Le nuove linee guida per l’interoperatività degli enti pubblici titolari del sistema di certificazione delle competenze: primi spunti d’analisi

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Bollettino ADAPT 25 gennaio 2021, n. 3

 

Il decreto 5 gennaio 2021, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 18 gennaio 2021 (n.13) ha emanato le «Disposizioni per l’adozione delle linee guida per l’interoperatività degli enti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze», la cui adozione era prevista dall’art. 3, comma 5, del d.lgs. 13/2013.  Con un ritardo di oltre sette anni dall’introduzione nel nostro paese del diritto alla certificazione delle competenze (art. 4, commi 51-61 della Legge 28 giugno n. 12 del 2012 e art. 1 del d.lgs. 13/2013) tali Linee guida rappresentano un tassello fondamentale per interrompere la lunga storia di sostanziale inoperatività dell’intero sistema.

 

Le aspettative e i nodi ancora da sciogliere al fine di dare operatività al sistema di certificazione delle competenze non erano del resto pochi (per un maggiore approfondimento si rimanda a L. Casano, Certificazione delle competenze: i nodi irrisolti, in attesa delle Linee Guida per l’avvio del sistema nazionale, in Bollettino ADAPT n. 10/2020). Da ultimo, il tema della certificazione delle competenze è tornato alla ribalta in occasione dell’introduzione del Fondo Nuove Competenze. Istituito presso ANPAL con il decreto-legge n. 34 del 2020 (Decreto Rilancio), al fine di consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica, il Fondo copre i costi sostenuti dalle aziende che, in presenza di accordi sindacali aziendali o territoriali, destinano parte dell’orario di lavoro dei propri dipendenti ad attività formative (per un massimo di 250 ore per ciascun lavoratore).

Secondo quanto previsto dall’avviso di ANPAL del 4 novembre e precisato dalle successive FAQ (E. Massagli, G. Impellizzieri, ANPAL pubblica le FAQ sul Fondo Nuove Competenze. Molte risposte e qualche nuova domanda, in Bollettino ADAPT n. 44/2020), l’azienda, per ottenere il rimborso delle spese sostenute deve allegare alla richiesta di saldo la certificazione/attestazione delle competenze acquisite ad esito dei percorsi formativi finanziati. Al di là della parificazione tra due concetti – “attestazione” e “certificazione” – che, come confermeranno le Linee guida in esame, sono ben distinti, tra gli operatori rimaneva oscuro come fruire di servizi e processi, pressoché inesistenti in molte regioni. Occorre d’altra parte fin a ora segnalare che l’adozione delle Linee Guida non risolverà nell’immediato questa e altre criticità legate alla sostanziale inoperatività dei servizi: il decreto prevede infatti che gli enti titolari dei servizi che non dispongano di un quadro regolamentare conforme agli standard minimi di servizio e ai livelli essenziali delle prestazioni del Sistema nazionale di certificazione delle competenze, hanno 24 mesi di tempo dalla data di pubblicazione del decreto per adottare gli atti di regolamentazione necessari, il che prefigura l’avvio di un’altra lunga fase di recepimento.

 

Le Linee guida hanno come obiettivo quello di rendere «operativo il sistema nazionale di certificazione delle competenze» e, dopo aver fatto una rassegna di definizioni normative dei concetti e strumenti che compongono il sistema (competenza, repertorio, certificazione, attestazione, ecc.), provvedono (i) all’identificazione degli standard minimi del servizio di individuazione e validazione delle competenze e del servizio di certificazione delle stesse; (ii) alla definizione dei criteri per l’implementazione del repertorio nazionale e per il suo aggiornamento periodico; (iii) alla progressiva realizzazione e raccordo funzionale della dorsale unica informativa.

 

Il servizio di individuazione e validazione delle competenze è finalizzato al riconoscimento, da parte di un ente titolato, delle competenze acquisite dalla persona, attraverso una ricostruzione e valutazione dell’apprendimento non formale o informale. Il processo di individuazione e validazione può completarsi con il rilascio di un documento denominato «Documento di validazione» che ha valore di atto pubblico e di attestazione almeno di parte seconda e che può eventualmente fungere da presupposto per la successiva certificazione. Con “attestazione di parte seconda” si intende una attestazione rilasciata da un ente titolato, a differenza delle “attestazioni di parte prima” che invece sono costituite da auto-dichiarazioni della persona interessata.

 

Nella fase di identificazione sono ricostruite le esperienze di apprendimento della persona, in base alle sue richieste e in modo da codificare le diverse attività (attraverso i descrittori dell’Atlante del lavoro e delle qualificazioni) e le diverse competenze maturate (secondo i descrittori del Repertorio delle qualificazioni di pertinenza). Al fine di individuare le competenze del richiedente deve essere elaborato un “Dossier di evidenze” che raccolga e classifichi documenti, testimonianze e prodotti che comprovano l’esperienza svolta. A conclusione della fase di identificazione è redatto un “Documento di trasparenza” che sintetizza i risultati del procedimento e che può essere rilasciato, su richiesta, all’utente nel caso in cui non si proceda alla successiva fase di valutazione presso lo stesso ente titolato.

La fase della “valutazione”, prodromica alla redazione del “Documento di validazione”, consiste nell’esame del Dossier delle evidenze e del Documento di trasparenza e in un eventuale momento di valutazione diretta delle competenze maturate dal richiedente. In base al valore degli elementi prodotti e della coerenza tra le evidenze documentate e la qualificazione di riferimento, il personale addetto alla funzione di pianificazione e realizzazione delle attività valutative può disporre lo svolgimento di prove orali, scritte o pratiche (ove consentito, anche da remoto).

 

Il servizio di certificazione delle competenze è finalizzato al rilascio di un documento “Certificato” attestante le competenze acquisite dalla persona. Il Certificato può essere rilasciato a seguito della del processo di individuazione e validazione ovvero a seguito di un percorso di apprendimento formale. Il Certificato, che costituisce attestazione di parte terza (in quanto rilasciata dall’ente titolare con il supporto dell’ente titolato) ed ha valore di atto pubblico, è rilasciato a seguito della l’acquisizione del Documento di validazione e della valutazione – necessaria e non più eventuale – realizzata mediante prove orali, scritte o pratiche (ad esempio audizione, colloquio tecnico, prova pratica). La valutazione è svolta a cura di una commissione o di un organismo di valutazione che assicura il rispetto dei principi di collegialità, oggettività, terzietà, indipendenza, completezza e correttezza metodologica del processo.

 

Le Linee guida inoltre fissano i criteri per l’implementazione e  l’aggiornamento del Repertorio nazionale, riconosciuto come «riferimento unitario ai fini della progettazione formativa per competenze, della individuazione delle competenze acquisite in contesti di apprendimento formali, non formali e informali, della personalizzazione dei percorsi di apprendimento permanente, della certificazione e della trasparenza, spendibilità e riconoscimento delle qualificazioni a livello nazionale e comunitario».

 

In particolare, le Linee guida illustrano il funzionamento e la struttura dell’Atlante del lavoro e delle qualificazioni, strumento digitale e consultabile attraverso il quale il Repertorio è sistematizzato. Nella sezione “classificazione dei settori economico-professionali”, l’Atlante descrive i contenuti del lavoro e delle professioni, articolandosi per processi di lavoro, declinato a sua volta in sequenze di processo e aree di attività (c.d. ADA). Le aree di attività, in particolare, contengono le descrizioni delle singole attività, individuando per ciascuna di esse i risultati attesi che «costituiscono uno dei criteri guida per l’identificazione del livello del Quadro nazionale delle qualificazioni e per la predisposizione delle prove di valutazione atte all’accertamento sostanziale del possesso delle competenze».  criteri guida per l’identificazione del livello.

 

Ove possibile l’Atlante del lavoro e delle qualificazioni dovrebbe correlare le attività lavorative così descritte con le qualificazioni contenute nella seconda sezione dell’Atlante: il Quadro Nazionale delle Qualifiche, che raccoglie e referenzia le qualificazioni nazionali con quelle dell’European Qualification Framework. In particolare, ciascuna qualificazione, secondo le guide, dovrebbe essere descritta in termini di competenze e a tal proposito sono definite le nozioni di competenza, conoscenza, abilità e autonomia e responsabilità.

 

Al fine di garantire la pertinenza e l’attualità dell’Atlante alle vicende del mercato del lavoro italiano, le Linee guida specificano inoltre che ogni anno, su richiesta di INAPP e ANPAL, si può procedere alla “manutenzione ordinaria” dei contenuti e delle qualificazioni e che in qualsiasi momento sono ammesse attività di “manutenzione straordinaria” quando si verifichino delle «modificazioni profonde degli assetti strutturali, metodologici e di sistema».

 

Gli enti titolari del servizio hanno in definitiva adesso strumenti e linee guida dettagliate su come rendere operativo il sistema nei rispettivi ambiti di competenza, che è opportuno qui richiamare: 1) il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in materia di individuazione e validazione e certificazione delle competenze riferite ai titoli di studio del sistema scolastico e universitario; 2) le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, in materia di individuazione e validazione e certificazione di competenze riferite a qualificazioni rilasciate nell’ambito delle rispettive competenze; 3) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in materia di individuazione e validazione e certificazione di competenze riferite a qualificazioni delle professioni non organizzate in ordini o collegi, salvo quelle comunque afferenti alle autorità competenti di cui al successivo punto 4; 4) il Ministero dello sviluppo economico e le altre autorità competenti ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, in materia di individuazione e validazione e certificazione di competenze riferite a qualificazioni delle professioni regolamentate a norma del medesimo decreto.

 

L’elenco degli enti titolari che sono chiamati in causa nella concreta attuazione del sistema fa emergere la complessità insita nel tentativo – pure necessario – di creare un sistema unico per l’individuazione, la validazione e la certificazione delle competenze maturate in tutti i contesti.

A tal proposito si segnala come un nodo cruciale delle nuove linee guida sia il richiamo – in diversi punti – dell’esclusione dai servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze delle qualificazioni per le professioni regolamentate. In questo modo si ribadisce nuovamente il sistema a sé stante e particolaristico che caratterizza il sistema di costruzione delle professioni regolamentate che per ragioni attributive e storiche è difficilmente applicabile a tutta quella schiera di “nuovi professionisti” che stanno acquisendo sempre più peso nel mercato del lavoro.

 

Infatti, sono le stesse linee guida a riconoscere la validità e l’estensione di quanto prefissato anche per le professioni non organizzate in ordini e collegi che secondo il presente documento riguardano «l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’articolo 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e relative attività tipiche o riservate per legge e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative» ( si vedano in proposito le considerazioni riportate in S. Negri, Il sistema dell’apprendistato e la sfida della regolazione delle “nuove professioni”, in Bollettino ADAPT n. 46/2020).

 

La certificazione delle competenze secondo le procedure del sistema pubblico, d’altra parte, come delineato ampiamente in L. Casano, Contributo all’analisi giuridica dei mercati transizionali del lavoro, Adapt University Press, 2020, non è il solo sistema di qualificazione esistente al fine di riconoscere gli apprendimenti e le competenze acquisite in contesti formali, informali e non formali. Invero, un sistema sempre più diffuso per il riconoscimento delle competenze in particolare per le professioni emergenti è quello delle certificazioni di conformità a standard tecnici UNI, mentre occorre ricordare come rimangano sempre sullo sfondo i sistemi di classificazione e inquadramento della contrattazione collettiva che spesso disciplinano gli stessi profili professionali e rispetto ai quali è stata da tempo segnalata la necessità di una integrazione con gli standard pubblici.

 

L’integrazione tra tali sistemi sarebbe auspicabile non soltanto per il gruppo di “nuovi professionisti” ma per tutti i lavoratori che come è ormai ampiamente noto non dispongono più delle classiche garanzie del posto a vita all’interno di un medesimo luogo di lavoro. L’implementazione di un sistema coordinato garantirebbe un riconoscimento delle competenze acquisite e una trasferibilità universale del proprio bagaglio professionale.

 

Permane anche dopo la pubblicazione delle nuove Linee guida la fragilità di un sistema che, almeno per il momento, resta inattuato e che paga (e rischia di continuare a pagare) il farraginoso impianto burocratico necessario per la sua implementazione. Come ampiamente segnalato in tempi non sospetti, il rischio è che l’intero sistema si riveli un «castello di carta» (M. Tiraboschi, Certificazione competenze: un castello di carta, in U. Buratti, L. Casano, L. Petruzzo (a cura di), Certificazione delle competenze. Prime riflessioni sul decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, ADAPT Labour studies, e-book series n. 6/2013, configurato sulla base di astratte declaratorie e retto su procedure macchinose e profondamente centralistiche. In questo senso l’esclusione delle parti sociali (e in particolare dei Fondi interprofessionali) sia nel processo di erogazione della formazione formale sia tra gli enti titolati a erogare servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze pare un limite invalidante l’intero sistema.

 

Stefania Negri

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@StefaniaNegri6 

 

Giorgio Impellizieri

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@giorgioimpe

 

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