Quali sfide e prospettive per il sindacato? Spunti dalla 14° Conferenza annuale TURI

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Bollettino ADAPT 3 ottobre 2022, n. 33
 
Quali sono le sfide e prospettive del sindacato? Questa la domanda cui la 14° Conferenza annuale TURI, Rete degli Istituti di Ricerca Sindacali Europei ha cercato di rispondere, guardando in particolare ai grandi cambiamenti nelle relazioni industriali e nei mercati del lavoro indotti dalle nuove esigenze di sviluppo sostenibile ambientale, economico e sociale.
 
La Conferenza, tenutati a Vilnius dal 21 al 23 settembre 2022, ha riunito la Rete TURI, promossa nel 2007 per iniziativa congiunta del dell’Istituto europeo dei sindacati ETUI, l’Ente di ricerca economica e sociale della Confederazione Europea dei Sindacati (CESE), e la Fondazione tedesca Hans Boeckler. La rete, che comprende attualmente 41 Istituti di ricerca economica e sociale, europei ed extraeuropei, particolarmente impegnati nella analisi e nella attiva partecipazione e collaborazione negli attuali processi di sviluppo, ha quindi permesso un dinamico confronto su come poter rendere il sindacato un attore dinamico e centrale nei mercati produttivi e del lavoro, così come nell’ambiente economico-sociale, e in modo tale da rispondere alle istanze di tutela e da collaborare al fine degli obiettivi di sviluppo sostenibile.1
 
Centrale, in ogni intervento, è stata la dimensione della persona, intesa non più o quanto meno non solo come lavoratore, ma inserita nell’estensione sociale, oltre che (solo) dei mercati produttivi e del lavoro. Intendendo, quindi, la rappresentanza, come attore con ruolo decisivo per far vivere il lavoro, vero e proprio fatto pubblico, ben si comprende la sua altrettanta rilevanza nelle sfide degli attuali mercati in transizione e attraversati da trasformazioni ecologiche, digitali, geopolitiche e sociali.
 
Quali le sfide? La prima, particolarmente attuale, deriva dai divari particolarmente acuiti dal biennio di pandemia, non solo fra i lavoratori ma fra la cittadinanza tutta, e che ha sempre più richiamato il sindacato ad un ruolo di assistenza e tutela sociale. Le stesse sfide economiche, largamente influenzate dalla crisi geopolitica mondiale, hanno e stanno indubbiamente impegnando gli attori della rappresentanza, non solamente ai fini di influire su fattori quali il salario e le misure di welfare e, conseguentemente, alzare la soglia di povertà, ma in modo tale da poter meglio co-gestire i fattori economico-produttivi, spesso legati a incertezze sul lungo periodo dell’arrivo e della disponibilità dei prodotti importati. La stessa doppia transizione, ecologica e digitale, rimane invero centrale nella definizione del campo d’azione del sindacato, a partire dal dictat già ricordato dall’ILO nel proprio report del 2015 “There are no jobs on a dead planet”, invero integrato con il principio “There are no jobs without markets”, dunque ancora una volta ai fini di tutelare, congiuntamente, occupazione/occupabilità e produttività.
 
Proprio a partire dal presupposto che il compito del sindacato debba procedere nella piena azione e raggiungimento di tutti i pilastri dello sviluppo sostenibile, dunque sociale, economico e ambientale, si sono susseguiti gli interventi della conferenza.
 
Grandi le differenze, difatti, che ancora attraversano il sindacato a livello comunitario: guardando alla regione del centro-est Europa, ad esempio, è indubbio come lo strumento più importante in uso alla rappresentanza, ovvero la contrattazione collettiva, non sia stato canale di coinvolgimento o quanto meno di introduzione nel dibattito di risposte alle nuove istanze del mondo del lavoro (intervento CELSI). La situazione che ne deriva è come il sindacato non sia in grado di rispondere alle rimodernate necessità dei lavoratori, dunque se non acuendo, non riuscendo ad incidere nelle situazioni di disparità e vulnerabilità. Allo stesso tempo, il dominio degli accordi decentrati, affiancato ad una grande debolezza della contrattazione nazionale, rende difficile la trasversalità e il “sentire comune” delle politiche adottate, cosicché le sfide vengono affidate e recepite da altri attori, spesso associazioni del terzo settore o enti pubblici, dunque erodendo il ruolo del sindacato stesso nel suo essere “rappresentanza collettiva”.
 
Ugualmente si presenta il sistema italiano che, caratterizzato da una moltitudine di elementi che mettono in luce la sua singolarità rispetto agli altri sistemi comunitari, si pone di fronte a sfide importanti nei prossimi anni, soprattutto con riferimento all’organizzazione e alla rappresentanza, così da riuscire a dare fattualmente risposta alle nuove esigenze emerse. In particolare: il volontarismo e la limitata influenza dello stato nella gestione dei mercati del lavoro e dei settori produttivi, se non per la definizione delle regole generali, fanno sì che la disciplina sia infatti definita dalle stesse parti sociali attraverso il dialogo sociale. Se questo è un punto di forza in settori economico-produttivi coperti da rappresentanza e contrattazione collettiva, è indubbio come si trasformi in altrettanto punto di debolezza in tutti quelli in cui gli attori sindacali non intervengono nel dialogo (Intervento Fondazione Di Vittorio).
 
Dunque, in un panorama europeo che consegna un quadro abbastanza statico di negoziazioni, e dove le stesse condizioni oggettive non hanno facilitato il dinamismo degli accordi, tali da condurre a situazioni di autoregolazione delle parti sociali, sempre meno aperte al dialogo e alla co-partecipazione, due sono i “punti di intervento” necessari richiamati ai fine di incidere concretamente nelle nuove istanze dei mercati del lavoro, sempre più complessi e ampi in termini di oggetto e soggetti coinvolti (intervento Instituto Ruben Rolo): il coinvolgimento nel pubblico dei sindacati; il rafforzamento dei processi di informazione e consultazione. Invero, per agire sull’esterno, si è concentrata l’attenzione su proposte di rimodernamento della rappresentanza e della contrattazione, di riorganizzazione degli attori sindacali, di concreta e attuale informazione e coinvolgimento in tematiche “della e nella transizione”.
 
Quali, dunque, le sfide e prospettive principali per i sindacati europei? Se appare troppo complesso rispondere a tutte e ciascuna le istanze richiamate, è possibile riassumere l’aspirazione e la necessaria trasformazione del sindacato in termini di sempre maggiore inclusione, tolleranza, applicazione e sempre maggiore integrazione nella propria organizzazione, procedimenti e modelli dei valori democratici, non solamente in senso politico, ma anche e soprattutto nell’ambiente di lavoro.
 
Sara Prosdocimi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ProsdocimiSara
 
1 Per un maggiore approfondimento si rimanda al numero 61 della “Newsletter di aggiornamento e informazione sulle attività di progettazione e ricerca europea” della Cisl, nel quale è presente il report sulla 14° Conferenza annuale TURI Network, con la partecipazione del Centro Studi Cisl e della Fondazione Ezio Tarantelli, parte della Rete degli Istituti di ricerca europei collegati ai sindacati (TURI Network).

Quali sfide e prospettive per il sindacato? Spunti dalla 14° Conferenza annuale TURI
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