Quel mondo di mezzo: riflessioni sull’esperienza della contrattazione del lavoro non subordinato

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Bollettino ADAPT 18 marzo 2024, n. 11
 
Queste righe che seguono vogliono essere degli spunti di riflessione sul tema della contrattazione del lavoro in-dipendente. Riflessione stimolata anche e soprattutto dal recente Accordo Collettivo degli shopper firmato, insieme alle altre sigle del settore, dalla FeLSA CISL.
 
Dal punto di vista di chi scrive ci troviamo sicuramente di fronte ad un Accordo davvero innovativo, per ciò che attiene alla tipologia dei lavoratori interessati, i cd. shopper, e alle tutele in esso riconosciute. Non mi cimenterò in una illustrazione dei contenuti dello stesso, se non molto sommariamente.
 
Quello che tenterò di fare è trasmettere il valore generativo della contrattazione, nella sua capacità di regolamentare i rapporti di lavoro a metà tra la subordinazione e l’autonomia, cristallizzando diritti esistenti e creandone di nuovi, senza tuttavia snaturarne la forma di lavoro.
 
L’Accordo si inserisce nel solco della tradizione della contrattazione portata avanti dalla FeLSA CISL in questi anni, nella direzione di andare a tutelare tutte quelle forme di lavoro, per così dire, “nuove”, nel pieno esercizio della delega che l’art. 2 comma 2 lettera a) del Decreto Legislativo 81\2015 affida alla contrattazione.  Non sfugge a nessuno che la disciplina e la tutela del lavoro non standard siano state negli anni oggetto di ripensamento da parte del legislatore che più volte ne ha riscritto le norme, affidando di fatto una importante responsabilità alle parti sociali.
 
Ed è per questo che, come FeLSA CISL, siamo convinti che sia essenziale esercitare il nostro ruolo soprattutto in quegli ambiti in cui è la legge a riconoscere degli spazi.
 
In primis penso sia assolutamente rilevante considerare che con la contrattazione si esercita un reale protagonismo come corpo intermedio. Un protagonismo volto a dare tutele ad un segmento del mercato del lavoro partendo dall’ascolto delle persone che lo vivono e traducendo i bisogni in tutele e garanzie sociali ad hoc superando l’inflessibile distinzione tra autonomia e subordinazione contenuta nel Codice Civile, disposizione normativa piuttosto risalente, e che ignora i cambiamenti che hanno caratterizzato il mercato del lavoro dell’ultimo ventennio e che richiedono un’azione rinnovata. Ed è qui che la contrattazione può dare il suo valore aggiunto come strumento di tutela. La contrattazione non è legata a rigidi schemi: in nome dei principi che la detta può ben costruire tutele specifiche che rispondono a necessità comuni, rispettando le caratteristiche specifiche di ogni forma di lavoro. Ne costituisce la plastica rappresentazione l’Accordo citato che combina istituti di tutela tipici del lavoro subordinato (es. maggiorazioni retributive; tutele della genitorialità e della malattia) con tutele innovative più prossime al carattere autonomo della prestazione (disciplina della assegnazione degli incarichi). Questo elevato grado di elasticità e di adattabilità è un valore intrinseco della contrattazione.
 
Altro aspetto rilevante è poi la constatazione delle caratteristiche endogene del mercato del lavoro moderno. Siamo al cospetto di prestazioni lavorative spesso parcellizzate, sicuramente senza un tempo ed un luogo ben definiti ed individuati. È altissimo il rischio che in un simile modello la solitudine del lavoratore prevalga e che non attecchisca una dimensione sociale del lavoro, vero viatico per la partecipazione e la crescita di una coscienza di comunità del lavoro. La cosa peggiore è che il lavoratore sia lasciato a sé stesso, privo di tutela e di protezione, privo di una prospettiva di visione evolutiva di crescita propria e dei suoi colleghi. In altre parole, la peggior sciagura che dobbiamo evitare è l’atomizzazione del lavoratore che da persona, col suo bagaglio di predisposizione alla socialità ed alla solidarietà, regredisca ad individuo, rannicchiato in un guscio fatto di paura, ansia ed egoismo, in cui percepisca il suo simile non come un collega, ma come un competitor. Direi che è sotto questo profilo che la contrattazione può fornire il vero senso di sé. La contrattazione porta con sé un profondo sostrato di solidarietà. Non è un caso se la più alta espressione della azione contrattuale posta in essere dal Sindacato è la contrattazione collettiva. È la sua vocazione collettiva a preparare il terreno ad una comunità del lavoro. Ed in questo senso sono convinto che le regole sulle agibilità sindacali, sul diritto di assemblea, sulla rappresentanza, che come Sindacato abbiamo inserito in questo ed anche in altri Accordi, abbiano un significato che va ben al di là del loro pur rilevante effetto pratico. Ad avviso di chi vi scrive la funzione educativa dell’idea di una rappresentanza ha nel settore un valore altissimo. Creare le condizioni e quindi indirizzare ed educare all’esercizio di una rappresentanza significa stimolare le coscienze degli individui per proiettarli in una dimensione di persone “sociali” pronte a vivere il mondo del lavoro in una prospettiva di crescita e solidarietà.
 
Pertanto penso sia da esercitare convintamente la grande responsabilità che abbiamo come parti sociali. Con la nostra azione possiamo dare dignità ad un mondo del lavoro ed a lavoratori lasciati in balìa di loro stessi. E ce lo spiegava bene Steinbeck di cosa può significare lasciare i lavoratori soli, senza tutele, dignità e coscienza collettiva. Nel suo capolavoro del 1939 “Furore” dava un affresco drammatico delle condizioni dei lavoratori durante la Grande Depressione: Dove c’è lavoro per uno, accorrono in cento. Se quell’uno guadagna trenta cents, io mi contento di venticinque. Se quello ne prende venticinque, io lo faccio per venti. No, prendete me, io ho fame, posso farlo per quindici.
Io ho bambini, ho bambini che han fame! Io lavoro per niente; per il solo mantenimento. Li vedeste i miei bambini! Pustole in tutto il corpo, deboli che non stanno in piedi. Mi lasciate portar via un po’ di frutta, di quella a terra, abbattuta dal vento, e mi date un po’ di carne per fare il brodo ai miei bambini, io non chiedo altro. E questo, per taluno, è un bene, perché fa calare le paghe rimanendo invariati i prezzi. I grandi proprietari giubilano, e fanno stampare altre migliaia di prospettini di propaganda per attirare altre ondate di straccioni. E le paghe continuano a calare, e i prezzi restano invariati. Così tra poco riavremo finalmente la schiavitù.”. Uno scenario da incubo che sta a noi scongiurare. Ed è con la contrattazione che possiamo farlo.
 

Daniel Zanda

Segretario Generale FeLSA CISL
@daniel_zanda

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