Smart working, l’anno che verrà*

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Bollettino ADAPT 9 gennaio 2023, n. 1
 
Da ormai un quinquennio, il lavoro agile, o smart working, ha trovato una disciplina nel nostro ordinamento. Ma, come più volte ho potuto condividere su queste colonne, è con la pandemia (e i suoi perduranti strascichi) che la misura ha trovato una collocazione reale.
 
La fine dell’anno è sempre tempo di bilanci: tecnici, in capo alle organizzazioni pubbliche e private, e personali, relativi a tutti noi.

Quanto ai primi, la recente legge di stabilità mostra ancora una attenzione per i fragili per ragioni di salute, per i quali rimane quale diritto alla trasformazione in modalità agile (… ancora provvisoriamente, sino al 31 marzo 2023 e, quindi, a un anno dalla fine formale dello stato di emergenza). Non così, invece, per i genitori, che conservano una debole priorità e di regola per i figli sino a 12 anni. Pertanto dovranno accedere, eventualmente, ai congedi (non retribuiti) per malattia dei figli, ovvero assentarsi per motivi personali, oppure intaccando il proprio cd. monte ferie. Insomma, per le famiglie, con le scuole stabilmente aperte, è tornata la normalità.
 
Quanto ai bilanci personali, relativi alla diffusione e alla soddisfazione di chi ancora si avvalga del lavoro da remoto, le ricerche mostrano profili assai difficilmente comparabili, vuoi perché rivolte a settori specifici, vuoi perché esito di indagini su campione.

Gli studi condotti a livello europeo, nazionale e regionale mancano delle analisi, probabilmente, più veritiere. Da un lato, non risulta siano state lette le comunicazioni obbligatorie di attivazione della modalità agile di lavoro, che ben potrebbero restituire un quadro completo, relativo alla situazione sia nazionale, sia dei territori. Dall’altro, manca un monitoraggio degli accordi di trasformazione, sia individuali, sia collettivi, connessi alle misure di welfare collegate all’instaurazione di modalità di cd. smart working.
 
In questo scenario, viene da chiedersi che anno sarà il 2023 per il lavoro agile che dovrà affrontare un test significativo: la nuova normalità post-pandemica. Secondo alcuni, ci si aspetta il consolidamento dei modelli di smart working, soprattutto nelle grandi realtà e nel settore pubblico. Una delle ragioni dovrebbe riguardare il recente aumento dei costi energetici, idoneo a essere contenuto attraverso la modalità agile.
 
Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, consentire ai dipendenti di svolgere le proprie attività lavorative fuori della sede per 2 giorni a settimana permetterebbe di ottimizzare l’utilizzo degli spazi e ridurre i consumi, con un vantaggio economico potenziale di circa 500 euro l’anno per ciascuna postazione. Il report evidenzia anche come la decisione di ridurre gli spazi della sede del 30%, il risparmio potrebbe aumentare fino a 2.500 euro l’anno a lavoratore.
 
L’esperienza forzata del lavoro lontano dall’ufficio e la volontà di favorire il rientro, anche se parziale, delle persone nelle sedi ha accresciuto, nelle organizzazioni, la consapevolezza di dover realizzare azioni sugli spazi, posto che il 68% delle grandi imprese e il 45% delle pubbliche amministrazioni ha incontrato resistenze da parte delle persone rispetto al ritorno al lavoro (in tutto o in ampia parte) in presenza. Secondo questo stesso Osservatorio, il 52% delle grandi imprese, il 30% delle PMI e il 25% della pubblica amministrazione hanno già effettuato degli interventi di modifica degli ambienti o lo sta facendo in questi mesi. In prospettiva futura, queste iniziative sono previste o in fase di valutazione nel 26% delle grandi imprese, nel 21% delle pubbliche amministrazioni e nel 14% delle PMI.
 
Parimenti, il lavoro agile potrebbe utilmente contrarre i costi per la mobilità, unitamente al risparmio in termini di tempo, in capo ai lavoratori. Il profilo del riparto dei vantaggi sembra ancora allo stadio embrionale, posto che, sempre secondo l’Osservatorio citato, solo il 13% delle aziende del campione prevede per i lavoratori che lavorano da remoto dei bonus o rimborsi che non siano buoni pasto.

In conclusione, l’anno che verrà potrà mostrare ancora vitalità e prospettive di sviluppo per il lavoro agile, a patto che le imprese e le pp.aa. inizino a collocarlo all’interno di una strategia di trasformazione dei luoghi e tempi di lavoro, da condividere con i lavoratori, all’insegna della partecipazione.
 

Marina Brollo

Ordinaria di diritto del lavoro

Università degli Studi di Udine

@MarinaBrollo
 
*Pubblicato anche su Il Messaggero Veneto, 3 gennaio 2023

Smart working, l’anno che verrà*
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