Nuovo rapporto Eurofound: lo stato dell’arte delle relazioni industriali nell’Unione Europea

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Bollettino ADAPT 22 gennaio 2024, n. 3
 
Lo scorso 5 dicembre è stato pubblicato da Eurofound un rapporto intitolato Measuring key dimensions of industrial relations and industrial democracy, che si pone l’obiettivo di (1) aggiornare gli indici, elaborati dalla medesima agenzia nel 2018, delle quattro dimensioni chiave (democrazia industriale, competitività industriale, giustizia sociale, qualità del lavoro e dell’occupazione); (2) sviluppare un’analisi dell’indice di democrazia industriale per il periodo che va dal 2008 al 2021, con una particolare attenzione all’aspetto della convergenza dei sistemi industriali nazionali con l’Unione Europea; (3) aggiornare il sistema di classificazione delle relazioni industriali per contribuire all’analisi transnazionale delle tendenze evolutive dal 2008 al 2021.
 
Il contesto politico nel quale è stato realizzato questo rapporto risulta caratterizzato da una forte instabilità economica e socio-politica, a cui le istituzioni europee hanno risposto con il programma NextGenerationEU e con la sospensione fino alla fine del 2023 del Patto di stabilità e crescita.

Per quanto concerne la materia delle relazioni industriali, negli ultimi anni, i principali interventi sono stati due: l’emanazione dell’European Pillar of Social Rights, che riafferma l’impegno per un dialogo sociale bipartito a livello UE, e la direttiva relativa ai salari minimi adeguati nell’Unione Europea (2022/2041), che promuove l’importanza della contrattazione collettiva e riconosce la sua rilevanza nella determinazione dei salari minimi.
 
Primo obiettivo: aggiornamento degli indici
 
Con riguardo al primo obiettivo del report, da una prima analisi dell’indice relativo alle relazioni industriali nel complesso, che equivale alla media degli indici che si vedranno più nel dettaglio di seguito, si nota una situazione abbastanza polarizzata. Tenendo contro della media UE di 49,9 punti, abbiamo cinque Stati (Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Austria, Svezia) con un punteggio superiore a 70, mentre altri tre Stati (Grecia, Bulgaria, Romania) sono sotto i 30 punti. Al di là di questi gruppi che si trovano agli estremi, abbiamo altri sette Paesi (Germania, Lussemburgo, Belgio, Irlanda, Slovenia, Francia, Repubblica Ceca) che si trovano sopra la media, e altri dodici (Estonia, Malta, Lituania, Spagna, Croazia, Lettonia, Italia, Polonia, Slovacchia, Portogallo, Cipro, Ungheria, Grecia) che si trovano sotto.
 
Analizzando le quattro dimensioni chiave si può notare che i paesi che si trovano nei punti più alti e più bassi della classifica appena vista, mantengono le loro posizioni anche negli altri quattro indici, mentre i paesi più vicini alla media UE presentano un maggiore disequilibrio nei loro livelli relativi ai quattro indici chiave.
 
Vediamoli ora più nel dettaglio, partendo con l’indice di democrazia industriale, definita da Eurofound come un processo partecipativo e democratico che comprende il diritto dei datori di lavoro e dei dipendenti di partecipare alla governance dei rapporti di lavoro, direttamente o indirettamente, tramite sindacati, comitati aziendali, delegati sindacali o altre forme di rappresentanza dei lavoratori a qualsiasi livello. Anche qui il grafico restituisce una situazione polarizzata, con cinque Paesi (Austria, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia) con punteggi superiori a 70, e tre Paesi (Estonia, Ungheria e Lettonia) con punteggi inferiori a 35, con una media europea di 53,6. L’Italia si posiziona appena sotto la media (49,9) ma presenta un disequilibrio tra i buoni risultati raggiunti nella associational governance ed un punteggio tra i più bassi per quanto riguarda i diritti dei lavoratori.
 
Il secondo indice chiave è quello relativo alla competitività industriale, che è la capacità di un’economia di ottenere tra i suoi attori economici, incluse le piccole e medie imprese, un tasso costantemente alto di crescita della produttività e di buone prestazioni (Eurofound, 2018a). Sotto questo aspetto la situazione appare meno polarizzata, fatte salve le ultime due posizioni, occupate da Romania e Bulgaria, con risultati nettamente inferiori alla media (rispettivamente 20,8 e 18,7 a fronte di una media di 49,9). Anche qui l’Italia, pur ottenendo un risultato superiore alla media (50,9), mostra un disequilibrio tra le due componenti della competitività industriale, con un punteggio molto alto nell’efficienza e sofisticatezza delle risorse ed un punteggio molto basso nella crescita inclusiva e innovazione.
 
A livello di giustizia sociale, che consiste nella distribuzione equa e non discriminatoria delle opportunità e dei risultati all’interno di una società, col fine di rafforzare le capacità di ciascuno per rendere possibile una migliore autodeterminazione ed autorealizzazione (Eurofound, 2018a), a fronte di una media europea di 50,5 punti, ai primi posti, sopra i 70 punti, troviamo Finlandia, Danimarca e Paesi Bassi, mentre agli ultimi posti, sotto i 30 punti, troviamo Spagna, Romania e Grecia. L’Italia si trova al quartultimo posto con un punteggio di 30,4 e presenta un livello particolarmente basso di pari opportunità in campo educativo (25,7 a fronte di una media UE di 58,1).
 
Infine, per quanto riguarda l’indice relativo alla qualità del lavoro e impiego, definito come l’insieme delle condizioni d’impiego e di lavoro che garantiscono carriera e sicurezza d’impiego, salute e benessere, una buona conciliazione vita-lavoro, e l’opportunità di sviluppare competenze durante il corso della vita (Eurofound, 2002, 2016), con una media europea di 48,1 punti, ai primi posti, sopra i 70, ci sono Lussemburgo e Austria, mentre agli ultimi, sotto i 30, Italia, Cipro, Slovacchia, Grecia. Due aspetti sono interessanti da evidenziare. Il primo è che tra i primi cinque Paesi Austria, Germania e Paesi Bassi presentano un basso punteggio nel parametro dell’orario di lavoro e differenza di genere; il secondo è che il paese con il miglior punteggio assoluto in termini di qualità del lavoro, ovvero la Romania, è anche il secondo paese con il peggior risultato nella sicurezza occupazionale e competenze.
 
Industrial Relations Index scores, EU and Member States, 2018–2021
 
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Secondo obiettivo: l’indice di democrazia industriale tra il 2008 e il 2021
 
Passiamo ora al secondo obiettivo. Osservato nell’arco del periodo 2008-2021, l’indice di democrazia industriale mostra una leggera divergenza verso l’alto, ossia un piccolo aumento del punteggio medio di EU27, mentre le differenze tra i vari Stati Membri sono rimaste pressoché invariate (tutto ciò come risultato di una leggera divergenza verso il basso nel periodo 2013-2017 e di una leggera convergenza verso l’alto nel periodo successivo).
 
Più nel dettaglio, Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Romania, Slovacchia e Spagna, presentano, tra il 2008 e il 2021, un punteggio relativo all’indice di democrazia industriale abbastanza simile al punteggio medio di EU27.
 
Altri nove paesi stanno convergendo. In particolare, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Portogallo sono partiti con un punteggio più basso rispetto alla media UE ma stanno rapidamente recuperando avvicinandosi alla media. Invece, Danimarca, Paesi Bassi e Slovenia si stanno avvicinando alla media europea perché il loro punteggio, inizialmente più alto, sta diminuendo.
 
I paesi rimanenti stanno divergendo positivamente, nel caso di Austria, Finlandia, Lussemburgo e Svezia, che partivano da un punteggio più alto della media ed hanno continuato a crescere con una velocità maggiore della media europea, o negativamente, nel caso di Ungheria e Malta, che partivano da un punteggio più basso ed hanno continuato a scendere.
 
Industrial Democracy Index scores and absolute variation, by Member State and year range, 2008–2021
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Terzo obiettivo: i modelli di relazioni industriali nell’Unione europea
 
L’ultimo punto che lo studio si preponeva di analizzare era quello relativo alle varie modalità con cui il sistema di relazioni industriali basato sulla democrazia industriale si delinea nei vari Paesi. Sotto questa prospettiva è possibile suddividere gli Stati Membri in quattro gruppi: quelli con un modello di relazioni industriali basato sulla democrazia industriale, caratterizzato da un alto punteggio di democrazia industriale,  da una importante centralizzazione della contrattazione collettiva e da un elevato coinvolgimento delle parti sociali  nella definizione delle politiche; quelli con un modello orientato al mercato, con un punteggio di democrazia industriale molto basso e sistema di contrattazione collettiva decentralizzato e non coordinato e, infine, quelli con un modello incentrato sullo Stato o con un modello incentrato sulle imprese, che presentano un livello intermedio di democrazia industriale. L’Italia appartiene al gruppo degli stati con un sistema di relazioni industriali incentrato sullo Stato, gruppo in cui il livello di copertura della contrattazione collettiva presenta il punteggio più alto ma allo stesso tempo non presenta un buon livello di coordinazione.
 
Industrial democracy clusters, EU27, 2008–2021

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Industrial democracy typology – Scores and absolute variation by cluster, EU27, 2008–2021

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Conclusioni
 
L’analisi dei vari indici mostra che i sei paesi del primo gruppo (Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Paesi Bassi, Svezia) sono anche ai primi posti dell’indice complessivo relativo alle relazioni industriali, degli indici di democrazia e competitività industriale e dell’indice di giustizia sociale. Tutto questo, secondo gli autori, dimostra che buone relazioni industriali possono garantire efficienza, qualità e dialogo.
 
Miriam Brembilla

ADAPT Junior Fellow

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Nuovo rapporto Eurofound: lo stato dell’arte delle relazioni industriali nell’Unione Europea