Partecipazione dei lavoratori: lo strano caso dell’articolo 9-bis nel CCNL Metalmeccanici

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Bollettino speciale ADAPT 25 febbraio 2021, n. 1

 

Sono tanti i temi affrontati dall’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL Metalmeccanici, sottoscritta lo scorso 5 febbraio. Molti di questi sono già stati discussi e celebrati anche sui media: l’aumento salariale, la riforma dell’inquadramento, l’innalzamento della contribuzione versata alla previdenza complementare per gli under 35, l’attenzione alle donne vittime di violenza, il potenziamento della formazione professionale. Sono invece passati quasi del tutto inosservati i paragrafi dedicati alle relazioni industriali e alla partecipazione dei lavoratori alla vita di impresa, che pure mirano a rispondere, al pari delle altre materie, a sfide importanti per il mondo del lavoro.

 

Con gli accorgimenti apportati alla Sezione Prima del CCNL, tra cui l’abbassamento della soglia dimensionale per la costituzione dei Comitati consultivi di partecipazione e delle Commissioni per la formazione professionale, la recente ipotesi di accordo conferma il ruolo della RSU all’interno degli organismi bilaterali per l’informazione e la consultazione su alcuni aspetti strategici e gestionali. Mentre una veste inedita nell’ambito delle questioni produttive e operative, inerenti alla quotidianità aziendale, è attribuita alla rappresentanza sindacale dal nuovo articolo 9-bis.

 

Nell’ottica di migliorare la funzionalità organizzativa e rispondere in maniera immediata e tempestiva alle diverse problematiche che possono turbare l’operatività aziendale, la nuova norma propone infatti, su scelta libera di azienda e rappresentanze, la sperimentazione di un modello di relazioni industriali fondato sulla condivisione all’origine degli obiettivi e sulla continua interazione tra le parti coinvolte. Gruppi di lavoro inter-funzionali, finalizzati alla discussione di temi come l’innovazione e il miglioramento continuo, sono pensati come luogo in cui concretizzare questa proposta evolutiva delle relazioni industriali in azienda, che potrà essere esplicitata in un apposito Protocollo sulla partecipazione. All’interno dei gruppi di lavoro si intende valorizzare la partecipazione diretta dei lavoratori ma al contempo garantire la presenza di almeno un componente della RSU.

 

Con la nuova ipotesi di accordo, si produrrebbe allora un ampliamento del tradizionale campo di influenza della rappresentanza sindacale, che tuttavia non si dirige verso l’“alto”, il livello delle strategie di impresa (come chiesto dai sindacati nella loro piattaforma), quanto piuttosto verso il “basso”, il piano dell’operatività aziendale. Si tratta di un ambito, quest’ultimo, che secondo la definizione proposta da Guido Baglioni, investe il governo quotidiano dell’organizzazione e le scelte connesse a problemi e miglioramenti di singole unità produttive e che guardando alla letteratura sociologica e di relazioni industriali, costituirebbe il terreno abituale della partecipazione diretta, e non di quella rappresentativa.

 

Una spiegazione di come si sia arrivati all’inclusione della rappresentanza nello spazio riservato al coinvolgimento dei singoli lavoratori, può provenire dalla lettura della piattaforma sindacale diffusa a luglio 2019 e dall’articolata proposta datoriale avanzata lo scorso novembre. A fronte della richiesta dei sindacati di un potenziamento dei Comitati consultivi di partecipazione verso il piano della governance aziendale e di un’estensione dei diritti di informazione e consultazione, Federmeccanica e Assistal rispondono con la proposta di semplificare i rituali e le strutture (commissioni, comitati, RSU) per il dialogo tra le parti, valorizzando un metodo di confronto snello e funzionale, che attraverso l’operatività di gruppi di lavoro dovrebbe portare al superamento delle vecchie procedure per l’informazione e la consultazione previste dal CCNL. Il compromesso tra le diverse posizioni, sancito lo scorso 5 febbraio, sembra allora raggiungersi da un lato, con la conservazione dei tradizionali organismi consultivi e dall’altro, con l’accoglimento della proposta datoriale di un modello sperimentale di partecipazione alla vita di impresa, che vedrebbe RSU, lavoratori e responsabili aziendali all’interno di team inter-funzionali con finalità produttive od organizzative.

 

Il ricorso frequente, all’interno del nuovo articolo 9-bis, a termini e immagini che richiamano il lavoro di gruppo e il coinvolgimento e la responsabilità dei singoli testimoniano l’influenza sugli attori negoziali dei moderni metodi di produzione e organizzazione del lavoro, ispirati ai sistemi lean. Anche se non ci pare ancora del tutto chiaro fino a che punto questi modelli organizzativi condizioneranno gli obiettivi e le attività dei gruppi di lavoro inter-funzionali: se si tratterà perlopiù di prendere a prestito espressioni e principi guida dal campo manageriale, concependo i gruppi inter-funzionali comunque alla stregua di organismi bilaterali per il confronto sindacale, o se si cercherà effettivamente di portare le relazioni industriali, attraverso la presenza della RSU nei team, dentro le dinamiche quotidiane del miglioramento continuo. A questo proposito, sarebbe interessante chiedere agli ingegneri gestionali e agli esperti di organizzazione aziendale che impatto prevedono sui risultati di performance dell’eventuale contaminazione delle strutture della produzione snella da parte degli attori delle relazioni industriali.

 

Da un punto di vista più strettamente sindacale, però, il percorso e poi l’esito della trattativa nazionale dei metalmeccanici offrono l’occasione per riprendere il tema, ormai largamente dibattuto in letteratura, dell’interazione tra partecipazione diretta e rappresentativa nei moderni contesti produttivi. In altre parole, dalla crisi dei sistemi tayloristi di produzione e il passaggio al cosiddetto post-fordismo, ci si è chiesti a più riprese se il ruolo della rappresentanza sindacale potesse essere minacciato o comunque impattato dal crescente interesse manageriale verso il coinvolgimento, l’autonomia e la responsabilizzazione dei singoli lavoratori nell’organizzazione dei processi produttivi. A ben vedere, una parziale risposta a questi interrogativi ci è già stata offerta in Italia dalle diverse pratiche negoziali che soprattutto a partire dalla legge di bilancio per il 2016, con la previsione di incentivi fiscali e poi anche contributivi, hanno dato avvio a progetti di partecipazione diretta dei lavoratori. All’interno di queste sperimentazioni, che hanno coinvolto anche aziende della meccanica, la RSU non ha soltanto agito come soggetto negoziale, firmatario delle intese, ma è stata spesso anche inserita, insieme a responsabili aziendali, sindacalisti territoriali e consulenti esterni, in organismi o comitati guida, preposti alla progettazione e al monitoraggio della funzionalità dei team di lavoro o gruppi per il miglioramento continuo: questi ultimi composti però, nella maggioranza dei casi, da soli lavoratori e rappresentanti delle diverse funzioni aziendali. Pur nell’ambito di un medesimo percorso di innovazione condivisa, quindi, partecipazione diretta e rappresentativa hanno tendenzialmente agito in strutture distinte e con distinte funzioni.

 

L’ipotesi di rinnovo nazionale, con l’inclusione della RSU nei gruppi di lavoro, sembra invece proporci una soluzione diversa che può essere letta sia ottimisticamente, come un maggior intervento della rappresentanza sindacale nel campo dell’operatività aziendale, che più maliziosamente, come una crescente commistione, non priva di effetti sulle reciproche identità e funzioni, tra partecipazione diretta e rappresentativa nelle relazioni di lavoro. Segno che il rapporto tra queste due forme di partecipazione è un tema tutt’altro che risolto e che anzi, nel prossimo futuro, si preannuncia centrale tanto per la competitività delle imprese quanto per l’evoluzione delle relazioni industriali.

 

Ilaria Armaroli

ADAPT Research Fellow

@ilaria_armaroli

 

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