Non c’è innovazione senza le persone: il contributo di BroadVoice al dibattito sulla partecipazione dei lavoratori

Interventi ADAPT

| di Ilaria Armaroli

Bollettino ADAPT 1 settembre 2025, n. 29

Alla luce dell’approvazione della legge n. 76/2025 in materia di partecipazione dei lavoratori, si sta diffondendo tra gli addetti ai lavori un crescente interesse per il coinvolgimento dei dipendenti nei processi di innovazione, come previsto dal Capo IV della nuova normativa. In particolare, la legge promuove l’istituzione di commissioni paritetiche, composte in egual numero da rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori, con l’obiettivo di contribuire alla definizione di piani di miglioramento e innovazione relativi a prodotti, processi produttivi, servizi e organizzazione del lavoro.

Sebbene il testo di legge non contenga un esplicito riferimento al riguardo, anche la partecipazione diretta dei lavoratori (ovvero il contributo che i singoli o i gruppi di lavoratori possono offrire ai processi decisionali aziendali senza mediazione da parte di rappresentanti) costituisce un elemento fondamentale nei percorsi di innovazione. A sostenerlo non è solo la ricerca scientifica, sia a livello nazionale che internazionale, che sottolinea l’importanza di coinvolgere attivamente le persone nella definizione dei cambiamenti tecnologici e organizzativi che le riguardano. Anche la legge di bilancio italiana, da quasi un decennio, valorizza infatti il coinvolgimento diretto dei lavoratori (o “coinvolgimento paritetico”, secondo il linguaggio normativo), riconoscendo incentivi contributivi sui premi di risultato, a condizione che tali forme di partecipazione siano previste all’interno di un piano di innovazione definito ai sensi di un contratto collettivo.

L’intreccio tra partecipazione diretta e indiretta (o rappresentativa) dei lavoratori – quest’ultima espressa mediante procedure di negoziazione nonché di informazione e consultazione anche nell’ambito di commissioni paritetiche – nei processi di innovazione non costituisce più un’esperienza accidentale di poche imprese moderne e sindacalizzate. Sta diventando, anche nel nostro Paese, una raccomandazione politica sempre più diffusa, sostenuta da crescenti evidenze empiriche sui benefici economici e sociali derivanti dal coordinamento collettivo o sindacale delle pratiche di partecipazione diretta[1]. Tale coordinamento può infatti facilitare l’accettazione del cambiamento tecnologico e organizzativo da parte dei lavoratori, valorizzarne il contributo attivo nelle fasi di transizione, e contribuire a prevenire o mitigare eventuali effetti negativi legati ai percorsi di innovazione.

Ma in che modo relazioni industriali e partecipazione diretta possono integrarsi efficacemente? E quali fattori possono promuovere questa sinergia?

Da tempo, in ADAPT ci confrontiamo con questi interrogativi, sollecitati da imprese e rappresentanti sindacali interessati a esplorare nuove modalità di dialogo e partecipazione. Negli ultimi anni, lo stiamo facendo anche a livello internazionale, nell’ambito del progetto di ricerca BroadVoice – Broadening the spectrum of employee voice in workplace innovation, cofinanziato dalla Commissione europea e condotto da un partenariato internazionale che include, oltre ad ADAPT anche la Cisl nazionale, la Fondazione Tarantelli, l’Università di Amsterdam, l’Università di Lubiana, l’Università tecnologica di Luleå in Svezia, il centro di ricerca irlandese Workplace Innovation Europe e l’Istituto di Filosofia e Sociologia dell’Accademia delle Scienze della Bulgaria. Uno degli ultimi output del progetto sarà un report comparato, all’interno del quale troverà spazio un contributo curato da ADAPT, dedicato specificamente all’interazione tra partecipazione diretta e indiretta nei processi di innovazione.

La nostra analisi si concentra su sei casi aziendali, selezionati tra 24 esperienze rilevate in sei Paesi europei (Bulgaria, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Slovenia e Svezia), nei quali l’integrazione tra partecipazione diretta e rappresentativa si è rivelata particolarmente efficace. I sei casi presi in esame riguardano tre aziende irlandesi, due italiane e una svedese, tutte operanti nel settore manifatturiero.

Nonostante le differenze nei contesti istituzionali nazionali, l’interazione tra partecipazione diretta e rappresentativa in queste realtà presenta alcuni tratti comuni degni di nota:

la costituzione di commissioni o team di lavoro congiunti, composti da responsabili aziendali, rappresentanti sindacali, nonché tecnici e dirigenti di produzione, con il compito di coordinare e monitorare il progetto di innovazione sin dalle fasi iniziali, talvolta contribuendo anche alla definizione dei suoi contenuti;

il coinvolgimento di esperti esterni, a supporto sia delle attività dei team che dell’attuazione dei piani di innovazione;

la progettazione – all’interno dei team stessi e/o attraverso la contrattazione collettiva – di interventi formativi e iniziative di sensibilizzazione e partecipazione diretta dei lavoratori (ad esempio focus group, workshop interattivi, sistemi di raccolta dei suggerimenti, ecc.);

la valutazione congiunta delle azioni partecipative e dell’implementazione dei progetti di innovazione, anche rispetto agli impatti economici e sociali generati.

Con queste caratteristiche, la sinergia tra partecipazione diretta e rappresentanza ha consentito ai piani di innovazione esaminati di generare risultati molto positivi, sia in termini di efficienza organizzativa e produttività, sia di benessere delle persone. Non solo: ha anche ampliato gli spazi di worker voice, permettendo al sindacato di incidere concretamente nella definizione e nel coordinamento dei percorsi di innovazione, e ai lavoratori di contribuire attivamente alla loro attuazione. In diversi casi, ciò ha portato a un vero e proprio cambiamento culturale, migliorando il clima di fiducia tra management e lavoratori, con effetti positivi anche sul piano delle procedure negoziali, che non sono state messe in discussione ma, anzi, rafforzate. A titolo esemplificativo, infatti, nell’impresa irlandese Kirchhoff, in seguito al dialogo congiunto avviato all’interno del comitato paritetico di coordinamento di un progetto di innovazione, le parti hanno deciso di estendere la durata degli accordi aziendali (da 1 a 3 anni e poi fino a 5 anni) per garantire una maggiore stabilità e consentire una pianificazione a più lungo termine. Il nuovo contratto aziendale ha inoltre sancito l’abolizione del precedente sistema di pagamento a cottimo e introdotto un sistema di retribuzione variabile basato su KPI.

Per chi fosse interessato ad approfondire in modo pratico il funzionamento dei team di coordinamento congiunti e il loro ruolo nel promuovere la partecipazione dei lavoratori nei progetti di innovazione, segnaliamo la Roadmap verso il cambiamento positivo, realizzata con il supporto dell’agenzia irlandese Workplace Innovation Europe, partner del progetto BroadVoice. Il documento, ricco di esempi e spunti operativi, è disponibile in diverse lingue nazionali al seguente link: https://workplaceinnovation.eu/roadmap/

Nel report comparato, l’attenzione si è invece concentrata in particolare sull’analisi delle condizioni che, nei sei casi esaminati, hanno reso possibile una virtuosa interazione tra partecipazione diretta e rappresentativa nei processi di innovazione. È emersa, in questo senso, l’importanza del contesto istituzionale e dell’esistenza di politiche di sostegno alla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro nonché al ruolo attivo di quest’ultima nei processi di trasformazione.

Non si tratta solo di diritti di partecipazione sanciti per via legislativa, ma anche di interventi programmatici messi in atto dalle istituzioni governative e dalle parti sociali, con un focus specifico sulla formazione e sulla consulenza rivolta agli attori coinvolti. Tra gli esempi più significativi si possono citare il programma nazionale promosso dalle parti sociali svedesi, The Production Leap, e l’iniziativa del sindacato irlandese SIPTU, che ha istituito un centro di ricerca, formazione e consulenza sull’innovazione aziendale denominato IDEAS. Tali politiche si rivelano particolarmente efficaci non solo perché integrano l’importanza della partecipazione diretta come strumento e, al contempo, come risultato dell’innovazione in azienda, ma anche perché vanno oltre la semplice attribuzione di deleghe e diritti ai rappresentanti dei lavoratori, includendo misure di rafforzamento delle competenze, come la formazione e la consulenza, rivolte sia al sindacato sia al management.

Un ulteriore fattore chiave per una sinergia efficace tra partecipazione diretta e rappresentativa nei processi di innovazione è il presidio e il potere effettivo della rappresentanza nei luoghi di lavoro. In tal senso, la presenza, riscontrata in tutte le buone pratiche esaminate, di un canale unico di rappresentanza dei lavoratori è risultata particolarmente rilevante per garantire il coordinamento tra le strategie sindacali e le azioni dei delegati a livello aziendale. Nei sistemi a doppio canale, la ricerca mostra invece la necessità di un lavoro preliminare per superare eventuali frammentazioni tra i diversi organi di rappresentanza, promuovendone il coordinamento, come già avviene, ad esempio, in Germania[2].

Un altro elemento emerso dalla ricerca è la centralità del settore manifatturiero, che rappresenta il principale ambito in cui si sono sviluppate esperienze positive di interazione tra partecipazione diretta e rappresentativa, presumibilmente anche grazie a una consolidata tradizione di relazioni industriali. Questo dato sollecita una riflessione sull’urgenza di promuovere una presenza più capillare della rappresentanza sindacale e dei canali partecipativi anche in altri settori, con l’obiettivo di estendere tale sinergia all’intero mondo del lavoro.

Infine, il contesto istituzionale può giocare un ruolo determinante anche nel favorire un atteggiamento positivo verso la partecipazione diretta, contribuendo a ridurre il timore di marginalizzazione da parte dei rappresentanti dei lavoratori e a promuovere un clima di cooperazione tra sindacato e impresa nei processi di cambiamento. In assenza di tale clima, sperimentazioni di questo tipo non avrebbero potuto avere luogo.

Il report comparato, a cura di Vassil Kirov (Vicedirettore e Professore Ordinario presso l’Istituto di Filosofia e Sociologia dell’Accademia delle Scienze della Bulgaria) e pubblicato da ADAPT University Press, che include anche l’approfondimento curato da ADAPT qui sinteticamente presentato, sarà disponibile in open access nei prossimi giorni. Vi invitiamo quindi a seguire i nostri canali per restare aggiornati.

L’auspicio è che le evidenze emerse da questa analisi comparata possano offrire un contributo concreto al percorso recentemente avviato dal governo con l’approvazione della legge 76/2025, stimolando nuove iniziative e programmi da parte delle istituzioni pubbliche e delle parti sociali nazionali. La nostra ricerca evidenzia, in particolare, che se l’obiettivo è realmente quello di promuovere l’innovazione aziendale attraverso processi partecipativi e sostenibili, sia sul piano economico che sociale, non ci si può limitare all’introduzione di norme giuridiche e contrattuali. È invece necessario affiancare a queste interventi capillari e operativi volti a rafforzare la presenza della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, insieme alle competenze tecniche e progettuali necessarie (da sviluppare tanto nel sindacato quanto nel management) in tutti i settori della nostra economia.

Ilaria Armaroli

ADAPT Senior Fellow 

X@ilaria_armaroli

[1] Tra le diverse fonti in questo senso, si vedano: Cook, H., MacKenzie, R., & Forde, C. (2020). Union partnership as a facilitator to HRM: Improving implementation through oppositional engagement. The International Journal of Human Resource Management, 31(10), 1262–1284; De Spiegelaere, S., & Van Gyes, G. (2015). Directe participatie als win-win(-win): socio-technische backing. In G. Van Gyes & S. De Spiegelaere (Eds.), De onderneming is van ons allemaal (pp. 127–137). Acco; Looise, K., Torka, N., & Wigboldus, J. E. (2011). Understanding worker participation and organizational performance at the firm level: In search for an integrated model. Advances in Industrial and Labor Relations, 18, 87–113.

[2] A questo proposito si vedano: Bosch, G., & Schmitz‑Kießler, J. (2020). Shaping Industry 4.0 – an experimental approach developed by German trade unions. Transfer: European Review of Labour and Research, 26(2), 189–206; Haipeter, T. (2013). Union renewal and business strategies – Strategic codetermination of works councils and the campaign “Better Not Cheaper” of the German Metalworkers’ Union. International Business Research, 6(3), 40–57.