Ripensare la gig economy, per un lavoro più giusto

A qualsiasi latitudine ci sono persone che si trovano ad affrontare un nuovo mondo del lavoro. Un sistema che distribuisce milioni di impieghi ma nessuna stabilità; dove datori di lavoro e lavoratori sono connessi ma potrebbero non incontrarsi mai; un sistema che offre libertà, ma senza sicurezza e controllo.

 

Cosa c’è davvero di nuovo? Nonostante l’automazione di massa, i miliardi di dollari degli investitori privati e le milioni di app per cellulare, il lavoro rimane lavoro: nessuno, infatti, sembra essere riuscito a rivoluzionare quella concezione secondo cui una persona ne paga un’altra per fare qualcosa. Semplicemente, in alcuni casi,  gli strumenti del mestiere sono diventati digitali, probabilmente in maniera definitiva.

Nonostante questo, le nuove piattaforme del settore dicono, con una certa ambizione, di voler rivoluzionare le vecchie e travagliate relazioni tra datori di lavoro e lavoratori. Uberha destabilizzato le (spesso malviste) agenzie di taxi del passato; grazie a TaskRabbitbasta toccare uno schermo per assumere forza lavoro a basso costo in tutto il mondo; Deliveroo, infine, ha creato un esercito di ciclo-corrieri pronti ad affrontare freddo e pioggia per consegnare pasti a domicilio.

I loro opuscoli pubblicitari ci insegnano come queste aziende siano riuscite a risolvere gli aspetti scomodi dei rapporti lavorativi con astuzia e progettazione…

 

Continua a leggere su openpolis.it

 

Ripensare la gig economy, per un lavoro più giusto
Tagged on: