Scuola, l’unica chance per non morire di posto fisso (che manca)

Non ci sarà più lavoro per gli uomini e le donne del XXI secolo, annunciano intellettuali ed economisti spaventando le masse e deprimendo i giovani. I robot ci toglieranno il lavoro e non ci resterà che tassare chi li produce per avere un po’ di reddito con cui vivere e passare le nostre giornate nell’ozio.

Riecheggiano le grida dell’inizio del novecento quando si annunciava che la rivoluzione industriale avrebbe distrutto posti di lavoro facendo aumentare enormemente il numero dei poveri. Non è andata così, la povertà è diminuita, la produttività è aumentata, i salari e i consumi sono cresciuti. Molte persone hanno migliorato le proprie condizioni di vita e hanno trovato un lavoro.

Il lavoro che cambia, lo sviluppo tecnologico che avanza non sono una condanna, sono una sfida, il lavoro non sta finendo, sta cambiando, come sempre accade quando un nuovo paradigma si afferma.

Allora la questione è raccogliere la sfida, chiedersi cosa serve per vincerla, attrezzarsi per affrontare la transizione che certamente nel breve periodo penalizzerà in modo rilevante alcuni settori e i suoi occupati…

 

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