La PA tra legge Madia, Consulta e una nuova stagione negoziale

Ha creato non poche turbolenze โ€“ vista la concomitanza con lโ€™adozione di nuovi decreti attuativi della legge Madia e la chiusura della trattativa con i sindacati per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego โ€“ la sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016, che ha (parzialmente) accolto le doglianze della Regione Veneto, la quale lamentava numerosi profili di illegittimitร  costituzionale presentiย nell’impiantoย della legge n. 124/2015.

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Le norme impugnate dalla Regione delegano il Governo ad adottare uno o piรน decreti legislativi in materia di amministrazione digitale (art. 1), dirigenza pubblica (art. 11), pubblico impiego (art. 17), partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche (art. 18), servizi pubblici locali di interesse generale (art. 19). Come รจ evidente si tratta di fenomeni sociali complessi che necessariamente rientrano nell’articolato sistema di competenze ripartite tra Stato e regioni e che si traducono in unaยซfitta trama di relazioni nella quale ben difficilmente sarร  possibile isolare un singolo interesseยป (Corte cost. n. 278/2010).

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La Corte, prima di passare in rassegna i singoli motivi dellโ€™impugnativa, ha chiarito come laddove non sia possibile individuare una materia di competenza dello Stato cui ricondurre in via prevalente la normativa impugnata, il Legislatore statale debba garantire idonei strumenti di coinvolgimento delle Regioni, nel rispetto del principio di leale collaborazione (art. 120 co. 2 Cost.). La stessa giurisprudenza della Corte ha giร  individuato nel sistema delle conferenze (Conferenza Stato-Regioni e Conferenza Unificata) il ยซprincipale strumento che consente alle Regioni di avere un ruolo nella determinazione del contenuto di taluni atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionaleยป (Corte cost. n. 401/2007); sistema che deve fondarsi su procedure di consultazione finalizzate al raggiungimento del consenso unanime, con meccanismi per il ยซsuperamento delle divergenze, basati sulla reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazioneยป (Corte cost. n. 1/2016).

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Invero, la Consulta ha da sempre sostenuto che il principio di leale collaborazione non si impone al procedimento legislativo. Ora invece afferma (punto 3 โ€“ Considerato in diritto) che ยซLร  dove [โ€ฆ] il legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge la necessitร  del ricorso allโ€™intesaยป tra Stato e Regioni. Si puรฒ in questo senso parlare di sentenza evolutiva,richiedendo un โ€œpassaggio rafforzatoโ€ in Conferenza Stato-Regioni anche nel procedimento (a monte) di adozione dei decreti delegati ex art. 76 Cost., (v. intervista a S. Cassese, Il Mattino, 23 novembre 2016, pp. 1 e 3 e la nota della Corte costituzionale), e non solo in successive fasi amministrative (a valle).

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Su questo presupposto, la sentenza dichiara lโ€™illegittimitร  delle norme impugnate, segnatamente nella parte in cui prevedono il semplice parere e non giร  lโ€™intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni (mentre la legge n.124/2015 prevedeva erroneamente โ€“ posto che non sono coinvolti gli enti locali โ€“ che il parere fosse reso in sede di Conferenza Unificata).

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La formula dellโ€™intesa richiede perรฒ lโ€™unanimitร  da parte dei rappresentanti regionali, il che complica di non poco lโ€™iter di approvazione dei decreti delegati, anche a fronte dei limiti temporali che vengono regolarmente imposti dalle leggi di delega.

Tale formula si rende ancor piรน necessaria โ€“ sempre secondo la Consulta, che richiama una pronuncia di alcuni anni fa โ€“ se si considera la ยซperdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, piรน in generale, dei procedimenti legislativiยป (Corte cost. n.278/2010).

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Il quadro si complica ulteriormente se si pensa che, nel caso di specie, alcuni decreti sono giร  stati adottati e sono effettivamente in vigore da alcuni mesi. Il riferimento รจ in particolare al decreto legislativo n. 116/2016 in materia di licenziamenti disciplinari (su cui si veda M. Menegotto, L. M. Pelusi, Prime note a caldo sul decreto contro i furbetti del cartellino).

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Altri decreti (dirigenza pubblica, servizi pubblici di interesse economico generale) sono invece stati approvati in via definitiva nel Consiglio dei Ministri dello scorso 24 novembre e non ancora pubblicati in Gazzetta Ufficiale.

 

La Corte ha specificato โ€“ senza peraltro fornire una adeguata motivazione tecnico-giuridica โ€“ che i decreti delegati giร  in vigore non vengono travolti automaticamente, sebbene poggino, di fatto, secondo lo schema di cui allโ€™art. 76 Cost., su norme dichiarate incostituzionali.

 

Dalla pronuncia, come anche dalla nota esplicativa diffusa dalla Consulta, si evince come per far decadere le norme contenute nei decreti ad oggi in vigore, si rendano necessari ulteriori e specifici ricorsi allo stesso giudice delle leggi.

 

Le norme di tali decreti saranno necessariamente ridiscusse in Conferenza Stato-Regioni al fine di raggiungere unโ€™intesa entro il termine di adozione dei decreti correttivi, giร  previsti dalla delega Madia. รˆ questa peraltro lโ€™indicazione fornita dalla stessa Consulta.

 

I decreti non ancora pubblicati in Gazzetta Ufficiale subiranno necessariamente un prolungamento dei tempi dโ€™approvazione, dovendo essere vagliati dalla stessa Conferenza e approvati nuovamente dal Consiglio dei Ministri.

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Lโ€™impegno in tal senso รจ stato assunto formalmente nella giornata di mercoledรฌ 30 novembre, quando sindacati e Governo hanno siglato lโ€™accordo quadro che segna, di fatto, lโ€™apertura di una nuova stagione negoziale per il pubblico impiego, dopo un altro intervento della Corte costituzionale in materia di pubblico impiego (Corte cost. n. 178/2015).

Nell’accordo si legge infatti che ยซil Governo [โ€ฆ] si impegna a raggiungere lโ€™intesa con le Regioni per le modifiche normative relative alla delega di cui allโ€™art. 17 della legge 124 del 2015ยป, ovvero sul riordino delle norme in materia di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.

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Lโ€™impianto che emerge dalla sentenza e lโ€™impegno (obbligato) assunto dal Governo complicano non poco lโ€™iter di approvazione di una riforma, quella della Pubblica Amministrazione, il cui percorso รจ iniziato con una consultazione pubblica promossa dal Ministro Madia giร  nel 2014 e che oggi, a due anni di distanza, stenta a decollare. Una riforma che, se partecipata e condivisa dalle Amministrazioni coinvolte, ha le potenzialitร  per tradursi in un acceleratore della competitivitร  del sistema Paese. E questo non tanto a fronte delle norme di legge, come il ben noto decreto contro i โ€œfurbetti del cartellinoโ€ (di chiara matrice repressiva), quanto da ciรฒ che emerge dall’accordo quadro (richiamato pocanzi, in cui si rileva โ€“ tra gli altri punti qualificanti โ€“ una propensione alla valorizzazione della dimensione contrattuale delle regole di governo del lavoro nella PA, con una reale valutazione delle performance, della produttivitร  ed il contrasto (in chiave incentivante) dellโ€™assenteismo (cfr. sul punto P. Tomassetti, Assenteismo pa: la soluzione รจ nei contratti collettivi).

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Non รจ difficile auspicare, per chi crede nella sussidiarietร  e nei corpi intermedi, che dai nuovi rinnovi contrattuali โ€“ superate le logiche conflittuali โ€“ che si fondino sulla partecipazione dei lavori pubblici alle scelte di organizzazione del lavoro, scaturirร  nel lungo periodo il vero cambio di passo per le Amministrazioni Pubbliche.

 

Marco Menegotto

ADAPT Junior Fellow

@MarcoMenegotto

 

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