Un serpente che si morde la coda? Potenzialità e freni dell’apprendistato in Francia  

L’apprendistato in Francia: l’eterno ritorno. Partiamo da una prima considerazione di natura politica: François Rebsamen, nuovo Ministro del lavoro francese, conta molto sull’apprendistato e si è posto come obiettivo, da qui al 2017, di vedere impiegati nel suo Paese fino a 500 000 giovani apprendisti.
 
Di certo, passare dai 420 mila contratti di apprendistato, nel 2013, ai prospettati 500 mila, nel 2017, richiede un sensibile sforzo da parte di tutti gli attori, considerando il trend negativo delle assunzioni in apprendistato negli ultimi anni: sarà necessario, in particolare, un bilancio sui pro e contro di questo strumento di alternanza, al fine di promuoverne una adeguata compagna di rilancio.
 
Perché, ci si chiede, l’interesse dei Governi (quello francese, ma non solo) verte ciclicamente su questa forma di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro (in alternanza, direbbero i francesi)? Sono i numeri a parlare. Se una delle problematiche maggiormente sentite in questi ultimi anni dai Paesi Europei, tra cui Francia e Italia, è stata ridurre la disoccupazione giovanile, si individua nell’apprendistato una possibile risposta. Infatti, secondo le statistiche, il tasso di disoccupazione dei giovani diminuisce quando scelgono l’apprendistato: l’11% dei giovani francesi che hanno svolto un percorso in apprendistato è disoccupato, contro il 26% dei giovani che seguono un percorso puramente scolastico, per l’ottenimento del CAP (certificato di attitudine professionale) (Cereq, “Quand la formation continue”, 2014). Il che, la dice lunga rispetto alle potenzialità di questa misura! I numeri dimostrano anche che l’apprendistato garantisce ai giovani una maggiore stabilità di impiego: paragonati ai giovani che seguono un percorso scolastico, la possibilità di trovare un impiego stabile dopo l’apprendistato aumenta del 3,9 % nel caso del CAP o del BEP (Brevetto di studi professionali), e del 4,7 % nel caso, invece, del liceo (Céreq, “Quand la formation continue”, 2014). Uno strumento, dunque, da valorizzare, tanto più che non mancano ambiti e settori di attività in cui l’apprendistato non è ancora diffuso, ma che rappresentano un ampio bacino di intervento. Si vedano, ad esempio, il settore della plastica, dei trasporti, della logistica, ecc.
 
Il Governo francese è dunque nuovamente impegnato in questa direzione. Il 5 marzo 2014, dopo un iter che ha avuto inizio già nel 2013, è stata pubblicata una legge relativa alla formazione professionale, al lavoro e alla democrazia sociale, che è intervenuta in materia di apprendistato. La legge di marzo ha valorizzato il compito dei CFA (centri di formazione per l’apprendista), nel prevenire la rottura dell’apprendistato durante il periodo formativo, e ha riconosciuto un ruolo centrale alle branche professionali, nei termini di negoziazione in tema di formazione. Inoltre, è oggi possibile concludere un contratto a tempo indeterminato, che faccia seguito ad un primo periodo di lavoro in apprendistato.
Da giugno in poi, sono state portate avanti una serie di azioni che dovranno portare il Paese a raggiungere l’obiettivo di cui sopra, ossia i 500 mila apprendisti nel 2017.
 
Fermo restando il suo potenziale, quali sono i freni allo sviluppo dell’apprendistato?
Secondo quanto detto sopra, viste le garanzie di stabilità che l’apprendistato offre ai giovani, e delle quali pare che gli stessi siano consapevoli (http://campus.lemonde.fr/campus/article/2014/11/24/l-apprentissage-apprecie-mais-pas-assez-valorise_4528405_4401467.html), si potrebbe pensare alle aziende come agli attori che ne frenano lo sviluppo. In verità, questo non è del tutto vero, nonostante le lamentele che le aziende sollevano in termini, più che altro, economici.
 
Infatti, dal lato delle aziende, gli incentivi economici pubblici hanno rappresentato uno tra i fattori di maggiore incremento di questa misura. E, in tal senso, le cose cambieranno dal 2015, da quando si prevede che l’azienda percepirà un premio di 1 000 Euro, ma questo solo nel caso del primo apprendista, cui si riconosca un inserimento stabile all’interno dell’azienda (ovvero, nel caso dell’inserimento di un secondo apprendista).Questo cambiamento non viene percepito dalle aziende come qualcosa di vantaggioso, dato che, a differenza di prima, oggi l’aiuto economico verrà versato solo se ci sarà la possibilità di trasformare il contratto dell’apprendista. E se così non dovesse essere? In quel caso, l’azienda rischia di non percepire alcun aiuto economico, sparendo qualsiasi vantaggio in tal senso.
 
Tra le testimonianze di alcuni esperti, di cui quella all’economista Marc Ferracci, professore all’Università di Nantes e membro del Centro di ricerca in economia e statistica, al fine di valorizzare l’apprendistato, servirebbe agire in diverse direzioni, tra cui: modificare la governance, semplificare i percorsi di formazione, limitando l’incidenza del sistema scolastico nazionale, a fronte delle esigenze manifeste delle aziende, coinvolgere maggiormente le branche professionali, in modo che rivisitino il contenuto del programma formativo, creando, come in Germania, delle certificazioni.
 
Il contenuto troppo accademico delle formazioni e un disallineamento tra queste ultime e i bisogni delle aziende, sono individuati come i fattori che incidono maggiormente rispetto al fenomeno dell’abbandono della formazione in apprendistato.
 
Quali invece gli ostacoli che incontrano gli apprendisti? Se è vero quanto detto sopra, è da considerare il fatto che nella maggior parte dei casi, è proprio l’apprendista che interrompe il contratto durante la fase di formazione. In tal senso, i centri incaricati di gestire l’apprendistato sono andati ad investigare le possibili ragioni che portano i giovani apprendisti ad interrompere il loro percorso di alternanza. Sicuramente, come testimoniano molti giovani, il passaggio dalla vita scolastica a quella lavorativa non è sempre facile e pare che spesso i datori di lavoro vogliano un giovane operativo fin da subito. Giovani ancora acerbi rispetto alle regole del mondo del lavoro, ai ritmi e alla vita aziendale, cui, in più, vengono spesso affidate mansioni che non corrispondono al loro percorso formativo e diverse dalle loro aspettative, spiegano l’attrito che si viene a creare tra le aziende e i giovani, che non stimola l’incontro tra domanda e offerta e che, al contrario, spinge ad abbandonare questa strada.
 
Inoltre, le spese per un affitto e il costo del trasporto possono costituire un freno importante per l’apprendistato. Difficile sostenere queste spese se il giovane apprendista percepisce tra il 25% e il 78% del salario minimo garantito in Francia (SMIC). Solo i giovani che hanno le spalle le famiglie, possono quindi permettersi di far fronte a determinate spese, superando gli ostacoli dettati dalla logica dell’apprendistato.
Il problema è meno sentito nelle grandi città dove, anche prendendo casa in periferia, sono garantiti i mezzi di trasporto pubblico per raggiungere il cuore della città. La questione si complica nelle Province!
Per far fronte a questo svantaggio, nella regione del Nord-Pas-de-Calais, è stato istituito un fondo di solidarietà per gli apprendisti, proprio per sostenerli di fronte a difficoltà come quelle di cui sopra, ossia legate alle spese di affitto (sono stati messi a disposizione 500 000 Euro), così evitando che l’apprendistato si interrompa per ragioni materiali.
 
Negli altri casi, è difficile che l’azienda intervenga in tal senso. A volte capita (vedi nel caso dell’azienda Veolia) che il datore di lavoro preveda un rimborso per i trasporti, prendendosi in carico tutte le spese di trasporto che l’apprendista deve sostenere per raggiungere, da casa, il luogo di lavoro e il centro di formazione. Problema nel caso dell’apprendista automunito, perché l’azienda non prevede alcuna indennità chilometrica.
 
Il sostegno psicologico nell’apprendistato. In Alsazia, è stato riscontrato che una struttura di sostegno, che stia dietro all’attività dell’apprendista,  sia molto importante per limitare l’assenteismo e i casi di rottura anticipata dell’apprendistato. Se il giovane non si presenta ai corsi, o è in ritardo, il servizio lo contatta per capire i motivi reali (o meno) di questa assenza e/o ritardo.
Inoltre, un dato sociale da non sottovalutare, riguarda il fatto che molti giovani non conoscono i codici di comportamento e non sanno comportarsi in azienda. Per questo motivo, dato che questa inadeguatezza rispetto al contesto lavorativo è facile che coinvolga i giovani più svantaggiati, sarebbe opportuno attivarsi nell’ottica di un pre-apprendistato, così da aumentare le possibilità che si crei un dialogo tra l’apprendista e il futuro datore di lavoro.
 
Valorizzare l’apprendistato nel settore pubblico. L’attenzione del Governo francese all’incremento dell’apprendistato si rivolge anche al settore pubblico. Lo Stato si impegna ad aumentare del 50% gli apprendisti in seno agli uffici pubblici legati alla scuola. Inoltre, il 14 novembre di quest’anno, il primo ministro ha incaricato Jacky Richard di coordinare la missione che vede come obiettivo quello di sviluppare l’apprendistato anche nel settore pubblico, nella prospettiva di raggiungere i 10 000 contratti di apprendistato.
 
Il punto è che si associa l’apprendistato ai lavori manuali e, quindi, apparentemente non attinenti alle funzioni richieste in sede di pubblici uffici. In verità così non è perché sono state individuate, in seno ai Comuni e alle altre collettività territoriali, aree di formazione tecnica (meccanici, giardinieri, idraulici, ecc.) che possono aprirsi all’apprendistato e figure legate all’assistenza agli anziani e a servizi per l’infanzia, quali altrettanti ambiti nei quali poter intervenire.
Non solo. Molti dei funzionari statali si stanno avvicinando all’età della pensione, per cui l’apprendistato dei giovani potrebbe rappresentare un valido sistema di staffetta per la trasmissione delle competenze.
 
Detto questo, convinti che esista un ambito di applicazione per l’apprendistato, anche tra le funzione pubbliche, rimane un forte disincentivo al fatto che questo si sviluppi in questo settore, perché non essendo prevista la tassa per l’apprendistato, l’eventuale formazione rimarrebbe tutta a carico dell’ente. Questo spiega come mai, in questo settore, vengano privilegiate altre forme contrattuali, come ad esempio, gli emploi d’avenir, o i Pacte, che sono contratti che vengono utilizzati per i giovani senza qualifica.
Il tutto farebbe sperare in un futuro intervento che tenga conto anche di questo aspetto, al fine di migliorare i numeri dell’apprendistato anche in un settore come quello pubblico.
 
La Francia, dunque, punta dritto all’apprendistato con orizzonte 2017: ad oggi, non mancano le analisi, da parte delle autorità pubbliche francese, su questa misura, alla quale si associa la speranza per molti giovani di trovare un impiego stabile, una volta intessuti di quelle competenze teoriche e pratiche che solo l’alternanza di formazione teorica e esperienza lavorativa può dare. La consapevolezza delle potenzialità dell’apprendistato, tuttavia, non si accompagna ancora ad una reale identificazione dei limiti della sua regolazione in Francia, limiti che emergerebbero, forse, guardando di più alla sua governance ed all’approccio culturale che ne ha segnato il passo.
 
Giulia Alessandri
Apprendista di ricerca
Scuola di alta formazione in Transizioni occupazionali di ADAPT
@GAlessandri8
 
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