Sardegna: una proposta per cambiare le regole sui tirocini 

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Prosegue il cammino delle regioni verso l’adeguamento delle proprie linee guida in materia di tirocini extracurriculari a quelle statali, approvate il 25 maggio 2017 dalla Conferenza Stato-Regioni.

Se alcune regioni hanno recepito le linee guida nei tre mesi prospettati[1], altre vi hanno adempiuto successivamente e altre ancora sono a lavoro o in fase di ultimazione.

Tra queste ultime c’è la Regione Sardegna che ha un suo testo pronto da ormai tre mesi ed è attualmente in attesa dell’approvazione finale della commissione lavoro e formazione professionale.

 

Il 6 Dicembre 2018 il provvedimento ha avuto il parere favorevole della Commissione regionale per i servizi e le politiche del lavoro[2], trovando come unico parere negativo quello della CGIL sarda; il 16 Gennaio 2018 la giunta regionale ha approvato la Delibera n. 2/10 e, solo in via preliminare, il suo allegato contenente il testo delle nuove Linee Guida, da inviarsi alla commissione consiliare competente. Il 6 febbraio l’assessora al lavoro Virginia Mura ha presentato il contenuto delle linee guida ai consiglieri, rinviando a una seduta successiva l’eventuale presentazione di emendamenti e la votazione finale.

In tutti questi mesi, il percorso delle linee guida è stato costantemente monitorato e in qualche modo ostacolato dalle ragazze e dai ragazzi della rete “Cambiamo le regole sui tirocini – Sardegna”, che propongono una inversione di rotta rispetto alla regolazione precedente, a loro dire “legittimante situazioni di sfruttamento del lavoro”, con una serie di contro-proposte potenzialmente capaci di porre dei limiti agli abusi che l’utilizzo di questo strumento permette con troppa facilità.

 

La prima richiesta della rete dei tirocinanti è quella di intervenire a monte, vietando la possibilità di ricorrere al tirocinio per tutta una serie di attività lavorative e mansioni a bassa specializzazione e incompatibili a priori con le finalità di un tirocinio che sia realmente genuino, perché ripetitive o meramente esecutive; a tal fine si può fare riferimento ai profili già presenti nel Repertorio Regionale dei Profili di Qualificazione. È questo il miglior modo per far si che i “Principi” espressi nell’art. 1 delle linee guida[3] non rimangano tali solo sulla carta. In Sardegna, in particolar modo per la stagione estiva gli organici delle attività ricettive e turistiche pullulano di tirocinanti camerieri, addetti al ricevimento, baristi, banconieri; per averne un’idea si può dare uno sguardo alla borsa lavoro della RAS dove stanno arrivando le prime offerte, e ciò è un fatto grave dato che si tratta di un canale istituzionale di incontro tra domanda e offerta. Proprio quest’ultimo è un tema affrontato dai tirocinanti sardi che chiedono maggiori controlli-filtro sulla pubblicazione di offerte di tirocinio, filtrandole in base alla mansione in oggetto e alla richiesta di esperienza pregressa; su questo punto occorre sottolineare che già la Corte di Cassazione, con la sentenza n.18192 del 2016, ha ribadito che l’esperienza pregressa è sintomo di incompatibilità con la funzione formativa del tirocinio. La RAS già nel 2013 era finita nell’occhio del ciclone per la promozione di tirocini palesemente fittizi e irregolari[4] ma a quanto pare la situazione non è mutata.

 

Gli aspetti che più interessano i tirocinanti, in quanto rilevanti per l’organizzazione dei tempi di vita e per il soddisfacimento dei bisogni materiali, sono sicuramente la durata massima del tirocinio e l’indennità minima; la scelta della Regione Lazio con la d.G.R. n.533/2017, complice anche un certo spazio mediatico dato alla notizia, non è passata inosservata ai tirocinanti e ad essa si sono ispirati per ribadire la necessità di lasciare inalterata a 6 mesi la durata massima dei tirocini contro la generalizzazione dell’aumento della durata a 12 mesi, prevista dalle Linee Guida statali: “sei mesi sono un periodo sufficiente per essere formati e valutati come occupabili o meno, ed estendere la durata massima a dodici mesi è un evidente assist agli abusi e alla deformazione della stessa formazione” scrivono i giovani della Rete che, sottolineando come i sei mesi fossero anche il tempo massimo previsto dalle precedenti linee guida del 2013, si domandano “cosa è cambiato? Qual è la ratio di questo aumento?“.

 

Rispetto all’indennità minima, la ferma rivendicazione dei tirocinanti è quella di 800€ lordi al meseesattamente come nella regione Lazio“; “dal momento che si continua a chiudere gli occhi rispetto al fatto che i tirocinanti svolgano effettiva attività lavorativa e anzi lo si accetta, allora vogliamo ricevere una somma più dignitosa“, è questo il ragionamento che si legge nella lettera inviata alle istituzioni competenti. Un aumento dell’indennità minima, invero, potrebbe non solo rendere più dignitosa e motivante l’esperienza di tirocinio ma anche liberare il campo da quei datori di lavoro che non hanno un reale interesse ad investire sulla formazione ma solo ad utilizzare manodopera a basso costo; disincentivare e rendere meno attraente il ricorso ai tirocini potrebbe inoltre (se guidato con i giusti interventi) incentivare indirettamente il contratto di apprendistato, l’istituto più prossimo al tirocinio ma sicuramente più virtuoso.

 

A vedere il sistema presente in Sardegna, dove da anni vige il finanziamento pubblico alle imprese che “attivano progetti di tirocinio” tramite l’adesione a periodici programmi e avvisi pubblici promossi dalla Regione, occorre domandarsi quanto un aumento dell’indennità minima a 800€ possa fungere da deterrente contro chi vuole solamente abbattere il costo del lavoro. Nel programma attuale, iniziato nel luglio 2017, infatti, al tirocinante spettano 450€ lordi mensili, dei quali 300€ sono a carico del cofinanziamento pubblico e solo 150€ a carico del soggetto ospitante, il quale al termine del progetto riceverà anche il rimborso per la copertura assicurativa per gli infortuni presso l’Inail. Immaginando la continuazione di un sistema sostenuto dal cofinanziamento pubblico nell’ordine di 400€ al mese per tirocinante e una indennità minima fissata a 800€, al soggetto ospitante spetterebbe un esborso di 400€ al mese: una cifra non certo esosa per un’attività produttiva in buono stato e comunque uguale, se non più bassa, a quella richiesta ai soggetti ospitanti di altre regioni.

 

In una seconda lettera inviata alla Commissione Lavoro, la rete dei tirocinanti afferma che se dovessero rimanere inascoltati e nessuna delle loro richieste dovesse essere accolta, si difenderanno con i pochi strumenti a disposizione e prima di tutto con la creazione di un “TripAdvisor dello sfruttamento” dove poter recensire le aziende e “segnalare pubblicamente quelle realtà produttive che utilizzano in maniera distorta i tirocini solo per risparmiare sul costo del lavoro” e aggiungono “siamo ben consci che quest’ultimo [il costo del lavoro] è un problema reale col quale tanti imprenditori devono fare i conti ogni mese ma non siamo di certo noi a dovercene fare carico e a pagarne le spese“. Quello delle piattaforme dove i lavoratori possono recensire la parte datoriale o i committenti è un fenomeno che inizia a diventare pratica diffusa in diversi Paesi, soprattutto tra i lavoratori meno protetti e difficilmente sindacalizzabili, che si configura come uno spazio per il mutuo scambio di informazioni utili a conoscere preventivamente la “serietà” di un’azienda e il trattamento riservato ai lavoratori in fatto garanzia di diritti, carichi di lavoro, puntualità nella retribuzione. In Italia è esistente dal febbraio 2015 la piattaforma “Be Proved – L’altro lato dell’azienda“, mentre i lavoratori della c.d. gig economy e in particolare i turkers di Amazon Mechanical Turk hanno dato vita a “TurkOpticon”, dove possono recensire i requesters e quindi avere un utile strumento di garanzia a disposizione per decidere se in quel caso vale la pena o meno mettere a disposizione la propria forza lavoro.

Queste piattaforme possono essere nuovi spazi dove spostare in certa misura il conflitto capitale-lavoro, al quale legittimamente anche i tirocinanti possono ricorrere.

 

Marco Contu

Studente del corso di laurea magistrale in Relazioni di lavoro

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@MarcoContu94

 

[1] Cfr. A. Corbo, F. D’Addio, L.M. Pelusi, M. Tiraboschi, Tirocini extracurricolari: i primi recepimenti regionali delle linee guida del 25 maggio 2017, Adapt University Press, 2017

 

[2] Tale Commissione è un organo consultivo istituito dall’art.7 della L.R. 17 maggio 2016, n. 9 (Disciplina dei servizi e delle politiche del lavoro) al fine di “assicurare il concorso delle parti sociali alla definizione degli indirizzi e delle scelte programmatiche della Regione e alla determinazione delle politiche attive per il lavoro”

 

[3] “La Regione Autonoma della Sardegna promuove il tirocinio formativo quale misura di politica attiva, finalizzata a creare un contatto diretto tra un soggetto ospitante e il tirocinante allo scopo di favorire l’arricchimento del suo bagaglio di conoscenze, fargli acquisire competenze professionali e favorire l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro.”  / “I tirocini formativi non costituiscono rapporto di lavoro.” / “Il tirocinante non deve svolgere attività in autonomia, né di responsabilità, né tali che possano arrecare danno a se stesso o ad altri.” / “Il tirocinio non può essere utilizzato per tipologie di attività lavorative per le quali non sia necessario un periodo formativo

 

[4] Cfr. F. Fazio, Stage: linee-guida non bastano, in Bollettino ADAPT, n. 2/2013; V. Ulivieri, Il capo degli ispettori del lavoro: «se lo stage serve ad aggirare l’assunzione, noi la ordineremo», www.repubblicadeglistagisti.it, 1.2.2013

 

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