Tutti gli ostacoli della riforma del reddito di cittadinanza*

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 2 novembre 2022, n. 37
 
Dal discorso alle camere di Giorgia Meloni è stato possibile cogliere qualcosa dell’idea di lavoro che potrà guidare l’operato del governo. Si tratta del concetto, enfatizzato perfino dall’utilizzo delle parole di Papa Francesco, secondo il quale il lavoro sarebbe fonte di dignità e quindi l’obiettivo della politica dovrebbe essere quello di consentire a tutti coloro che ne hanno la possibilità di svolgerlo. Il bersaglio è chiaro e manifesto: il reddito di cittadinanza. E non poteva essere diversamente, considerando che la campagna elettorale della coalizione guidata da Meloni ha più volte identificato, con sfumature diverse, questo strumento come fonte di inefficienza nel mercato del lavoro, sostegno al non-lavoro e implicito assist ai fannulloni o ai lavoratori irregolari. Per questo è difficile non partire da qui per cercare di immaginare quali saranno i prossimi passi, o quantomeno le prossime sfide, che il governo dovrà affrontare in materia di lavoro.
 
Il punto chiave sembra quindi quello di far sì che i percettori di reddito di cittadinanza che possono lavorare lo facciano, anche accompagnati da percorsi di formazione e riqualificazione che possano aiutarli a reinserirsi, o inserirsi per la prima volta, nel mercato del lavoro. Un principio che così enunciato non può che essere condivisibile e che trova riscontro ad esempio in un altro dato emerso nei giorni scorsi, ossia il fatto che la maggioranza dei giovani Neet non si trova in condizione di inattività, avvallando quella narrazione del giovane nullafacente sul divano, al contrario sono disponibili a lavorare con una percentuale che al sud supera il 70%. Tra i Neet disoccupati inoltre il 51% è cerca lavoro da più di 12 mesi, senza trovarlo. Dati che sembrano confermare come, almeno tra i giovani, il lavoro sia un obiettivo da perseguire e di come gli ostacoli si incontrino soprattutto dal lato della domanda, non dell’offerta. Non che l’allineamento tra competenze richiesta da chi cerca lavoro e competenze richieste da chi lo offre sia ottimale, sia chiaro. Per riallinearle occorre però anche e soprattutto una solida domanda di lavoro in grado di indirizzare quelle attività di riqualificazione dei percettori del reddito di cittadinanza che possono consentirli di avere concrete opportunità di lavoro. E allo stesso tempo un impegno da parte del mondo delle imprese di innovare il loro modo di fare formazione che non può ridursi all’accesso ad incentivi per la formazione generica ma richiede maggior coinvolgimento con il mondo della scuola, della formazione professionale ecc.
 
Altro elemento da considerare è che attualmente il 20% dei percettori di reddito di cittadinanza ha un lavoro, ma un lavoro che non consente loro di uscire dalla soglia di povertà che farebbe decadere il loro accesso allo strumento. Non quindi qualsiasi lavoro, come ad esempio lavori a poche ore mensili, ma lavori che consentano davvero quella “vita degna mediante il lavoro” di cui parla Papa Francesco. Non è possibile quindi additare i percettori del reddito di cittadinanza, sebbene sia sempre utile aumentare i controlli per verificare i casi di abuso, quanto piuttosto serve una riflessione sulle condizioni del mercato del lavoro in Italia, così come il modo in cui molti degli attori anche pubblici non attuano le numerose disposizioni normative già presenti in materia di servizi per il lavoro. Questi pochi accenni bastano a mostrare come non sia tutto così semplice.
 
Occorre agire sul lato dell’offerta, come detto, con politiche che aiutino le imprese ad innovarsi, soprattutto nel settore dei servizi nel quale le ore lavorate pro-capite sono più basse e la durata dei contratti è più breve. Ma anche sul lato della domanda sapendo che la maggioranza dei percettori di reddito non ha mai lavorato o non lavora da anni per cui è necessaria una attività di accompagnamento personalizzato che, da soli, i Centri per l’impiego, sui quali poggia oggi buona parte delle attività di supporto, non possono fare, neanche con le nuove risorse previste. Non si può che augurare buon lavoro al governo, augurandoci che scommetta sul lavoro buono.
 
Francesco Seghezzi
Presidente Fondazione ADAPT

Scuola di alta formazione su transizioni occupazionali e relazioni di lavoro

@francescoseghezz
 

*pubblicato anche su Domani, 26 ottobre 2022

Tutti gli ostacoli della riforma del reddito di cittadinanza*