Decreto Trasparenza: dubbi e chiarimenti in merito alla informativa sui sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati

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Bollettino ADAPT 12 dicembre 2022, n. 43
 
Entrato in vigore il 13 agosto 2022, il Decreto Trasparenza (D.lgs. n. 104/2022, attuativo della Direttiva 2019/1152/UE), ha riformato il quadro normativo in materia di obblighi informativi nel rapporto di lavoro, già disciplinati dal D.lgs. n. 152/1997 – che a sua volta aveva recepito la Direttiva 91/533/CEE, oggi abrogata –.
 
La novella ha introdotto importanti novità, il cui scopo, come si evince dalla lettura delle premesse e dell’art. 1 della Direttiva UE del 2019, è di «migliorare le condizioni di lavoro promuovendo un’occupazione più trasparente e prevedibile, pur garantendo nel contempo l’adattabilità del mercato del lavoro».
 
Nello specifico, il legislatore italiano ha previsto, a carico dei datori di lavoro e committenti, laddove compatibile, nuovi e più stringenti obblighi d’informazione in merito agli aspetti e alle condizioni essenziali del lavoro. Si segnala, in particolare, l’art. 4 lett. a) del Decreto Trasparenza, che, sostituendo integralmente l’art. 1 del D.lgs. n. 152/1997, contempla, tra i vari obblighi, quello di riferire la programmazione dell’orario di lavoro se prevedibile o, in caso contrario, di fornire gli elementi necessari diretti a far comprendere ai lavoratori la variabilità della programmazione del lavoro, il termine di preavviso in caso di recesso nonché l’indicazione della contrattazione collettiva e aziendale applicata nel rapporto con il prestatore di lavoro.
 
Assume un notevole rilievo che gli obblighi informativi non si estendano più esclusivamente nei confronti dei lavoratori subordinati, avendo il legislatore italiano, sulla scia della Direttiva, ampliato il campo di applicazione del Decreto Trasparenza ai lavoratori c.d. non standard (il riferimento è ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, n. 3, c.p.c. e alle collaborazioni c.d. etero-organizzate di cui all’art. 2, co. 2, d.lgs. n. 81/2015), le cui modalità di lavoro si discostano dai rapporti di lavoro intesi come “tradizionali” (ergo, subordinati) in termini non solo di imprevedibilità e di discontinuità, ma soprattutto sul piano delle modalità di espletamento della prestazione, comportando delle possibili incompatibilità con la natura giuridica delle fattispecie contrattuali in parola (Per un primo commento sull’applicazione del decreto trasparenza ai contratti di collaborazione si veda G. BENINCASA, Decreto Trasparenza: quali novità sui contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co)?, in Bollettino ADAPT 5 settembre 2022, n. 29).
 
I nuovi obblighi informativi sui sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati

 
Un profilo di indubbio interesse della normativa in commento è l’obbligo informativo ex art. 4, lett. b) del Decreto Trasparenza, relativo al caso dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (Art. 1-bis del D.lgs. n. 152/1997).

 
Da una lettura combinata dell’art. 1, co. 1, lett. s) e dell’art. 1-bis, co. 1 del D.lgs. 152/1997, si evince che la predisposizione di tale specifica informativa, da assolvere prima dell’inizio dell’attività lavorativa, è richiesta nel caso in cui le modalità di esecuzione della prestazione dei lavoratori siano organizzate tramite l’utilizzo di sistemi decisionali e/o di monitoraggio automatizzati, destinati a «fornire indicazioni rilevanti ai fini dell’assunzione o del conferimento dell’incarico della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori».

 
A tale adempimento informativo, assai incisivo soprattutto considerando il tessuto imprenditoriale italiano, si aggiunge l’obbligo datoriale di dare accesso a dati e di trasmettere informazioni ulteriori per iscritto ed entro trenta giorni, laddove il lavoratore (anche per il tramite delle rappresentanze sindacali aziendali o territoriali) ne faccia richiesta.
 

Un ulteriore elemento di rilievo riguarda, anche sotto questo profilo, i soggetti obbligati alla predisposizione di tale ulteriore adempimento, che la disposizione normativa individua nelle figure dei datori di lavoro e dei committenti pubblici e privati nell’ambito di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409, n. 3 c.p.c. e di collaborazione etero-organizzata di cui all’art. 2, co. 1 del D.lgs. n. 81/2015 (come espressamente specificato nell’art. 1-bis, co. 7).
 
I dubbi interpretativi

 
Ai fini della – si consenta il gioco di parole – “decodificazione” della disposizione, prima ancora che dell’algoritmo decisionale, risulta utile, se non necessario, comprendere la ratio sottesa all’intervento del Legislatore euro-unitario.
 
A questo riguardo, si osserva che la Direttiva del 2019 è sorta con l’obiettivo di migliorare l’ambito di applicazione e l’efficacia della Direttiva del 1991 – istitutrice del diritto dei lavoratori a ricevere informazioni scritte sulle proprie condizioni di lavoro – stabilendo nuovi diritti per la protezione anche delle nuove forme di lavoro diffusesi con lo sviluppo del mercato del lavoro.
 
Tornando al nostro ordinamento, si è già evidenziato che gli obblighi informativi di cui al Decreto Trasparenza, i quali si traducono in maggiori adempimenti e vincoli per aziende e professionisti, trovano la loro fonte nella Direttiva UE del 2019, fatta eccezione, però, proprio per quelli previsti in caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
 
In questo senso, la scelta legislativa di inserire tale ulteriore obbligo potrebbe affondare le radici non tanto nella Dir. 2019/1152/UE, quanto nella “parallela” iniziativa volta all’introduzione di una direttiva per “il miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali”, ove, per l’appunto, si prevede una serie di obblighi in punto di trasparenza delle decisioni automatizzate, in favore non per caso dei lavoratori subordinati e pure autonomi.
 
Tale rilievo porta ad interrogarsi sulla reale portata della norma contenuta nell’art. 1-bis del Decreto Trasparenza che ha creato evidenti difficoltà anche nella semplice individuazione di quali sistemi si intende includere tra quelli soggetti a tale ulteriore informativa e che dovrebbero distinguersi dagli strumenti di controllo a distanza, rispetto ai quali gli obblighi informativi sono viceversa regolati, come ampiamente noto, dall’art. 4 della L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), ossia da una disposizione fatta espressamente salva dalla novella e che sembra mantenere un suo grado di autonomia.
 
Con riferimento alle tipologie di strumenti da intendersi quali sistemi automatizzati, è il caso di richiamare la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 19/2022, che ha già tentato di fornire alcune precisazioni sulle novità introdotte dal D.lgs. 104/2022, senza però, ad avviso di chi scrive, offrire un esaustivo e definitivo chiarimento sulla complessa materia in esame. In particolare, la Circolare ha escluso l’obbligo informativo nel caso di utilizzo di badge, ovvero di strumenti  automatizzati per la rilevazione delle presenze dei dipendenti in entrata o in uscita, sempre che tale registrazione non generi automaticamente una decisione datoriale, mentre, a titolo puramente esemplificativo ma non esaustivo, ha previsto tale obbligo nel caso di utilizzo di sistemi automatizzati di gestione dei turni, di determinazione della retribuzione, di tablet, GPS, wearables e altro (Per un’analisi della Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 19/2022 si veda G. CAROSIELLI, La circolare ministeriale sul cd. Decreto Trasparenza, in Bollettino ADAPT 27 settembre 2022, n. 32).
 
Vista l’influenza della proposta di direttiva sul lavoro tramite piattaforma, parrebbe potersi ipotizzare che la scelta del legislatore nazionale di fare specifico riferimento agli strumenti automatizzati vada intesa, coerentemente con l’art. 6 della citata proposta di Direttiva, come un richiamo ai sistemi decisionali di tecnologia avanzata che non prevedono l’intervento umano, (o, come precisato dalla citata Circolare, molto ridotto: es. intelligenza artificiale) e ai sistemi di monitoraggio utilizzati nell’ambito dei rapporti di lavoro, diversi da quello    subordinato, che implicano l’utilizzo di algoritmi e piattaforme digitali.
 
Rispetto al riferimento dell’art. 4 della L. n. 300/1970, dall’analisi della nuova normativa e altresì dalle specificazioni introdotte del Ministero del Lavoro, sembra porsi un tema di sovrapposizione (seppur parziale) delle due discipline la quale richiede indubbiamente una riflessione in merito alla gestione delle due fattispecie nonché dei chiarimenti circa il relativo coordinamento e contemperamento.
 
Criticità applicative – Strumento dell’informativa

 
Quanto alle implicazioni pratiche e gestionali legate all’applicazione della norma, nel confronto con gli obblighi informativi in generale, è evidente che, per assolvere tali adempimenti, è richiesto un significativo lavoro, da parte delle aziende, sia di riformulazione delle lettere di assunzione, sia di predisposizione di informative che siano chiare e complete di tutti gli elementi richiesti.
 

A latere di questa prima difficoltà, già assai incisiva, per quanto attiene all’obbligo informativo datoriale riguardante i sistemi automatizzati, si deve necessariamente tenere conto dell’elevata complessità tecnica delle informazioni richieste.
 
Sul punto, si osserva che il comma 2 dell’art. 1-bis del D.lgs. 152/1997 elenca una serie di ulteriori elementi puramente tecnici – dati e parametri riguardanti algoritmi e intelligenza artificiale – che il datore e il committente sono tenuti a fornire: trattasi, tra l’altro, di informazioni circa la logica e il funzionamento dei sistemi, le categorie di dati e parametri utilizzati per programmare e addestrare i sistemi, il livello di accuratezza e cybersicurezza dei sistemi.
 
Peraltro, anche in considerazione dell’obiettivo di trasparenza su cui si fonda l’intera disciplina, le descritte informazioni devono essere comunicate ai lavoratori in modo chiaro e semplice, risultando di conseguenza comprensibili anche a coloro che non sono esperti della materia (verrebbe da dire, giuridica, oltre che tecnico-informatica).
 
Di conseguenza, questi due aspetti – la complessità tecnica e la necessità di trasparenza – rendono la predisposizione dell’informativa in questione molto articolata, tanto da richiedere il dialogo e la collaborazione tra le funzioni aziendali con diverse competenze tra cui il team Human Resources, Information technology IT e Legal.
 
Conclusioni

 

In definitiva, si può supporre che una delle sfide più significative del nostro Decreto Trasparenza – e ancora prima, della Direttiva del 2019 – sia proprio quella di voler fornire uno strumento (ossia, le stesse informazioni su aspetti essenziali del rapporto di lavoro) in grado di raggiungere un maggiore equilibrio e bilanciamento all’interno del rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore (o il committente e il collaboratore).
 
Tuttavia, vi è il rischio che tali obblighi informativi si traducano in meri oneri amministrativi e adempimenti formali in capo ai datori e committenti, da assolvere semplicemente tramite la predisposizione di lunghi documenti, di particolare complessità tecnico-informatica, senza alcuna significativa incidenza sul piano sostanziale e vanificando la finalità ultima della nuova disciplina, orientata, invece, ad un’informazione adeguata, chiara e trasparente sugli aspetti e le condizioni dei rapporti di lavoro.
 
Pertanto, per evitare una simile “sconfitta” e di fronte al permanere di molti dubbi sia interpretativi che applicativi, si auspica futuri ed ulteriori chiarimenti, in particolare rispetto alle previsioni relative agli obblighi informativi sui sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati, ovvero, come numerosi professionisti e aziende si attendono, una modifica della disciplina da parte del nuovo governo.
 
Rimanendo in attesa di potenziali interventi, per ragioni prudenziali – anche per evitare di incorrere nell’applicazione di potenziali ed ingenti sanzioni pecuniarie in caso di trasgressione –, le imprese appartenenti a diversi settori, tra cui quello della ristorazione, in cui si utilizzano sistemi tecnologici nella gestione dei rapporti di lavoro ma non sempre corrispondenti a quelli a cui si presume si riferisca la norma, hanno optato per predisporre delle informative specifiche su tali sistemi.
 
Restano ferme le perplessità relative al coordinamento con l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, in quanto si osserva che in alcuni casi i sistemi riportati nelle informative di cui all’art. 1-bis tendono a coincidere con gli strumenti già descritti nelle informative ai sensi dell’art. 4 St. lav.
 
Francesca Rotondi

Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FrancescaRoto96

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