Smart working: inutili i giri di parole, il lavoro in presenza deve essere prevalente. Fuorviante parlare di flessibilità come se il DM 8.10.2021 non imponesse la prevalenza della presenza in sede

Luigi Oliveri (blOgLIVERI, 4 gennaio 2022)

 
E’ francamente senza senso che si continui a parlare della gestione dello smart working in termini di percentuali, elemento del tutto fuorviante.
 
Il riferimento alle percentuali trae sempre in inganno, perchè esse non possono mai riguardare l’intero complesso nè dei dipendenti pubblici (e, infatti, finché i docenti di scuole e università non sono messi in lavoro agile – sono circa un milione, un terzo del totale dei dipendenti pubblici, al massimo 700.000 potrebbero andare in smart working), nè di una singola PA: lo smart working è comunque consentito solo ed esclusivamente nell’ambito delle attività e servizi compatibili con questa modalità organizzativa e rispettose delle pesanti condizioni poste dal DM 8.10.2021 (ovviamente, non vogliamo qui considerare corretti accordi e decisioni – pur presenti nella prassi, dato che nessuno controlla – che estendano il lavoro agile in violazione delle condizioni poste dalle norme).
 

In ogni caso, l’affermazione secondo la quale il lavoro agile possa toccare il 49%, se inteso come 49% del personale, va messa a confronto con le disposizioni contenute nel DM 8.10.2021, articolo 1, comma 3, lettera b): “l’amministrazione deve garantire un’adeguata rotazione del personale che puo’ prestare lavoro in modalita’ agile, dovendo essere prevalente, per ciascun lavoratore, l’esecuzione della prestazione in presenza”…

 

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