HR ADministration/5 – Esuberi aziendali: cosa si intende e come gestirli

In un contesto socioeconomico caratterizzato da una crisi importante che investe in maniera trasversale tutti i settori, si moltiplicano le aziende interessate nelle procedure di gestione degli esuberi finalizzati al contenimento di crisi aziendale e alla riduzione dei costi.

 

Oltre ai casi straordinari nei quali l’azienda è impegnata in una procedura di ristrutturazione a seguito di eventi, quali possono essere una fusione, un’acquisizione, ovvero la chiusura di determinate strutture ed impianti, la valutazione del personale e quindi, la possibilità di individuare eventuali esuberi, viene fatta in modo usuale e corrente, tutte le volte in cui l’azienda prevede una riprogettazione dell’organizzazione (sia essa interessata a strutture e/o a processi), riconducibile a logiche di miglioramento e di semplificazione. Ogni innovazione implica un ripensamento organizzativo e una nuova valutazione della popolazione aziendale. Tali esigenze devono essere costantemente valutate e monitorate, così da far emergere e gestire gli eventuali esuberi.

 

Premesso ciò, se gli esuberi sono il soggetto di questa trattazione è bene darne (o cercare di darne), per prima cosa, una definizione. Esubero, inteso nel senso letterale, definisce una eccedenza rispetto ad una capacità massima. Concetto che poco si distanzia dall’accezione che il management aziendale affida al termine, nella misura in cui si qualifica un esubero come una risorsa eccedente rispetto al fabbisogno reale dell’impianto di riferimento.

 

“Quante persone mi servono per gestire un servizio, un’area o un’unità di lavoro?”. Questo è l’interrogativo che l’azienda si pone, quasi sempre a fronte di un cambiamento, quale può intendersi una crisi aziendale, una modernizzazione dei processi ovvero entrambe. Definire il “corretto dimensionamento” quantitativo e qualitativo delle risorse umane è fondamentale per garantire sia l’erogazione di buoni servizi sia l’equilibrio economico dell’azienda, che ne assicura la sopravvivenza.

 

Tali i motivi per i quali il passaggio nel considerare un dipendente da risorsa umana ad esubero è molto delicato, rientrando in una zona grigia in cui l’azienda è chiamata a definire dettagliatamente i criteri di analisi e le scelte effettuate.

 

 

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Come individuarli?

 

A fronte di un’esigenza di risparmio ovvero di ottimizzazione dei costi, l’azienda individua l’esubero di personale o l’esubero di ore, il più delle volte, tramite l’analisi dei propri processi organizzativi e produttivi. Il “tecnico” dell’organizzazione e dei processi fotografa i sistemi aziendali operanti ed individua le singole attività che, viste nel loro insieme, costituiscono il lavoro che si svolge nelle diverse aree e/o unità dell’azienda (ad esempio, risorse umane, acquisti, vendite, ecc.). Tramite competenze ingegneristiche e/o strumenti tecnologici, calcolerà in quanto tempo viene svolto il lavoro e utilizzerà altri indicatori per entrare nel dettaglio delle singole attività e capirne le modalità di svolgimento, fino a quel momento.

 

Superata la fase di assessment, le singole fasi di lavoro vengono suddivise in attività di valore (dove il valore si misura vis-à-vis del cliente finale), le attività a supporto, intese come attività necessarie per il funzionamento aziendale, ed infine le attività a spreco. E’ proprio su queste ultime che si concentrano maggiormente le proposte di intervento per l’ottimizzazione dei costi, dove sarà facile individuare del personale in eccedenza o delle ore in sovrappiù, laddove si ipotizzi che la stessa attività possa essere eliminata ovvero sostituita dall’utilizzo di un macchinario ovvero semplicemente riorganizzata. Anche a fronte di attività di supporto, possono ipotizzarsi delle soluzioni strategiche per l’ottimizzazione.

 

Una volta messe in atto le azioni di intervento, che solitamente ruotano intorno a tre indicatori, quali tempo, costi e qualità, l’azienda monitora e misura le singole attività ed i relativi costi che ne derivano, per verificarne l’effettivo vantaggio.

 

Indicatori di benchmarking interno all’azienda ovvero comparati con quelli dei competitors, servono per individuare i margini di miglioramento. Ed è, nel complesso di detta procedura, che possono emergere i famosi esuberi: una struttura aziendale che si vede sovraffollata di personale rispetto all’attività e alle esigenze di risorse richieste per la gestione di un impianto.

Talune aziende scelgono quindi di attivare procedure di gestione di crisi aziendale partendo da una analisi utile per elaborare un piano di riorganizzazione. Si ritiene, infatti, che il primo passo verso azioni di riduzione del personale sia proprio quello di valutare eventuali azioni di riorganizzazione aziendale ovvero di specifiche aree professionali. Tale approccio metterebbe in luce la buona fede da parte dell’azienda e la disponibilità a valutare eventuali piani di uscita in via residuale rispetto a strategie intentate.

 

La riorganizzazione aziendale rappresenta uno dei processi più complessi ed impegnativi tali per cui avviene una ricollocazione delle risorse in base ad esigenze produttive, mansioni e specificità professionali concordate con le rappresentanze sindacali.

 

Come gestirli?

 

Dinanzi ad una situazione di “eccedenza”, mantenendo come mission quella di spingere verso la ricerca dei mezzi utili a permettere la continuità dell’attività e la salvaguardia dei posti di lavoro, l’azienda è chiamata a gestire la problematica valutando la possibilità di ricorrere alle rappresentanze sindacali, ovvero facendo richiesta di utilizzo degli ammortizzatori sociali messi a disposizione, a determinate condizioni, da parte dello Stato, con riferimento alle disposizioni normative in uso (si veda legge n. 223/1991).

 

 

Esubero di personale Possibilità di interrompere il rapporto di lavoro Sostegno per il lavoratore
Licenziamento collettivo Indennità di mobilità
Licenziamento individuale o plurimo Aspi o MiniAspi
Pensionamento anticipato Pensione

 

Normalmente, quando la risorsa umana viene qualificata come “esubero” è perché l’azienda non è più coinvolta in una fase di crisi aziendale con previsione di ripresa, gestibile tramite accordi sindacali o ammortizzatori sociali, del tipo Cassa integrazione ordinaria o straordinaria, ovvero contratti di solidarietà, bensì si è di fronte ad una situazione di eccedenza di personale di carattere strutturale ed irreversibile cui dover far fronte.

 

Tuttavia, per “tamponare” la situazione, in una fase iniziale in cui l’azienda identifica gli esuberi, può essere formalizzato un accordo che può prevedere al suo interno tutta una serie di proposte, graduali nella maggior parte dei casi, dove si parte dalla previsione di un esodo volontario, per valutare la riduzione dell’orario di lavoro (da full-time a part-time) del singolo o di tutti i lavoratori, come nel caso del contratto di solidarietà; incentivato da riduzioni alla contribuzione obbligatoria, il CDS può essere di tipo difensivo, prevedendo una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro al fine di evitare riduzioni del personale, ovvero di tipo espansivo quali contratti collettivi aziendali che prevedono una riduzione dell’orario di lavoro, e quindi della retribuzione, alla contestuale assunzione di altri lavoratori a tempo indeterminato.

 

Quando l’impresa è in crisi può sospendere i propri dipendenti nella speranza di una futura ripresa dell’attività produttiva, allora può essere attivata la Cassa integrazione. La cassa integrazione può essere CIG ordinaria, CIG straordinaria (laddove sia incerto l’esito della crisi) e CIG in deroga (che è stato introdotto come ammortizzatore sociale, in accordo con le Regioni, e spetta alle aziende che non hanno i requisiti per accedere alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria ovvero che hanno esaurito tali ammortizzatori sociali).

 

Nei casi in cui l’eccedenza di personale assume carattere strutturale e l’impresa, ammessa alla Cigs, ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego dei lavoratori sospesi e che non sono ipotizzabili altre soluzioni eccetto la riduzione per mezzo di licenziamenti, è la mobilità lo strumento attraverso cui viene data la possibilità a specifiche categorie di lavoratori di fruire di misure finalizzate ad agevolare la rioccupazione e, a determinate condizioni, di ottenere sussidi. Vi è dunque una fase di Cigs alla quale poi segue la procedura di mobilità e una seconda fattispecie disciplinata dall’art 24 della l. n. 223/1991 per la quale non è necessario che l’impresa prima di procedere alla mobilità dia corso alla Cigs.

 

Ulteriore strumento previsto per la gestione degli esuberi riguarda la procedura del prepensionamento. A tal proposito, come presupposto fondamentale per arrivare effettivamente alla risoluzione del contratto di lavoro la legge n. 92/2012 all’articolo 4 – e successive modifiche – prevede la possibilità di sottoscrivere un accordo di prepensionamento stipulato tra impresa e sindacati maggiormente rappresentativi a livello aziendale, ovvero l’assenso formale del lavoratore (si veda circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 19 giugno 2014, n. 24).

 

È in questo contesto che l’Inps, con messaggio n. 17768 del 5 novembre 2013, ha diffuso i modelli di domanda preliminare e di richiesta di prestazione al fine di rendere operativa la misura introdotta per far fronte alle eccedenze aziendali attraverso l’incentivazione dell’uscita dal lavoro dei dipendenti prossimi al pensionamento oltre che ad illustrare le modalità di finanziamento della prestazione di esodo e gli adempimenti da parte dei datori di lavoro. La normativa di cui sopra permette alle aziende la possibilità di accompagnare i propri dipendenti in possesso dei requisiti richiesti verso l’uscita dalla realtà lavorativa. In questo contesto però, complice la normativa italiana in materia di pensionamento, solo una percentuale molto esigua rispetto alla forza lavoro complessiva di una azienda soddisfa tutti i requisiti utili. Tali i motivi per cui risulta necessario elaborare piani di gestione degli esuberi nell’ottica del rilancio dell’azienda e della piena ripresa dell’attività produttiva facendo leva sull’autonomia negoziale conferita alla trattativa sindacale.

 

Circoscritta la problematica legata al concetto di esubero, si ritiene che, costruendo una organizzazione più flessibile, capace di assorbire le variazioni organizzative ed abile nell’utilizzare efficacemente adeguati strumenti di valutazione dei carichi di lavoro e delle prestazioni, si possa evitare di incorrere in esuberi strutturati, nonché di gestire operativamente una riduzione del personale, conoscendo sia le possibilità offerte dalla normativa, sia le corrette e legittime modalità di azione.

 

Giulia Alessandri @GAlessandri8

Roberta Monte @monte_roberta

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo

 

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