Il mio canto libero – Otri vecchi e vino nuovo

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La nuova legislatura si è aperta con la pretesa del governo di garantire la stabilità del lavoro attraverso la penalizzazione dei contratti a termine, una rinnovata incentivazione di quelli a tempo indeterminato, la assistenza ai disoccupati mediante i centri pubblici per l’impiego, l’introduzione di un “reddito di attesa” rispetto all’intervento salvifico di questi ultimi. Emblematicamente, la parola apprendistato non è stata ancora pronunciata. Sembra di assistere ad un dibattito già conosciuto e tarato sulla presunzione di una economia tendenzialmente stabile e di una nazione omogenea.

 

La stagione del Jobs Act ha evidenziato limiti oggettivi, come i dualismi territoriali, ma la reazione non può essere il ritorno ad un tempo precedente per ragioni che si riferiscono innanzitutto ai cambiamenti reali intervenuti. Eppure la scorsa legislatura si è conclusa con l’approvazione unanime di un Rapporto della Commissione Lavoro del Senato che segnalava le profonde trasformazioni avviatesi nella società con l’ingresso delle nuove tecnologie al punto da produrre un mercato del lavoro caratterizzato da transizioni professionali continue, ovvero da insicurezze immanenti in assenza di vere politiche per l’occupabilità. A quel Rapporto è seguito il recente documento di Assolombarda che muove da analoghe considerazioni e giunge alle stesse conclusioni.

 

La vera emergenza, secondo questi documenti, è rappresentata dal differenziale crescente tra velocità del cambiamento e velocità dell’apprendimento per cui il nodo di una larga occupazione risiede principalmente nel sistema educativo e formativo, chiamati ad uno storico ripensamento dei metodi e dei contenuti pedagogici. La loro missione è dedicata a formare la persona nella sua integralità affinché sia in grado di imparare in modo perpetuo, organizzando al contempo una vita buona nella quale lavoro, affetti e riposo siano in costante equilibrio. Scuola, formazione, impresa hanno il compito di educare non solo alle conoscenze di base ma anche alle esperienze di vita che aiutano ad affrontare il cambiamento continuo così da tradurre le transizioni e le discontinuità in opportunità.

 

È già datato il riferimento alla “politica attiva del lavoro” perché evoca il soccorso a coloro che sono costretti a vivere una transizione straordinaria. Se i mercati del lavoro sono ora “transizionali”, ciascuno è chiamato ad evolvere senza sosta verso ulteriori competenze e abilità anche nello stesso posto di lavoro. E solo la possibilità di accedere continuamente a idonee fonti di apprendimento rende occupabili prevenendo il formarsi di uno stato di bisogno. Non a caso già la recente legge sul lavoro agile ed il nuovo contratto dei metalmeccanici parlano di un “diritto all’apprendimento” del lavoratore che solo il dialogo e la condivisione tra le parti in contesti aziendali e territoriali efficienti possono rendere effettivo.

 

Nella dimensione nazionale le istituzioni hanno il compito di realizzare una rete di tutti i servizi all’occupabilità fondata sul fascicolo elettronico della vita attiva di ogni persona. Questa ha il compito di definire i livelli essenziali delle prestazioni, di monitorare l’effettiva efficacia dei servizi nei territori, di promuovere interventi sussidiari ove si evidenzino colpevoli ritardi e carenze, a partire da un piano straordinario di alfabetizzazione digitale degli adulti. Ma è solo in prossimità che si possono realizzare le integrazioni tra scuole, università, istituti di formazione, imprese, centri per l’impiego, agenzie per il lavoro, consulenti del lavoro, fondi interprofessionali in modo da formare reti locali per l’occupabilità. Non si tratta di immaginare sistemi rigidi e burocratizzati ma ecosistemi che favoriscono dialogo, sinergie, dinamiche competitive se la domanda è posta nella condizione di guidare il “gioco”. Per questa ragione sono importanti le politiche pubbliche dedicate a capacitare la domanda, dall’assegno di ricollocamento agli incentivi per la formazione 4.0 in azienda, dalle detrazioni per la spesa di autoapprendimento dei lavoratori autonomi al rilancio dei fondi bilaterali, al marcato favore regolatorio, tra i contratti, per l’apprendistato “educativo”.

 

Il governo nuovo può insomma andare ben oltre i limiti e le contraddizioni del passato se con spirito di osservazione e sperimentazione si propone di cavalcare l’onda del cambiamento senza illudersi di contenerla o addirittura costringerla entro schemi astratti che non hanno funzionato nemmeno in tempi più semplici. L’otre vecchio non può contenere il vino nuovo.

 

Maurizio Sacconi
Presidente Associazione Amici di Marco Biagi
@MaurizioSacconi

 

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