Mercato del lavoro: frenata o incidente di percorso?
Interventi ADAPT, Mercato del lavoro
| di Francesco Seghezzi
Ad agosto il mercato del lavoro italiano ha registrato un rallentamento, con una perdita di 57mila occupati che riporta i livelli complessivi pressoché agli inizi dell’anno. Su base annua, il saldo resta positivo (+103mila unità rispetto all’agosto 2024), ma la tendenza di fondo appare meno solida, con una progressiva erosione, negli ultimi mesi, della capacità di generare nuova occupazione. Siamo quindi di fronte a un possibile punto di svolta del ciclo occupazionale iniziato nel post-pandemia, che ha portato a una crescita di oltre 1 milione di occupati dal 2022, anche se la natura congiunturale o strutturale del dato resta da verificare.
Tra gli elementi da monitorare con attenzione c’è l’occupazione femminile. Se, infatti, da un lato il calo congiunturale colpisce soprattutto gli uomini (-46mila contro -11mila donne), sul piano tendenziale il dato femminile è più problematico: in un anno le occupate sono aumentate appena di 19mila unità, molto meno rispetto agli uomini (+84mila). È un campanello d’allarme, perché la dinamica occupazionale femminile negli anni recenti era stata trainante e l’arresto rischia di consolidare squilibri strutturali già profondi.
Parallelamente si osserva una crescita degli inattivi (+60mila in un solo mese), che interrompe una tendenza pluriennale di riduzione. Nel complesso, rispetto ad agosto 2024, il numero degli inattivi è rimasto invariato, ma con un aumento maschile di 26mila unità: un segnale non trascurabile, perché indica che una quota crescente di popolazione in età lavorativa si ritira dal mercato, per varie ragioni. Considerato che il tasso di inattività si attesta al 33,3% e rimane sostanzialmente bloccato da oltre due anni ai livelli più alti d’Europa, possiamo leggere questo dato come la conferma che l’Italia fatica a ridurre uno dei suoi nodi storici più rilevanti, ovvero la difficoltà a integrare pienamente la forza lavoro potenziale. Dato che appare ancor più drammatico se si considerano le dinamiche demografiche presenti e future che svuotano sempre di più il numero delle persone in età da lavoro.
L’andamento per tipologia contrattuale rafforza invece l’immagine di un mercato in trasformazione. In termini congiunturali calano sia i dipendenti permanenti (-26mila) sia quelli a termine (-39mila), mentre crescono lievemente gli indipendenti (+8mila). Ma su base annua il quadro cambia: gli occupati permanenti guidano la crescita (+203mila), gli autonomi mostrano un’espansione significativa (+139mila), mentre i contratti a termine arretrano drasticamente (-245mila, pari a -8,9 punti). È un’evoluzione che apre due interpretazioni: da un lato segnala una maggiore stabilità delle posizioni lavorative, che accresce le tutele ed è determinato anche dalla volontà delle imprese di trattenere i lavoratori. Dall’altro evidenzia il rischio che le forme più flessibili di ingresso si stiano riducendo, con possibili effetti di esclusione per i più giovani che ne sono spesso protagonisti.
Ed è proprio sulle fasce giovanili che si concentra la flessione più marcata. Nella fascia 15-24 anni il calo è di 49mila occupati, in quella 25-34 di 45mila: in un solo mese quasi 100mila giovani in meno al lavoro, a fronte di un incremento speculare degli inattivi. Non si tratta di una mera conseguenza demografica (cala infatti anche il tasso di 0,8 punti percentuali in entrambe le fasce d’età) ma, come spesso osservato, di un segnale di disallineamento fra domanda e offerta che rischia di accentuare le difficoltà di transizione scuola-lavoro e di consolidare fenomeni di scoraggiamento, o di un parallelo segnale di difficoltà di domanda. La fascia 35-49 anni registra un arretramento più contenuto, mentre gli over 50 sono l’unico gruppo che cresce (+69mila), proseguendo un trend ormai strutturale determinato sia da dinamiche di invecchiamento ma anche di scelta delle imprese di puntare su competenze più mature, oltre che di un calo delle uscite dal mercato del lavoro. Depurando i dati dalla componente demografica, la polarizzazione emerge chiaramente: gli under 35 calano del 4,1%, gli over 50 aumentano del 3,4%.
Questa polarizzazione generazionale, unita alla sostanziale stagnazione dell’occupazione femminile e al blocco della riduzione degli inattivi, apre scenari di medio periodo che meritano attenzione. Se la crescita occupazionale continuerà a dipendere in misura crescente dalle coorti più anziane, rischiamo di accentuare i divari già presenti e di compromettere la capacità di ricambio e innovazione del sistema produttivo. Allo stesso tempo, la contrazione dei rapporti a termine può indicare una fase di consolidamento, ma anche ridurre gli spazi di accesso al lavoro per chi vi entra per la prima volta, questo lo vedremo nei prossimi mesi.
In sintesi, i dati di agosto potrebbero riflettere una fiammata congiunturale, come già accaduto in alcuni mesi specifici degli ultimi anni, e quindi non destare particolari preoccupazioni, ma non si può escludere che segnalino l’avvio di un cambio di rotta più profondo. Il mercato del lavoro italiano resta quindi sospeso tra livelli occupazionali storicamente elevati e fragilità strutturali che emergono con chiarezza: la difficoltà ad assorbire pienamente i giovani, il rallentamento dell’occupazione femminile, la persistenza di alti tassi di inattività. Sono questi i nodi che definiranno, più della congiuntura di un mese, la traiettoria del lavoro in Italia nei prossimi anni.
Francesco Seghezzi
Presidente ADAPT
@francescoseghezz
Condividi su:
