Quei tagli su permessi e assemblee e l’accordo elettrolux con il sì della Fiom

I permessi sindacali sono regolati dallo Statuto dei lavoratori che ne prevede di due tipi, retribuito e non retribuito, e sono finalizzati a garantire l’agibilità politica. Ma oltre alla legge anche i contratti nazionali e le intese aziendali si sono occupate della materia soprattutto negli anni Settanta e nella stragrande maggioranza dei casi hanno aggiunto ore agli standard previsti dalla legge.

 

In virtù di questi accordi in quegli anni anche i delegati di linea hanno potuto svolgere attività sindacale all’interno dello stabilimento usufruendo per l’appunto dei permessi. Successivamente per tutti gli anni Ottanta le cose sono rimaste ferme e solo dagli anni Novanta le aziende private hanno cominciato a regolare in maniera più rigorosa la materia razionalizzando il numero degli incarichi esterni, perimetrando le modalità di utilizzo dell’agibilità politica e in qualche caso anche operando delle riduzioni quantitative. Per limitarsi ad un esempio, una volta anche il tempo necessario per preparare una riunione o per recarsi a Roma a un coordinamento nazionale veniva coperto dal monte ore sindacale, successivamente invece la franchigia ha riguardato solamente il tempo necessario a partecipare alla riunione.

 

Sul piano dell’ottimizzazione dei costi del lavoro queste misure di regolazione non hanno mai dato grandi risparmi: si stima che in una grande fabbrica con sindacato forte e con una conflittualità vivace l’insieme dei permessi incidesse intorno allo 0,6%, non di più. È difficile tirar fuori dei numeri certi per la pubblica amministrazione, ma a causa di un’ampia dilatazione del monte ore e di un numero di ore di assemblee retribuite nettamente più generoso (in alcuni casi anche 18 ore contro le io del settore privato) la stessa stima sul costo del lavoro oscilla tra il 3 e il 5%.

 

Nel settore privato la progressiva regolazione e riduzione dei permessi è avvenuta senza particolari traumi nei rapporti tra imprese e sindacati anche in virtù di quello che potremmo chiamare lo «spirito del tempo». Per effetto della riduzione del numero degli addetti e del parallelo dibattito apertosi nel Paese sulla riduzione dei costi della politica anche le organizzazioni di fabbrica hanno ritenuto in diverse situazioni che valesse la pena dare un segnale ai lavoratori di contenimento dei permessi e quindi di maggiore aderenza dei delegati sindacali alla condizione operaia media. In qualche caso le confederazioni ne hanno fatto un elemento di trasparenza nel rapporto con la base, in altri sono stati raggiunti accordi di contenimento che si è scelto di non sbandierare ai quattro venti.

 

E chiaro poi che nei tavoli «operatori» dove si cerca di salvare le numerose aziende in crisi la questione dei permessi sia stata affrontata più volte: quasi sempre però in chiave prevalentemente simbolica. Come testimonianza della disponibilità del sindacato ad adottare comportamenti rigorosi e discontinui. Il caso più significativo e recente è quello dell’intesa che ha posto fine alla vertenza Electrolux (la multinazionale svedese aveva ventilato in una prima fase di lasciare l’Italia), intesa di cui il segretario della Fiom-Cgil Maurizio Landini ha rivendicato anche ieri di essere uno dei padri. Ebbene a Pordenone si è previsto un taglio dei permessi sindacali dell’ordine del 55%.

Quei tagli su permessi e assemblee e l’accordo elettrolux con il sì della Fiom
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