Politically (in)correct – Sul salario minimo le opposizioni mettono le carte in tavola

Bollettino ADAPT 11 dicembre 2023, n. 43

 

A passare in rassegna gli emendamenti delle opposizioni al ddl bilancio in discussione al Senato ci si accorge che, mentre era in corso lo scontro alla Camera sul salario minimo, con toni e gesti degni delle vecchie comiche a torte in faccia, le minoranze si erano portate avanti col lavoro a Palazzo Madama, scomodando i pezzi grossi (Patuanelli, Boccia, De Cristofaro, Calenda) a formare un super-emendamento sotto un titolo ingannevole: Art. 5-bis. (Beneficio economico in favore dei datori di lavoro per gli incrementi retributivi corrisposti ai fini dell’adeguamento al salario minimo). Infatti, a leggere il testo ci si rende conto che l’emendamento se la cava, sotto questo aspetto, con una dotazione complessiva pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026. Mentre il beef sta nella proposta (ben 22 commi) di un’organica disciplina del salario minimo legale.

 

I riferimenti legislativi oltre all’articolo 36 Cost.  chiamano in causa l’articolo 36 dello Statuto dei lavoratori per quanto riguarda la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona. Il dispositivo è quello arcinoto: i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, sono tenuti a corrispondere ai lavoratori di cui all’articolo 2094 del codice civile una retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Beneficiari del salario minimo, oltre ad altre fattispecie di lavoro coordinato e continuativo, prevalentemente personale, sono anche i titolari di rapporti di collaborazione con l’eccezione delle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali; alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni; degli addetti alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società dai partecipanti a collegi e commissioni;  nel caso di prestazioni d’opera intellettuale o manuale di cui all’articolo 2222 del codice civile, il committente è tenuto a corrispondere un compenso proporzionato al risultato ottenuto, avuto riguardo al tempo normalmente necessario per conseguirlo.

 

L’emendamento passa, poi, alla definizione di «retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato» intendendo per esso il trattamento economico complessivo, comprensivo del trattamento economico minimo, degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità contrattuali fisse e continuative dovute in relazione all’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa, non inferiore, ferme restando le pattuizioni di miglior favore, a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) in vigore per il settore in cui il datore di lavoro opera e svolge effettivamente la sua attività, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Il trattamento economico minimo orario stabilito dal CCNL, non può comunque essere inferiore a 9 euro lordi. Il trattamento economico minimo orario per il lavoro domestico è stabilito con regolamento adottato mediante decreto del Ministro del lavoro e 122 delle politiche sociali, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto dei princìpi e delle finalità della medesima legge. In presenza di una pluralità di contratti collettivi nazionali applicabili, la retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato non può essere inferiore a quella prevista per la prestazione di lavoro dedotta in obbligazione dal CCNL stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria merceologico-produttiva interessata…

 

In mancanza di contratti collettivi nazionali per il settore di riferimento stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, la retribuzione non può essere complessivamente inferiore a quella stabilita dal CCNL che disciplina, nel medesimo settore, mansioni equiparabili. In mancanza di contratti collettivi nazionali specifici per il settore di riferimento la retribuzione di cui al comma 6 non può essere complessivamente inferiore a quella stabilita dal CCNL per il settore maggiormente affine a quello di riferimento e che disciplina mansioni equiparabili a quelle svolte nel settore privo di contratti collettivi nazionali specifici. Per i lavoratori che prestano la propria attività lavorativa in forza di un contratto di agenzia o di rappresentanza commerciale o di un contratto di collaborazione, in mancanza di accordi collettivi nazionali specifici per il settore di riferimento stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, la retribuzione dovuta non può essere complessivamente inferiore a quella stabilita dal CCNL che disciplina, nel medesimo settore, mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, avuto riguardo al tempo normalmente necessario per fornire la stessa prestazione.

 

Come viene stabilito secondo l’emendamento il salario minimo? Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituita la Commissione per l’aggiornamento del valore soglia del trattamento economico minimo orario. La Commissione è presieduta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, o da un suo delegato, ed è composta da: a) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; b) un rappresentante dell’Istituto nazionale della previdenza sociale; c) un rappresentante dell’Istituto nazionale di statistica; d) un rappresentante dell’Ispettorato nazionale del lavoro; e) un numero pari di rappresentanti delle associazioni dei datori lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale. La Commissione: a) con cadenza annuale, valuta e determina l’aggiornamento dell’importo del trattamento economico minimo orario; b) monitora il rispetto della retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato; c) raccoglie informazioni e cura l’elaborazione di specifici rapporti o studi periodici sull’applicazione dei contratti collettivi nei vari settori.

Qui sorge un primo dei problemi che lasciano molti dubbi sull’opportunità di istituire un salario minimo per legge, in quanto si prefigura un nuovo meccanismo di scala mobile seppure operante all’interno del trattamento complessivo minimo. Infatti è previsto un aggiornamento su base annuale dell’importo del trattamento economico minimo orario disposto con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su proposta della Commissione (un organismo di evidente profilo negoziale) ai componenti della quale non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o altro emolumento comunque denominato, perché, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e l’amministrazione interessata vi provvede con le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

E se il datore di lavoro non si adegua? Oltre altri strumenti di tutela già previsti dall’ordinamento, compresa l’adozione della diffida accertativa su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il giudice del lavoro del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione della norma ordina al datore di lavoro, con decreto motivato e immediatamente esecutivo, la corresponsione ai lavoratori del trattamento economico complessivo e di tutti gli oneri conseguenti.

 

L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato ai sensi di legge. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro trenta giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva.

 

Dopo il bastone arriva la carota. Al fine di contenere i maggiori costi a carico dei datori di lavoro derivanti dagli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro al fine di adeguare il trattamento economico minimo orario all’importo di 9 euro, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è istituito un «Fondo per il salario minimo», con una dotazione complessiva pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026. Il beneficio economico in favore dei datori di lavoro è, progressivamente decrescente e proporzionale agli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro al fine di adeguare il trattamento economico minimo orario all’importo di 9 euro.

 

Come si differenzierà l’attuazione della delega inserita dalla maggioranza con un emendamento sostitutivo dell’AC 1275?  A parte l’autodafé del numeretto che, secondo le opposizioni, costituiva l’asse portante dell’intervento nel suo complesso (peraltro nessuno di è sforzato di spiegare quali valutazioni condurrebbero inesorabilmente a 9 euro), la differenza più importante concerne l’individuazione del CCNL da prendere da riferimento. Nell’emendamento dei capigruppo dell’opposizione contano le “referenze” delle parti stipulanti. In proposito è auspicabile che il mondo della sinistra politica e sindacale si sia almeno convinta dell’inutilità di una legge sulla rappresentanza, se è vero come è vero che tale requisito emerge dalla realtà essendo il 97% dei lavoratori “coperti” da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni “virtuose”. È altresì sperabile che venga raccolta nel novero delle fake news la leggenda dei contratti “pirata” che sarebbero responsabili – secondo la versione di taluni dirigenti sindacali – dei salari da dumping sociale, quando anche la partita del gap retributivo chiama in causa proprio le grandi confederazioni storiche.

 

Nella delega è previsto invece un sistema di maggiore rappresentatività che si afferma nei fatti in base ai numeri dei soggetti e delle imprese che si riconoscono nei contratti il cui trattamento complessivo minimo diventerebbe in pratica erga omnes. Ambedue le proposte espongono un vistoso “tallone di Achille”. Come si definiscono le platee interessate a certificare, da un lato, lo stato di maggiore rappresentatività comparata, dall’altro quelle che consentono di verificare quale sia il contratto più applicato. Non esiste nell’ordinamento intersindacale una definizione ontologica di categoria. Quelle che vengono considerate tali sono una conseguenza inerziale dell’ordinamento corporativo, in cui l’ambito della categoria derivava da una ripartizione amministrativa. Oggi, ai sensi del comma 1 dell’articolo 39 Cost. i confini dell’applicazione di un contratto di diritto comune sono definiti dall’autonomia contrattuale delle parti. Anche un contratto pirata all’interno di una platea definita potrebbe risultare quello maggiormente applicato. Non è una questione di agevole soluzione sul piano giuridico in ambedue le prospettive, ma è questa la pietra d’angolo di un intervento legislativo sulla retribuzione, una materia che è sempre appartenuta alla flessibilità della contrattazione.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

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