Spagna: anche le problematiche di salute mentale possono dare diritto al riconoscimento dell’inabilità permanente assoluta
| di Lavinia Serrani
Bollettino ADAPT 16 giugno 2025, n. 23
Segna un punto importante a favore del riconoscimento dei diritti dei lavoratori affetti da malattie mentali la recente sentenza n. 41/2025 del Tribunal Superior de Justicia de La Rioja (TSJLR), sezione lavoro, emessa in Spagna lo scorso 3 aprile 2025, la quale conferma il riconoscimento di un’invalidità permanente assoluta a una lavoratrice che soffriva di un grave disturbo psicologico.
La lavoratrice, insegnante nell’ambito della formazione non regolamentata, presentava una lunga storia clinica di disturbo della personalità sin dall’età di 18 anni, con sintomi di instabilità emotiva, ansia, alterazioni cognitive e del sonno, e ideazioni autolesive non messe in atto, oltre a numerosi ricoveri ospedalieri.
Il quadro clinico della donna è andato aggravandosi nel corso degli anni a causa di eventi personali, tra cui la rottura di una relazione e l’aumento delle responsabilità familiari. «Instabilità affettiva, con prevalenza di ipotimia, angoscia, paure non specifiche, insonnia nell’addormentamento. Frequenti pensieri di morte, senza ideazione suicidaria strutturata. Presenza di disagio emotivo prolungato nel tempo con sensazione di fragilità e incapacità», evidenziava il referto medico. O ancora «la paziente riferisce di voler morire, per smettere di soffrire», tanto che nel settembre 2024, è stata assistita in pronto soccorso per una crisi d’ansia con assunzione eccessiva di farmaci.
Inizialmente, l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) e la sua Tesoreria Generale avevano riconosciuto l’invalidità totale soltanto, però, con riferimento alla sua professione abituale, sostenendo che la lavoratrice fosse in grado di svolgere mansioni semplici e senza stress, anche da casa, e suggerendo persino che una certa attività lavorativa potesse migliorare il suo stato d’animo.
La docente, tuttavia, ha contestato questa valutazione, rivendicando la completa incapacità a svolgere qualunque tipo di attività lavorativa, data l’intensità del disturbo emotivo che le impedisce di soddisfare i requisiti minimi di continuità e rendimento lavorativo, soprattutto considerando la necessità di un’assistenza terapeutica costante.
L’adito Tribunale del Lavoro di Logroño ha accolto il ricorso, riconoscendo la gravità del disturbo psichico ed evidenziando che la donna non è in grado di rispettare i ritmi, la disciplina e le responsabilità minime richieste da qualsiasi impiego.
Avverso tale sentenza, l’INSS ha presentato ricorso per revisione innanzi al Tribunal Superior de Justicia de La Rioja (TSJLR), sostenendo che la lavoratrice mantiene la capacità di svolgere attività semplici, a basso livello di responsabilità e con orari flessibili, come lavori informatici da casa, e ribadendo che l’inattività potrebbe persino peggiorare il suo stato clinico.
Il Tribunale, appellandosi alla giurisprudenza della Corte Suprema e richiamando, in particolare, gli articoli 194 e 137 della Ley General de la Seguridad Social (LGSS), sottolinea come l’inabilità permanente assoluta debba essere valutata secondo criteri medici oggettivi, valutando in concreto se la persona sia in grado di svolgere qualsiasi mansione con regolarità, efficacia e all’interno di una struttura lavorativa standard.
Nel caso di specie, il Tribunale conclude che la lavoratrice non possiede la stabilità emotiva e funzionale necessaria per svolgere alcuna attività lavorativa, per quanto leggera: la dipendenza da un trattamento psichiatrico quotidiano e l’impossibilità di sostenere un’attività lavorativa con i minimi requisiti di continuità ed efficacia sono i fattori chiave a sostegno di questa decisione. È con tali argomentazioni che il Tribunal Superior de Justicia de La Rioja ha, dunque, respinto il ricorso dell’INSS e confermato la sentenza di primo grado, riconoscendo l’inabilità permanente assoluta della donna in considerazione dell’intensità del disturbo emotivo diagnosticato.
La decisione è stata accolta con soddisfazione dai legali della docente, i quali hanno rimarcato l’importanza di trattare le patologie mentali con lo stesso rigore e rispetto riservato alle malattie fisiche. «È un segnale forte: la salute mentale può costituire causa di invalidità assoluta, e la legge deve riconoscerlo», ha dichiarato l’avvocato Alessia Macchia.
La sentenza in esame rappresenta, in questi termini, un importante passo avanti verso una visione più inclusiva della disabilità e più attenta agli aspetti umani coinvolti, in linea con la giurisprudenza della Corte Suprema spagnola, che invita a superare approcci puramente tecnici in favore di valutazioni più complete e realistiche.
Ricercatrice ADAPT
Responsabile Area Ispanofona
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