Bollettino ADAPT 27 gennaio 2025, n. 4
L’assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie oggetto della legge 68/1999 fa parte di un processo nell’ambito del quale tutti i servizi pubblici per il lavoro introducono il cosiddetto “nulla osta”.
Se, però, di effettua una ricerca nel testo della legge 68/1999 o sulle sue norme attuative, ci si accorge dell’assenza totale di una disciplina di tale atto: la legge semplicemente lo ignora, non lo prevede nemmeno implicitamente, né alcuna disposizione avente la natura di legge lascia nemmeno vedere in filigrana che un atto di nulla osta debba precedere l’assunzione volta all’adempimento agli obblighi di copertura delle quote di riserva a carico dei datori.
Si tratta, dunque, nella sostanza dell’introduzione di un atto nell’ambito della fase di assunzione derivante da una prassi amministrativa, anche se in alcune regioni detta prassi risulta disciplinata in vario modo con atti generali aventi natura diversa: delibere di giunta regionale, regolamenti, linee guida e altro.
Il nulla osta è, tuttavia, uscito dalla zona d’ombra della “prassi” per opera del Decreto del Ministero del Lavoro 43/2022, di approvazione delle Linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità.
Nell’ambito del Paragrafo 4.1. delle Linee guida, troviamo, infatti, una definizione del nulla osta: “è un provvedimento rilasciato dal servizio competente che ha lo scopo di riconoscere preventivamente l’assunzione che ne segue in assolvimento della quota d’obbligo per il datore di lavoro ai sensi della legge 68/1999”.
Senza entrare nel merito dei dubbi che possa suscitare l’introduzione di un adempimento nella fase di assunzione da parte di una fonte giuridica di natura secondaria, quale un decreto ministeriale, e provando a risolvere il problema della legittimità della fonte alla luce della possibilità di qualificare tale decreto come “regolamento indipendente”, come tale capace introdurre nell’ordinamento regole non specificate dalle fonti primarie, resta il problema dell’esatta individuazione e qualificazione della natura giuridica del nulla osta.
In premessa, occorre ricordare che secondo la dottrina amministrativa, sotto la denominazione “nulla osta” si qualificano:
1. provvedimenti che la PA rivolge ai destinatari della propria attività amministrativa, nella realtà aventi funzione di autorizzazione o, comunque, di ampliamento della sfera giuridica, alla stregua di permessi, concessioni o altra denominazione per analoghi istituti;
2. provvedimenti endoprocedimentali, che un organo di un’amministrazione rivolga ad altro organo della medesima amministrazione o di altra amministrazione, con cui si afferma l’inesistenza di ostacoli giuridici e procedimentali ad adottare un provvedimento finale.
Va escluso che il nulla osta relativo all’assunzione di disabili possa rientrare in nessuna delle due categorie di provvedimenti indicata poco sopra.
Di certo non si tratta di provvedimenti endoprocedimentali tra amministrazioni pubbliche. Ma il nulla osta connesso agli adempimenti previsti dalla legge 68/1999 non ha alcuna natura di autorizzazione o ampliamento della sfera giuridica, per una ragione evidentissima: i datori di lavoro, tanto privati quanto pubblici (questi ultimi ovviamente irregimentati nelle modalità di reclutamento concorsuali pubbliche) sono del tutto liberi di assumere, senza che si frapponga all’esercizio di tale libertà nessuna autorizzazione preventiva.
Infatti, il DM 43/2022 citato antepone alla definizione di “nulla osta” ivi contenuta la ratio di tale atto: “L’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 151/2015 è intervenuto sulle modalità di adempimento dell’obbligo di assunzione delle persone con disabilità previsto dall’articolo 3 della legge 68/1999, ponendo la richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti quale regola generale per l’assunzione delle persone con disabilità da parte dei datori di lavoro privati. Le rilevazioni effettuate sullo stato di attuazione della normativa nel 2018 sottolineano come la richiesta nominativa rappresenti oltre l’85% degli avviamenti complessivi nel corso dell’anno. Di questi, solo il 9% è stato accompagnato da una richiesta di preselezione da parte dei datori di lavoro, con una conseguente scelta di nominativi effettuata dai servizi competenti. In questa fase del processo di inserimento lavorativo, gli operatori del collocamento mirato non intervengono direttamente nelle procedure di intermediazione per il 76% degli avviamenti. Si precisa, inoltre, che molte informazioni sulle assunzioni con richiesta nominativa non transitano attraverso i servizi, pertanto, si ritiene opportuno recuperare le informazioni dai nulla osta”.
In sostanza, si evidenzia la mancanza di un sistema efficace di tracciamento del processo di assunzione dalle liste della legge 68/1999, al quale si cerca di porre rimedio recuperando, appunto, informazioni.
Il quale, come visto prima, ai sensi del citato DM non ha alcuna funzione di condizionare la validità dell’assunzione del disabile, ma esclusivamente quella di riconoscere “preventivamente” l’assunzione ad esso collegata e successiva come funzionale ad assolvere la quota d’obbligo.
Dunque, per quanto il DM e la prassi qualifichino tale atto come “nulla osta”, a ben vedere si tratta esclusivamente di un atto avente una duplice funzione:
1. fornire alle banche dati informazioni volte a tracciare le assunzioni connesse all’adempimento agli obblighi della legge 68/1999;
2. permettere, contestualmente, di “imputare” l’assunzione effettuata da un datore all’assolvimento della o di una delle quote d’obbligo cui è soggetto.
Tra l’altro, si nota che il DM ritiene di riferire l’emanazione del nulla osta alle sole ipotesi di assunzioni a seguito di richiesta nominativa: “Il rilascio del nulla osta rappresenta, nel caso delle assunzioni tramite richiesta nominativa, l’opportunità di verificare l’avvenuta adozione, da parte del datore di lavoro, degli interventi utili a conciliare le caratteristiche della persona con il posto di lavoro previsto in azienda”.
Infatti, proseguendo, il DM considera che tra gli elementi essenziali della domanda di richiesta di nulla osta vi sia “il riferimento al giudizio di idoneità alla mansione rilasciato dal medico competente aziendale con l’indicazione di eventuali limitazioni”, da riportare poi nel nulla osta medesimo.
Il nulla osta, quindi, non è lo strumento mediante il quale i servizi competenti impongono al datore di porre in essere modalità di conciliazione tra disabilità ed attività lavorativa: queste modalità restano pur sempre oggetto dell’autonomia datoriale. Semmai, il nulla osta rende esplicito come il datore di lavoro intenda intervenire per garantire tale conciliazione.
Poiché il datore resta in ogni caso libero di assumere, i servizi pubblici competenti non potrebbero certo denegare il nulla osta, motivando ciò con la mancata condivisione sul modo col quale il datore intenda conciliare le caratteristiche del lavoratore col posto di lavoro previsto in azienda.
In ogni caso, tale diniego non avrebbe alcun particolare effetto, poiché non potrebbe certo impedire all’azienda di effettuare l’assunzione.
Unico effetto dell’espressione del nulla osta è quello di certificare che l’assunzione posta in essere dal datore è utile ai fini dell’assolvimento della quota.
E’, allora, sulla base di questa osservazione necessario osservare che il provvedimento in argomento è stato maldefinito sia dalla prassi, sia dal DM43/2022. Poiché non si tratta di un atto di ampliamento della sfera giuridica del datore, di concessione o autorizzazione ad assumere, esso altro non è se non un atto ricognitivo, attinente ad una funzione latu sensu “notarile” dei servizi pubblici per il lavoro, che con il nulla osta creano un legame diretto tra assunzione del disabile ed assolvimento all’obbligo.
Più che di un nulla osta, quindi, si tratta di una certificazione o di una dichiarazione con la quale il servizio competente afferma di considerare l’assunzione effettuata utile ai fini dell’assolvimento della quota d’obbligo dell’assenza.
Parendo necessario inquadrare in tal modo il “nulla osta”, occorre allora chiedersi:
1. se sia necessario nel caso di avviamenti da graduatoria, la cosiddetta chiamata “numerica”;
2. cosa accada nel caso di assunzione non preceduta da nulla osta;
3. cosa accada nel caso di diniego di nulla osta.
L’avvio mediante chiamata da graduatoria ha natura in qualche modo autoritativa. A differenza della richiesta nominativa, non si attiva tra datore e servizi competenti una negoziazione su mansioni e, soprattutto, conciliazione nel dettaglio tra persona da assumere ed attività lavorativa. Una volta concordata la mansione, i servizi competenti avviano i lavoratori necessariamente nel rispetto della graduatoria ed al datore non è dato modo di assumere persona diversa da quella avviata, dovendo, invece, necessariamente adoperarsi per garantire tutte le misure necessarie per adeguare postazione ed attività lavorativa alle caratteristiche personali della persona avviata.
Poiché l’avviamento numerico avviene, nella sostanza, d’imperio, il nulla osta non ha molto senso: è il provvedimento col quale i servizi avviano la persona al datore a seguito della “numerica” ad assolvere alle funzioni che il nulla osta svolge, cioè tracciare il collegamento tra assunzione effettuata ed adempimento all’obbligo.
Il secondo problema che si pone riguarda un’assunzione operata dal datore “in autonomia”, non scaturente da avviamento numerico, né frutto di un’intermediazione posta in essere dai servizi pubblici per il lavoro o comunque da una collaborazione con essi, non preceduta dalla “richiesta di nulla osta”: quali conseguenze scaturiscono?
Escluso che la mancanza del nulla osta preventivo possa cagionare alcun effetto caducante o inficiante la liceità dell’assunzione, semplicemente questa, in quanto non debitamente segnalata ai servizi competenti mediante la richiesta di nulla osta, non può essere dai servizi tracciata come valevole ai fini dell’assolvimento degli obblighi a carico del datore.
E’, quindi, interesse di questo, in assenza di altri strumenti informativi automatici (la cui auspicabilità è di elevatissimo grado), farsi parte diligente, in modo da richiedere il nulla osta prima di sottoscrivere il contratto di lavoro con l’interessato (o anche di sottoscrivere il contratto di utilizzazione del lavoratore somministrato, nel caso di somministrazione di lavoratore disabile per un periodo di durata superiore ai 12 mesi).
Dovesse, comunque, il datore chiedere tardivamente il nulla osta, nessuna conseguenza sulla liceità dell’assunzione si determinerebbe. Poiché il nulla osta non è condizione di legittimità dell’assunzione, né può configurarsi come autorizzazione ad assumere, il ritardo nella richiesta si risolverà in una tardiva emanazione del nulla osta e, quindi, in un tardivo riconoscimento dell’assolvimento.
In effetti, tale ritardo non comporta alcun particolare problema, tranne l’eccezione dei datori che partecipano ad appalti pubblici. In questo caso, infatti, essi debbono dimostrare alla stazione appaltante il corretto adempimento agli obblighi, che implica il rispetto delle scadenze imposte dalla legge (chiedere l’assunzione entro 60 giorni dalla scopertura) o dalle convenzioni previste dall’articolo 11 della legge 68/1999 o dall’articolo 14 del d.lgs 276/2003. In assenza del nulla osta o di altri metodi di gestione delle informazioni delle azioni svolte dal datore per assolvere gli obblighi, i servizi competenti non potrebbero confermare la dichiarazione sostitutiva presentata in sede di gara dal datore interessato, da riferire con estrema precisione alla data ultima di scadenza della presentazione dell’offerta e delle dichiarazioni allegate.
È da porsi il quesito se i servizi competenti possano emettere un “nulla osta tardivo” riferendolo retroattivamente alla data di assunzione e non alla data di tardiva presentazione della richiesta.
Se il nulla osta avesse funzione autorizzativa o concessoria, non si potrebbe ammettere una sua retroattività. Poiché, invece, ha la funzione specificamente ricognitiva evidenziata sopra, appare possibile che i servizi competenti riconoscano come valevole ai fini dell’assolvimento dell’obbligo anche un’assunzione non preceduta da una preventiva richiesta di nulla osta, a partire dalla data di assunzione, perché in sostanza il datore è da quella data che ha assolto ai propri obblighi.
Ma, ultimo problema, se i servizi competenti ritenessero di non poter emettere il nulla osta? Si pensi, ad esempio, al caso in cui nel corso del processo di avvio da graduatoria, il datore assuma di propria iniziativa un lavoratore disabile diverso da quello che sarebbe avviato scorrendo la graduatoria.
In linea astratta, anche tale assunzione potrebbe considerarsi finalizzata all’assolvimento della quota. Tuttavia, nel caso specifico essa si manifesta come chiara elusione del datore all’obbligo di assumere a seguito dell’avvio da graduatoria (che si attiva, è bene evidenziare, perché il datore è rimasto inerte e non ha proposto per tempo alcuno strumento di adempimento o non ha concordato con i servizi modalità quali le convenzioni o la chiamata nominativa).
In tal caso, allora, i servizi competenti possono e debbono denegare l’emanazione del nulla osta, inteso come riconoscimento dell’assunzione al di fuori del processo di avvio da graduatoria come utile all’assolvimento.
In altre parole, l’assunzione effettuata da quel datore resta pur sempre lecita, ma non sarà considerata valevole per l’assolvimento dell’obbligo. Questo appare l’unico aspetto del “nulla osta” direttamente incidente sul processo di assunzione connesso alla legge 68/1999. Altro esempio può consistere nell’assunzione mediante nominativa, non intermediata dai servizi per il lavoro, in mansioni manifestamente non conciliabili con le limitazioni eventualmente disposte dalle certificazioni sanitarie del lavoratore.
In conclusione, sarebbe quanto mai opportuno che il legislatore faccia uscire dalla nebulosità in cui si trova il “nulla osta”, cambiandone denominazione e chiarendo effetti e natura, in modo da non lasciare equivoci e non suscitare contenzioso.
Luigi Oliveri
ADAPT Professional Fellow
@Rilievoaiace1