultimo gruppo, la contrattazione ha quindi inciso maggiormente nella determinazione dell’orario di lavoro. Con riferimento ai singoli Stati, la Francia continua ad avere la settimana lavorativa più breve, con una media di 35,7 ore, più bassa sia del dato dell’UE27 che di quello dell’UE14. L’Italia, con una media di 38 ore settimanali stabilite dalla contrattazione collettiva – comunque più basse delle 40 ore di normale orario settimanale previste dalla legge – è poco sopra la media dell’UE14, ma ancora al di sotto di quella dell’UE27.

 
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Figura 1: Media dell’orario di lavoro settimanale previsto dalla contrattazione collettiva, 2022.

 
Con riferimento, poi, all’orario di lavoro concordato collettivamente in Europa in cinque specifici settori (Figura 2), la settimana lavorativa più breve è presente nel settore pubblico, con una media di 37,7 ore, seguita dal settore bancario/creditizio e dal metalmeccanico (entrambi 37,8 ore). Per tutti e cinque i settori l’orario di lavoro settimanale, concordato collettivamente, è più elevato nell’UE13 rispetto a quello dell’UE14. Tale divario è pari a 2,5 ore nel settore bancario, 2,7 nel settore pubblico e 2,3 nel metalmeccanico. I settori con la settimana più lunga in Europa risultano essere il chimico (38,1 ore) e il commercio (38,5).

 

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 Figura 2: Media dell’orario di lavoro settimanale previsto dalla contrattazione collettiva in cinque settori, 2022.

 
Guardando al solo settore metalmeccanico (Figura 3), la media europea dell’orario settimanale (UE 27) è pari a 37,8 ore, e il divario tra UE13 e UE14 è di 2,3 ore. Sono Francia e Germania che hanno la settimana lavorativa più breve, con un orario rispettivamente pari a 35 e 35,9 ore. In Italia – così come in Croazia, Grecia, Lussemburgo, Portogallo e Svezia – la contrattazione collettiva di settore prevede un orario settimanale di 40 ore: il dato più alto in Europa, ben 5 ore in più rispetto alla Germania, 2,2 rispetto alla media dell’UE27 e 2,7 rispetto a quella dell’UE14.
 
A tal proposito, con riferimento al nostro Paese, anche alla luce di quanto appena detto, sarà interessante vedere se le parti sfrutteranno l’occasione del rinnovo contrattuale (il CCNL per l’industria metalmeccanica e della installazione impianti scadrà infatti a giugno 2024) per introdurre nuove forme di riduzione d’orario, considerato che iniziative in tal senso sono già state avanzate da parte sindacale. Nello specifico, la proposta a cui si fa riferimento (vedi, D. Longhin, Benaglia (Fim-Cisl), aumentiamo i salari e riduciamo gli orari, la Repubblica, 20 aprile 2022), non guarda ad una riduzione “generalizzata” dell’orario ma, piuttosto, mira alla possibilità di negoziare, soprattutto a livello aziendale, una riduzione pari a un quinto dell’orario settimanale, liberando così delle ore da dedicare, oltre che al tempo libero, anche alla formazione o alla gestione dei carichi di cura. Un’idea, questa, che si muove nell’ottica di dare maggiore attenzione alle esigenze dei lavoratori e al mercato del lavoro, e che può quindi rappresentare un buon punto di partenza per instaurare un confronto e avviare una sperimentazione nel settore.

 
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 Figura 3: orario di lavoro settimanale concordato collettivamente nel settore metalmeccanico, 2022

 
Valutando l’impatto che la pandemia da Covid-19 ha avuto sugli orari di lavoro, i risultati del report evidenziano, inoltre, che l’orario di lavoro settimanale “abituale” dei dipendenti a tempo pieno (calcolato sulla base delle ore effettivamente lavorate), seppur più alto, nel 2022, dell’orario settimanale stabilito dalla contrattazione collettiva (con riferimento all’UE27 rispettivamente pari a 39,8 e 38,1 ore), è diminuito, tra il 2019 e il 2022, in 19 Stati membri. Le variazioni maggiori si sono registrate in Finlandia (1,5 ore, da 39,4 a 37,9 ore), Malta (1 ora, da 41,3 a 40,3), Slovacchia (0,9 ore, da 40,5 ore a 39,6 ore) e Paesi bassi (0,7 ore, da 38,9 a 38,2).
 

Infine, considerando l’orario di lavoro annuale (Figura 4) come previsto dalla contrattazione collettiva (al netto di ferie e festività), nel 2022, la media dell’orario annuale è stata di 1.714 ore nell’UE27, 1.682 ore nell’UE14 e 1.820 ore nell’UE13. Sono Estonia e Ungheria – dove la contrattazione non svolge un ruolo sostanziale nella definizione dell’orario di lavoro – che hanno l’orario più elevato (1.856 ore). Quello più basso si registra in Francia (1.578 ore), seguono poi Danimarca (1.620 ore), Finlandia e Svezia (1.662 ore). Se si confrontano i dati di Estonia e Francia, nel 2022, un lavoratore estone avrebbe lavorato, in media, 278 ore in più rispetto ad un lavoratore francese, pari a quasi sette settimane (considerando che la settimana di lavoro in Estonia è di 40 ore). L’Italia, con 1.704 ore, registra un risultato migliore della media UE27, ma il suo orario rimane comunque al di sopra della media UE14 (con una differenza pari a 22 ore).
 

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Figura 4: media dell’orario di lavoro annuale previsto dai contratti collettivi, 2022.
 
In conclusione, ciò che emerge dal report è che, nel biennio 2021-2022, la contrattazione collettiva ha continuato a ricoprire un ruolo da protagonista nell’evoluzione della regolamentazione dell’orario di lavoro in Europa.

Tuttavia, la riduzione dell’orario di lavoro, seppur al centro del dibattito politico in diversi Stati, è stato oggetto di sporadiche iniziative tra le parti sociali, non costituendo quindi, allo stato attuale, una tendenza in atto in Europa.

Ad ogni modo – come si è avuto modo di vedere – differenze significative nella durata dell’orario di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva si registrano dal confronto tra gruppi di Stati, tra singoli Paesi e tra settori economici.
 
 Giuseppe Biundo

ADAPT Junior Fellow

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