Per una nuova politica industriale e del lavoro: al via la riforma degli Istituti Tecnologici Superiori, le ITS Academy

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Bollettino speciale ADAPT 13 luglio 2022, n. 2
 
È stata approvata lunedì dalla Camera dei Deputati la “riforma” del sistema ITS italiano, senza che venissero introdotte modifiche al testo già approvato, lo scorso maggio, da parte del Senato. Una delle principali riforme per quanto riguarda la Missione 4 del PNRR (Istruzione e Ricerca) vede così la luce.
 
Ad essa – e in generale al sistema ITS, acronimo che da oggi sta a rappresentare non più gli Istituti “Tecnici”, ma “Tecnologici” superiori (ITS Academy) – è dedicato questo Bollettino Speciale ADAPT. Dell’importanza del tema è già stata ribadita in molte occasioni, e la convergenza politica che ha accompagnato il processo di stesura della legge indica chiaramente quanto la strategicità di questo segmento formativo terziario professionalizzante sia ampiamente riconosciuta. Le 121 Fondazioni operative in Italia, che erogano 833 corsi biennali – più raramente triennali – per 21.144 studenti, anche grazie al coinvolgimento di 3.100 partner (di cui 1.247 imprese e 139 associazioni di imprese – per approfondire questi dati si veda A. Zuccaro (a cura di) Istituti Tecnici Superiori – Monitoraggio 2022, INDIRE, Firenze, 2022) realizzano percorsi professionalizzanti capaci di costruire figure ibride, in grado di coniugare profonde conoscenze teoriche con competenze pratiche maturate a diretto contatto con il mondo del lavoro. Figure coerenti con i fabbisogni espressi dalle imprese, e decisive per realizzare le transizioni gemelle (green e digitale) e in generale per accompagnare i processi di trasformazione aziendale e di sviluppo produttivo del Paese. Non stupiscono quindi i tassi di occupazione a 12 mesi degli studenti ITS dal conseguimento del titolo particolarmente elevati (superiori all’80% nella maggior dei parti dei casi), e neanche l’alto tasso di coerenza – 91% – tra quanto i diplomati apprendono durante il loro percorso e i ruoli che si trovano poi a svolgere. Numeri che permettono di intuire l’importanza degli ITS, nel rispondere simultaneamente ai bisogni dei giovani – che grazie ad essi accedono a percorsi di carriera di qualità – e delle imprese – che affrontano così i pericolosi rischi del c.d. skills mismatch e in generale collaborano alla costruzione di nuovi mestieri e nuove competenze.
 
Le virgolette, parlando di questa “riforma”, sono obbligate perché il suo obiettivo prevalente è quello di sistematizzare i tanti, diversi decreti che fino ad oggi hanno regolato il sistema ITS. D’altra parte, è possibile ritrovare anche alcune modifiche sostanziali al sistema che ne ridisegneranno l’assetto nel prossimo futuro. Per l’approfondimento del testo di legge approvato si rimanda ad un articolo di dettaglio (M. Colombo, G. Impellizzieri, G. Machì, Approvata la “riforma” del sistema ITS. Una lettura ragionata), grazie al quale è possibile tratteggiare la fisionomia del “nuovo” sistema ITS. Allo stesso tempo, è importante sottolineare come molto dipenderà dall’attuazione di ben 17 decreti a cui la legge demanda la definizione di elementi assolutamente non secondari, come le nuove aree tecnologiche, i criteri per la progettazione di percorsi ITS triennali, i requisiti per l’accreditamento delle Fondazioni, il raccordo con il sistema universitario. È quindi ancora presto per un giudizio completo della riforma, anche se è possibile immaginare alcune prospettive evolutive, alla luce del testo approvato ma anche delle numerose riflessioni ed esperienze che trovate raccolte in questo Bollettino.
 
Un primo elemento su quale è opportuno soffermarsi riguarda il ruolo e il senso dei percorsi ITS. Non si tratta di “semplici” percorsi di formazione professionalizzante, da pensare quale naturale prosieguo degli studi per i giovani che scelgono di non continuare gli studi a livello accademico: essi sono invece veri e propri luoghi per la progettazione partecipata (da istituzioni formative, parti sociali, imprese, centri di ricerca, università) di nuovi mestieri e di competenze abilitanti, di figure ibride capaci di favorire la propagazione dell’innovazione grazie alle conoscenze che “portano” nei diversi contesti aziendali. Diversi contributi di Federico Butera (F. Butera, ITS Academy come sistema di formazione terziaria di livello europeo: la nuova legge e la gestione del cambiamento che parta dalle eccellenze italiane, e F. Butera, Competenze, ruoli, mestieri e professioni tecniche: il ruolo dell’ITS) aiutano ad approfondire come gli ITS possono progettare figure “a banda larga”, capaci di affrontare le sfide poste dalle trasformazioni del lavoro. Non solamente un segmento dei sistemi formativi italiani, quindi, ma piattaforme progettuali per la costruzione di nuove competenze coerenti con i grandi trend di cambiamento in atto e con i fabbisogni locali, luoghi di formazione ma anche di innovazione e ricerca che possono favorire il trasferimento tecnologico. La riforma approvata riconosce l’importanza di tale logica progettuale e della governance reticolare che contraddistingue le Fondazioni, preservandone l’autonomia (ad esempio rinunciando ad imporre docenze provenienti dal sistema dell’istruzione e la responsabilità delle Fondazioni in capo a dirigenti scolastici, come in un precedente versione del testo), pur centralizzando alcuni processi che sarebbe stato bene assegnare a istituzioni “di prossimità”, meglio equipaggiate per dialogare con le Fondazioni senza ridurne l’originalità a schemi astratti stabiliti dall’alto (ad esempio per quanto riguarda i percorsi ITS triennali).
 
Gli ITS, se intesi nel senso ora richiamato, diventano snodi cruciali per ogni politica industriale e del lavoro che voglia puntare sul connubio tra investimenti in tecnologie e nuovi modelli organizzativi, e congiuntamente, sullo sviluppo di processi di formazione e di riqualificazione per il governo di tali processi innovativi. È il caso di alcuni (invero limitati) fondi assegnati dal “vecchio” Piano Industria 4.0 per la progettazione di percorsi ITS finalizzati a costruire professionalità dotate di competenze abilitanti, una sperimentazione approfondita – con riferimento al contesto lombardo – nella ricerca di ADAPT e Confindustria Lombardia dal titolo Gli ITS lombardi e il Piano di Sviluppo nazionale Industria 4.0. Questa integrazione sperimentale tra investimenti in capitale tecnologico e capitale umano andrebbe replicata nel Piano Transizione 4.0 previsto dal PNRR, al fine di favorire una adozione diffusa di nuove tecnologie, strumenti e metodi di lavoro, impossibile senza la disponibilità di lavoratori dotati di giuste competenze. È quella che in letteratura viene chiamata la “capacità di assorbimento” aziendale, la capacità cioè di un’impresa di tradurre nel proprio contesto lavorativo le innovazioni presenti sul mercato: una sfida, come anticipato, impossibile senza adeguati investimenti nel capitale umano. L’auspicio è che la riforma approvata possa favorire la sinergia con altre strategie nazionali, in primis con le politiche industriali legate alla doppia transizione verde e digitale: le politiche formative devono essere oggi al centro delle politiche del lavoro, e non un loro corollario residuale. Il riferimento alle “aree tecnologiche considerate strategiche nell’ambito delle politiche di sviluppo industriale e tecnologico e di riconversione ecologica” di cui all’articolo 3 della legge e la volontà – invero forse eccessiva – di coinvolgere quasi tutti i ministeri nell’ambito del Comitato nazionale ex art. 10 sembrano comprovare tale lettura da parte del Legislatore.
 
La riforma conferma la centralità del lavoro quale spazio di apprendimento di pari dignità rispetto alla tradizionale docenza d’aula, tanto da aumentare la percentuale di ore di stage obbligatorio e le ore assegnate a docenti provenienti dal mondo del lavoro. Ma l’innovazione didattica che caratterizza molti ITS non si limita alla previsione di una costante integrazione tra percorsi d’aula ed esperienze “al lavoro”, ma ricomprende anche le docenze “tradizionali”, dove vengono adottate numerose metodologie innovative: dalla didattica laboratoriale 4.0 al design thinking, dai project work alla flipped classoroom, solo per citarne alcuni. Tale creatività, che è possibile approfondire grazie al contributo di Luisa Aiello, Paolo Carnazza, e Antonella Zuccaro, Le tecnologie 4.0 nei percorsi degli Istituti Tecnici Superiori: un’indagine ad hoc contraddistingue e dovrà contraddistinguere anche in futuro la didattica ITS: un nuovo modo di lavorare richiede anche un nuovo modo di pensare, che a sua volta è possibile solo grazie ad un nuovo modo di concepire – e concretamente realizzare – le attività formative. Per questo motivo non si può non pensare, anche in ottica di complementarità, all’investimento da 1,5 miliardi previsto dal PNRR a favore del sistema ITS finalizzato, tra l’altro, al “potenziamento dei laboratori con tecnologie 4.0” e alla “formazione dei docenti perché siano in grado di adattare i programmi formativi ai fabbisogni delle aziende locali”.
 
La riforma, rispetto alla precedente versione approvata l’anno scorso alla Camera ma poi stralciata al Senato (per approfondirla si veda M. Colombo, E. Massagli, A proposito della “riforma” di ITS e IFTS: un primo commento), non menziona gli IFTS, se non per ribadire il mancato intervento su tali percorsi (art. 14, c. 7). Un vero e proprio sistema professionalizzante richiede però la presenza di una filiera che dai percorsi triennali e quadriennali di Istruzione e Formazione Professionale arrivi fino agli ITS (e oltre, eventualmente): l’anello di congiunzione tra questi livelli sono proprio i percorsi IFTS, ad oggi, però, scarsamente diffusi. Dal loro rafforzamento (e magari da una “riforma” dedicata) passa però la possibilità di realizzare nel nostro Paese una vera e propria filiera professionalizzante, alternativa ma non subalterna all’istruzione generale e all’istruzione accademica.
 
Purtroppo, gli ITS sono ancora poco conosciuti. La sola lettura delle riforme e delle analisi scientifiche condivise non può restituire tutta la ricchezza e l’originalità di questo mondo: per questo motivo, da tempo abbiamo cercato di approfondire concrete esperienze di corsi ITS, grazie ad articoli dedicati (ad esempio l’esperienza dell’ITS Rizzoli di Milano, dello IATH di Como, dell’ITS Lombardo Mobilità Sostenibile di Varese, dell’ITS Tech Talent Factory di Milano), che ne raccontano le principali caratteristiche didattiche e organizzative. Solo “toccando con mano” grazie a queste testimonianze il mondo ITS è possibile convincersi, in via definitiva, della sua importanza per l’intero Paese.
 
In conclusione, una nota negativa della riforma approvata riguarda il poco – se non nullo – spazio riconosciuto alle Parti Sociali. Eppure, proprio la rappresentanza potrebbe essere un attore decisivo per l’affermazione del sistema ITS, nella prospettiva evolutiva qui richiamata, come snodo centrale per la progettazione congiunta di politiche industriali, politiche del lavoro e politiche formative, anche grazie ad un sistemico raccordo tra competenze, sistemi di classificazione e inquadramento, valorizzazione delle risorse della bilateralità per l’anticipazione dei fabbisogni e il loro monitoraggio, coinvolgimento delle imprese di più limitate dimensioni, nonché grazie all’integrazione con altri istituti come l’apprendistato e al coinvolgimento dei fondi paritetici.
 
Alcune sperimentazioni sono già in atto: ad esempio nel settore chimico farmaceutico, quello alimentare, quello metalmeccanico, e quello turistico alberghiero. In queste realtà associazioni datoriali e sindacati stiano lavorando congiuntamente per fare del sistema ITS uno spazio di innovazione per la costruzione sociale di nuovi mestieri e competenze. L’auspicio è che questa opera di raccordo continui e si amplifichi, a partire dai territori e secondo una logica di prossimità che, forse, può risultare ancora più decisiva di ogni nuova legge.
 
Matteo Colombo

ADAPT Senior Research Fellow

@colombo_mat
 
Gaetano Machì

Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@gaetanomachi

Per una nuova politica industriale e del lavoro: al via la riforma degli Istituti Tecnologici Superiori, le ITS Academy
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