PNRR e parità di genere: le principali misure e l’attuale livello di implementazione

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Bollettino ADAPT 4 luglio 2022, n. 26
 
Il Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è il documento programmatico attraverso il quale il nostro governo ha delineato come l’Italia intende utilizzare le risorse finanziate stanziate a livello europeo, al fine di cercare di risolvere e depotenziare alcuni nodi problematici presenti nel Paese che ostacolano, o almeno in parte, rallentano lo sviluppo e la crescita economica. Il Piano si sviluppa attorno a tre assi strategici, tra cui l’inclusione sociale che ha come priorità principali: la parità di genere, la protezione e la valorizzazione dei giovani e il superamento dei divari territoriali. Questi tre ambiti presentano storicamente dei disequilibri consistenti dal momento che, come si è visto nell’approfondimento della scorsa settimana (S. Negri, F. Valente, Mercato del lavoro e squilibri di genere: un primo approfondimento, in Bollettino ADAPT n. 25/2022) siamo ancora ben lontani dal raggiungimento di una parità di genere in ambito lavorativo, i giovani versano in condizioni precarie (la quota di NEET (giovani non occupati e non inseriti in percorsi formativi) cresce annualmente) e sussistono poi ancora ampie disparità e divergenze tra le aree del paese in merito ad alcuni parametri tra cui tutti gli indicatori sull’andamento del mercato del lavoro. In questo articolo verranno ripercorse le misure e gli investimenti specificatamente previsti nel PNRR per fronteggiare le disparità di genere ancora vigenti.
 
A fronte degli ampi divari di genere persistenti nel mercato del lavoro anche a causa degli squilibri tutt’ora esistenti in ambito domestico nella gestione della cura dei figli e nello svolgimento delle faccende domestiche nonché, per la permanenza di alcuni stereotipi e reticenze culturali che spingono le femmine a scegliere alcuni percorsi scolastici piuttosto che altri (che in parte autoalimentano la segregazione orizzontale nel mercato del lavoro), nel PNRR il legislatore ha previsto delle misure e degli investimenti che avranno diversi livelli di incidenza nel raggiungimento di una parità di genere. Il PNRR si articola in 6 missioni e 16 componenti, in coerenza con i sei pilastri del Next Generation EU (NGEU). Le sei Missioni del Piano sono: (1) digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; (2) rivoluzione verde e transizione ecologica; (3) infrastrutture per una mobilità sostenibile; (4) istruzione e ricerca; (5) inclusione e coesione; (6) salute. Ciascuna missione contiene degli interventi volti a favorire, direttamente o indirettamente, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro salariato e attenuare le asimmetrie che ostacolano il raggiungimento di una parità di genere anche negli ambiti scolastico e domestico, oltre che lavorativo.
 
Nel dettaglio, le misure che dovranno essere adottate rientrano in sei categorie: (a) misure rivolte ad aumentare il tasso di partecipazione femminile al lavoro e congiuntamente accrescere il tasso di occupazione femminile; (b) misure dirette e indirette finalizzate alla crescita dell’occupazione delle madri, attraverso il potenziamento di servizi che favoriscono la conciliazione vita-lavoro (ad esempio servizi educativi per l’infanzia, diffusione del tempo pieno, mense scolastiche e infrastrutture sportive nelle scuole); (c) misure dirette e indirette a ridurre le asimmetrie persistenti nel lavoro familiare (riduzione del carico di lavoro non retribuito di cura e disponibilità di infrastrutture più efficienti); (d) misure dirette e indirette per aumentare il numero di laureate nell’area STEM; (e) misure dirette e indirette a ridurre le situazioni di grave deprivazione abitativa, che molto spesso colpiscono le famiglie monoparentali composte da donne con figli (interventi di edilizia pubblica residenziale); infine (f) misure dirette e indirette sulla speranza di vita in buona salute delle donne attraverso il potenziamento dell’assistenza sanitaria primaria territoriale e il rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture.
Con specifico riferimento all’aumento della presenza delle donne nel mercato del lavoro salariato e al raggiungimento di un maggiore livello di benessere e di qualità delle condizioni di lavoro, la missione 5 “coesione e inclusione” ha tra gli obiettivi due misure strategiche: la valorizzazione dell’imprenditorialità femminile e l’introduzione e definizione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere.
 
A sostegno dell’imprenditorialità femminile il PNRR ha previsto l’avvio del “Fondo impresa donna” finalizzato ad avere un impatto diretto su alcune dimensioni che concorrono al raggiungimento di una maggiore parità di genere. Il fondo intende supportare finanziariamente la nascita di nuove imprese femminili (meno di 12 mesi) e lo sviluppo e consolidamento di imprese femminili esistenti (da più di 12 mesi). Il Decreto interministeriale 30 settembre 2021 stabilisce che un’impresa femminile è «l’impresa a prevalente partecipazione femminile, intesa come impresa che, in funzione della tipologia imprenditoriale, presenta le seguenti caratteristiche: la società̀ cooperativa e la società̀ di persone in cui il numero di donne socie rappresenti almeno il 60 per cento dei componenti la compagine sociale; la società̀ di capitale le cui quote di partecipazione spettino in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne; l’impresa individuale la cui titolare è una donna; la lavoratrice autonoma». Sono ammesse ai finanziamenti le imprese che operano nei settori della produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato e della trasformazione dei prodotti agricoli, fornitura di servizi, commercio e turismo. Sono invece esclusi quelli connessi alla produzione primaria di prodotti agricoli, pesca, acquacoltura e silvicoltura. Le spese ammissibili al fondo sono relative a immobilizzazioni materiali (macchinari, impianti, attrezzature, opere edili (ristrutturazioni) per un massimo del 30% delle spese complessivamente ammissibili), immobilizzazioni immateriali (software, brevetti, licenze, marchi), servizi in cloud (funzionali ai processi portanti della gestione aziendale), personale dipendente (assunto – a tempo determinato o indeterminato – dopo la data di presentazione della domanda e impiegato nella realizzazione del progetto), capitale circolante (materie prime, materiali di consumo, servizi, affitti, noleggi e leasing per un max 20% delle spese complessivamente ammissibili (o 25% per imprese con >36 mesi)). Il fondo, entro giugno 2026 ha l’obiettivo di finanziare 2400 imprese.
 
Il Fondo mira a sostenere finanziariamente iniziative già sul campo, tra cui il nuovo Fondo per l’imprenditoria femminile già previsto dalla Legge di Bilancio 2021 le cui modalità attuative erano in corso di definizione al momento della pubblicazione del PNRR. L’iter per l’attuazione della misura prende dunque avvio già con la legge n. 178 del 30 dicembre 2020, con cui viene istituito il comitato impresa donna, per la definizione delle linee di indirizzo e il monitoraggio del funzionamento di questo fondo. Il Decreto interministeriale 30 settembre 2021 aveva definito le modalità e le risorse finanziarie in dotazione al fondo impresa femminile, successivamente il Decreto interministeriale 24 novembre 2021 recependo le indicazioni del Piano Nazionale di ripresa e resilienza sulla creazione di imprese femminili ha stanziato risorse aggiuntive per lo stesso fondo. Con il Decreto direttoriale 30 marzo 2022 sono state definite le modalità operative per accedere alle risorse e i termini di presentazione delle domande. La misura ha avuto molto successo dal momento che con l’avviso del 19 maggio 2022 è stato comunicato l’esaurimento delle risorse destinate alla costituzione di nuove imprese ed è quindi stato chiuso il relativo sportello e rispettivamente con l’avviso del 7 giugno 2022 è stato dichiarato l’esaurimento delle risorse per le imprese già avviate ed è stato chiuso il relativo sportello.
 
Il PNRR, all’interno della missione 5, prevede anche la definizione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere che accompagni e incentivi le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il gap di genere in alcune dimensioni che incidono sulla qualità del lavoro. L’idea sottostante all’investimento è la creazione di un sistema di monitoraggio sullo stato e le condizioni di lavoro di uomini e donne all’interno dei luoghi di lavoro, con l’obiettivo di coinvolgere imprese di tutte le dimensioni, incentivando particolarmente la certificazione per imprese di medie, piccole e micro-dimensioni. L’intervento ha quindi lo scopo di assicurare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ridurre quei gap qualitativi che ancora sfavoriscono le donne nel lavoro (gender pay gap, segregazione orizzontale e verticale). Così come per altri investimenti è prevista una precisa timeline che prevede entro dicembre 2022 l’effettiva entrata in vigore del sistema di Certificazione della parità di genere e dei relativi meccanismi di incentivo per le imprese (opportunità di crescita per le donne, parità di retribuzione, politiche di gestione per la diversità di genere, protezione della maternità) ed entro dicembre 2026 almeno 800 piccole e medie imprese certificate e 1.000 aziende che ricevono le agevolazioni.
 
Allo stato attuale il sistema è in fase di avvio ed è supportato da una cornice normativa in via di definizione. La prima norma di riferimento è la legge 5 dicembre 2021, n. 162, che modifica il codice delle pari opportunità, istituito nel 1991, già riformato nel 2006, con il decreto legislativo 198 del 2006, e introduce la certificazione della parità di genere. Questo primo riferimento normativo colloca il tema della certificazione della parità di genere nel quadro più ampio del nostro ordinamento del codice delle pari opportunità, questa diviene dunque uno strumento aggiuntivo all’interno di un quadro legislativo che già prevedeva una rete istituzionale di sostegno per la promozione delle pari opportunità. Più precisamente il sistema della certificazione della parità di genere viene disciplinato aggiungendo all’articolo 46 del codice delle pari opportunità l’articolo 46 bis che istituisce appunto la certificazione della parità di genere prevista dal PNRR. Questo articolo inserito nel codice delle pari opportunità rimanda a una implementazione di decreti attuativi e a successivi decreti del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per le pari opportunità di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dello sviluppo economico, che dovranno andare a definire tutta una serie di aspetti attuatori di questo istituto: a) in primo luogo la definizione dei parametri minimi per il conseguimento della certificazione che devono riguardare come minimo la (retribuzione corrisposta, progressione in carriera, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro); b) le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati che sono trasmessi dai datori di lavoro e poi resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali; c) le modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali da un lato e dall’altro lato delle consigliere e dei consiglieri di parità; d) le forme di pubblicità della certificazione. La normativa crea dunque una rete complessa di rapporti tra diversi soggetti coinvolti, prevendendo anche un ruolo per le rappresentanze sindacali. L’articolo 5 legge 162 del 2021, specifica poi i vantaggi conseguibili dalle imprese attraverso la certificazione della parità di genere, che consentirà di ottenere un esonero contributivo in misura non superiore all’1 per cento e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda e poi di ottenere un punteggio premiale nella partecipazione per bandi e fondi europei, nazionali e regionali. Quindi l’esecuzione della certificazione consente di ottenere dei vantaggi. La Legge 30 dicembre 2021, n. 234, legge di bilancio per il 2022, incrementando la dotazione del Fondo per il sostegno della parità salariale di genere (fondo che già istituito presso il Ministero del Lavoro con la legge di Bilancio 2021), stanzia risorse utilizzabili proprio per l’acquisizione della certificazione da parte delle imprese. E inoltre istituisce un ulteriore fondo, per tutte quelle attività di formazione che si riveleranno propedeutiche all’ottenimento della certificazione di parità di genere.
 
Attualmente, dunque, la certificazione della parità di genere è un dispositivo non pienamente operativo, perché mancano i decreti attuativi. Nel frattempo però, si è mosso il settore della normazione tecnica privata UNI che ha pubblicato la prassi 125:2022, che ha definito un primo quadro di standard di riferimento che potranno essere utilizzati per la certificazione della parità di genere. Nel dettaglio la prassi UNI, al fine di misurare l’efficacia delle azioni intraprese dall’organizzazione per creare un ambiente di lavoro inclusivo delle diversità, ha elaborato un insieme di indicatori suddivisi in 6 aree (cultura e strategia, governance, processi HR, opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro).
 
In conclusione, con la disamina fin qui condotta si può asserire che il PNRR, almeno dalle intenzionalità dichiarate e dai primi passi di implementazione, se ben gestito e se le tappe di sviluppo verranno rispettate apporterà dei miglioramenti non soltanto dal punto di vista del raggiungimento di una parità di genere ma anche del rafforzamento di un sistema istituzionale nel quale diversi attori che si occupano del tema (parti sociali, consigliere di parità, aziende) potranno dialogare consapevolmente condividendo buone pratiche e rispettive conoscenze.
 
Stefania Negri

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@StefaniaNegri6

PNRR e parità di genere: le principali misure e l’attuale livello di implementazione
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