La regolamentazione del telelavoro negli Stati dell’Unione Europea

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Bollettino ADAPT 3 ottobre 2022, n. 33
 
L’Eurofound ha recentemente reso disponibile un corposo rapporto sul telelavoro dal titolo “Telework in the EU: regulatory frameworks and recent updates che analizza, tra gli altri aspetti,  la regolamentazione del telelavoro nei diversi Stati dell’Unione Europea e la sua evoluzione a seguito della pandemia.
 
È noto che in Italia il telelavoro è una modalità di svolgimento del lavoro caratterizzata dallo spostamento della sede di lavoro dai locali aziendali ad altra sede, avvalendosi delle tecnologie dell’informazione. Il lavoratore è vincolato a lavorare da una postazione fissa e prestabilita con gli stessi limiti di orario che avrebbe in ufficio, salvo modifiche specifiche del contratto. In questo senso il carico di lavoro, gli oneri e i tempi della prestazione sono equivalenti a quelli dei lavoratori che rendono la prestazione all’interno del posto di lavoro. Lo smart working, regolato dalla legge n.  81 del 22 maggio 2017, invece, prevede completa autonomia del lavoratore compresa la libertà di svolgere la propria attività /mansione in orari a sua scelta, ma anche di eseguirla in parte all’interno dei locali aziendali e in parte o totalmente all’esterno, senza stabilire una postazione fissa. Lo smart working, a differenza del telelavoro, prevede la determinazione e la condivisione di obiettivi e risultati, senza fare riferimento a orari e luoghi definiti.
 
Non vi è un approccio uniforme alla regolamentazione del telelavoro nell’Unione Europea in quanto il fattore distanza richiede diverse sinergie di normative, politiche e cultura del lavoro.

Dal rapporto emerge che, dall’inizio della pandemia, è raddoppiato il numero di paesi che hanno incluso il diritto al telelavoro nella legislazione nazionale. Inoltre durante la pandemia un numero significativo di contratti a livello settoriale e aziendale ha avuto ad oggetto il telelavoro. Questo dimostra che il telelavoro sta diventando una modalità consolidata di organizzazione del lavoro nell’Unione Europea e che il dialogo sociale può svolgere un ruolo fondamentale nell’attuazione delle normative.
 
Una parte del rapporto, qui presa in considerazione, analizza in particolare le fonti di regolamentazione del telelavoro nei diversi Stati dell’Unione (legislazione e contrattazione collettiva, tramite il dialogo sociale).
 
Gli Stati membri possono essere classificati in due gruppi principali, con alcune variazioni principalmente legate al ruolo della contrattazione collettiva.

La maggior parte dei paesi dell’Unione ha definizioni legislative e una legislazione specifica sul telelavoro (Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna). Nella maggior parte di questi paesi, la legislazione statuale è integrata da contratti collettivi intersettoriali, settoriali e/o aziendali, anche se in varia misura.

In Croazia, Lettonia e Polonia la legislazione statale è l’unica fonte di regolamentazione, sviluppata attraverso accordi individuali tra datori di lavoro e dipendenti.
 
I restanti paesi mancano di definizioni legislative e di una legislazione specifica in materia di telelavoro o hanno accordi di telelavoro che sono trattati in varie leggi relative alla protezione dei dati, alla sicurezza e alla salute, o all’orario di lavoro e al lavoro in generale (Cipro, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Norvegia e Svezia). Tra questi paesi si possono identificare due gruppi principali. Nei paesi nordici il telelavoro è regolato principalmente attraverso la contrattazione collettiva settoriale (Finlandia e Norvegia) o tramite contratti collettivi settoriali e aziendali (Danimarca e Svezia). A Cipro e in Irlanda sono stati individuati solo contratti collettivi aziendali. Nel caso dell’Irlanda esiste anche un codice di buone pratiche che si occupa del diritto alla disconnessione e fornisce indicazioni sul lavoro a distanza.
 
Il confronto delle normative sul telelavoro tra i paesi europei mostra rilevanti differenze tra paesi, che riflettono in parte la diversità dei modelli di relazioni industriali definiti in letteratura.  Confrontando il rapporto tra le normative basate sulla legislazione statuale e le normative basate sul dialogo sociale e sulla contrattazione collettiva, è possibile identificare sei cluster di paesi.
 
Cluster 1: Belgio, Francia e Lussemburgo: questi paesi seguono un approccio di governance strutturato in chiave corporativa. In questi tre paesi, l’accordo quadro europeo sul telelavoro è stato attuato attraverso accordi nazionali intersettoriali che sono stati estesi a tutti i dipendenti rispettivamente con decreti reali, ministeriali o granducali, consentendo così una copertura completa di settori e aziende. Attualmente, la caratteristica distintiva di questo cluster è che la legislazione statutaria è combinata con accordi vincolanti nazionali intersettoriali (Francia) o è il risultato di accordi vincolanti nazionali che vengono tradotti in legislazione (Belgio e Lussemburgo).

Inoltre, la legislazione statuale lascia l’attuazione di diversi aspetti chiave della regolamentazione del telelavoro, compreso il diritto alla disconnessione, alla contrattazione collettiva o al dialogo sociale a livello aziendale.
 
Cluster 2: Austria e Paesi Bassi: in questi due paesi, la legislazione statutaria sul telelavoro è molto ampia e la contrattazione collettiva gioca un ruolo di primo piano, in un contesto generale di relazioni industriali caratterizzato da alti tassi di copertura della contrattazione collettiva e un alto grado di centralizzazione e coordinamento. Nei Paesi Bassi, le leggi nazionali che includono il telelavoro sono la legge sul lavoro flessibile (Wet flexibel werken) e il decreto sulle condizioni di lavoro, che definiscono i diritti che generalmente si applicano a tutti i dipendenti e non fanno distinzione tra dipendenti e telelavoratori. In questo contesto, ci sono almeno 15 contratti collettivi di settore che contengono disposizioni in materia di telelavoro.
 
In Austria, le norme legali per il “lavoro da casa” sono entrate in vigore il 1° aprile 2021 attraverso modifiche di diversi atti legislativi. Questa normativa è molto ampia e affronta aspetti specifici in termini di fornitura di infrastrutture/rimborso per l’acquisto di mobili per ufficio e questioni di responsabilità in caso di incidente. Gli aspetti chiave di regolamentazione sul telelavoro sono ancora lasciati alle parti sociali, che se ne occupano attraverso contratti collettivi di settore e aziendali.
 
Cluster 3: Italia e Spagna, cluster 3a, e Grecia, Portogallo e Slovenia, cluster 3b: prima della pandemia, la contrattazione collettiva sul telelavoro ha svolto un ruolo relativamente marginale in questi paesi. In Grecia, Italia e Spagna, l’accordo quadro europeo sul telelavoro è stato attuato attraverso accordi intersettoriali non vincolanti. Questo tipo di accordi fornisce solo raccomandazioni e linee guida non vincolanti per la contrattazione collettiva di livello inferiore. Pertanto sono considerati una forma di regolamentazione più morbida rispetto a quella settoriale o aziendale.
 
In Grecia, non esistono contratti collettivi settoriali che trattano questo tema. In Portogallo e Slovenia, l’accordo quadro dell’UE sul telelavoro è stato attuato attraverso le riforme del codice del lavoro e pochissimi contratti collettivi settoriali e aziendali si occupano di telelavoro.
 
Dallo scoppio della pandemia di COVID-19, il dialogo sociale e la contrattazione collettiva hanno acquisito maggiore rilevanza in alcuni di questi paesi. In Spagna è stata concordata con le parti sociali una nuova legislazione statutaria. Inoltre, nuovi accordi settoriali e aziendali hanno regolamentato il telelavoro in diversi settori. L’Italia ha attualmente il maggior numero di contratti collettivi di settore, secondo le informazioni fornite dai rapporti nazionali.
 
Il Portogallo e la Slovenia segnalano una serie di accordi settoriali. In Grecia non sono in vigore accordi settoriali, ma nel secondo trimestre del 2022 è stato negoziato un nuovo contratto collettivo nazionale generale e la Confederazione generale dei lavoratori greci (GSEE) ha richiesto il passaggio a un regime regolamentato di telelavoro, compresa una definizione aggiornata di telelavoro, maggiore tutela dei telelavoratori attraverso contratti collettivi di lavoro e diritto alla disconnessione.
 
In sintesi, in questo cluster, Italia e Spagna hanno registrato un ruolo della contrattazione collettiva più forte rispetto a Portogallo e Slovenia. In questi ultimi paesi la contrattazione collettiva è comunque più sviluppata che in Grecia, dove gli accordi settoriali e aziendali sul telelavoro sono sottosviluppati.
 
Cluster 4 (paesi nordici che seguono un modello di governance associativa volontaria): in questi paesi, il telelavoro è stato affrontato attraverso diverse leggi che regolano l’ambiente di lavoro (ad esempio, la legge sulla sicurezza e la salute sul lavoro in Danimarca e Svezia e la legislazione sulla protezione dei dati in Svezia). Nel caso della Finlandia, il telelavoro è regolato solo indirettamente attraverso la legislazione statuale, come parte del diritto generale del lavoro. In generale, il contenuto della legislazione sul telelavoro è scarso in questi paesi e regola solo alcuni aspetti. Tuttavia, la contrattazione collettiva e gli accordi informali svolgono un ruolo importante.
 
Nei paesi nordici (principalmente Danimarca e Svezia), alcuni contratti collettivi di settore venivano già utilizzati per regolamentare il telelavoro prima dell’emanazione dell’accordo quadro dell’UE sul telelavoro.  Dal 2002, in Danimarca, Finlandia e Svezia l’accordo quadro dell’UE sul telelavoro è stato attuato attraverso accordi quadro nazionali, che forniscono linee guida e raccomandazioni generali, e attraverso contratti collettivi settoriali. Tuttavia, un aspetto rilevante della regolamentazione del telelavoro nei paesi nordici è che il telelavoro occasionale, che rappresenta la percentuale più alta degli accordi di telelavoro, è attuato principalmente attraverso accordi individuali e informali.
 
Cluster 5 (Cipro e Irlanda, che seguono un approccio di governance orientato al mercato): a Cipro non esistono normative a nessun livello. Ciò significa che il telelavoro è regolato solo attraverso decisioni unilaterali del datore di lavoro e accordi individuali. Allo stesso modo, in Irlanda non esiste una regolamentazione specifica sul telelavoro, sebbene il governo stia pianificando di sviluppare una legislazione nel 2022. Esiste un codice di condotta per datori di lavoro e dipendenti sul diritto di disconnettersi, che è stato emanato nel 2021 insieme alle linee guida sul lavoro a distanza.
 
Cluster 6 (paesi dell’Europa orientale, Bulgaria, Repubblica Ceca e Lituania, cluster 6a e Croazia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Malta, Slovacchia, Polonia e Romania, cluster 6b): questi paesi sono caratterizzati da un modello di governance incentrato sul fatto che il telelavoro è regolato principalmente da leggi statutarie. La contrattazione collettiva gioca solo un ruolo marginale nella regolamentazione del telelavoro a causa dell’alto grado di decentramento e della bassa concentrazione di contrattazione collettiva. Con alcune eccezioni minori (Bulgaria, Repubblica Ceca e Lituania), non esiste contrattazione collettiva settoriale in questo cluster e solo pochissime aziende affrontano il telelavoro attraverso la contrattazione individuale. In Estonia, le parti sociali hanno concluso un accordo intersettoriale nazionale nel 2017. Tuttavia, questo accordo fornisce solo orientamenti non vincolanti e non è stato attuato attraverso la contrattazione collettiva settoriale o aziendale.
 
In Germania la legislazione statuale, che ha attuato l’accordo quadro dell’UE sul telelavoro, copre solo il telelavoro da casa e, in molti casi, questa è l’unica legislazione generale applicabile.

In termini di relazioni industriali, sembra che solo pochi contratti collettivi di settore regolino il telelavoro e le forme più flessibili di lavoro mobile.

Questa apparente lacuna è tuttavia compensata dagli ampi diritti dei comitati aziendali a livello di impresa, società e gruppo. Nel caso del telelavoro e di altri cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, i comitati aziendali hanno non solo i diritti di informazione e consultazione, ma anche il diritto di co-determinazione su diversi aspetti che sono molto rilevanti per il telelavoro, come l’orario di lavoro, i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e la sorveglianza digitale.
 
Condizioni codeterminate di telelavoro sono spesso registrate negli accordi a livello aziendale. Per quanto riguarda il lavoro mobile, i diritti di co-determinazione dei comitati aziendali sono stati rafforzati durante la pandemia di COVID-19 da una nuova legge, la legge sulla modernizzazione dei comitati aziendali, entrata in vigore nel giugno 2021. La legge ha conferito ai comitati aziendali il diritto di co-determinare aspetti del lavoro mobile svolto tramite ICT, ad esempio l’introduzione e l’uso di dispositivi tecnici in grado di monitorare il comportamento o le prestazioni dei dipendenti; l’inizio e la cessazione dell’orario di lavoro giornaliero, comprese le pause; la distribuzione dell’orario di lavoro tra i giorni della settimana.
 
Si può concludere che ci sono differenze in relazione al ruolo della legislazione e delle parti sociali in ciascun cluster di paesi e queste differenze hanno un impatto sulla copertura e sulla protezione dei lavoratori.
 
Ad esempio, nel cluster 1 è probabile che il forte ruolo delle parti sociali abbia un impatto positivo sull’inclusione di diposizioni che mirano ad un elevato livello di protezione dei dipendenti, mentre nel cluster 6, in cui le parti sociali svolgono un ruolo debole, si prevede che le normative sul telelavoro potrebbero non prevedere un livello di protezione così elevato.

In particolare, nei paesi con un numero limitato di contratti collettivi e senza una legislazione a livello nazionale, ci saranno gruppi di dipendenti non protetti (ad esempio, nel cluster 5). Infine, un forte ruolo della contrattazione collettiva a livello settoriale e/o locale potrebbe avere un effetto positivo sull’adeguamento della normativa sul telelavoro a specifiche attività e imprese.
 
Paola de Vita

ADAPT Professional Fellow

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