Politically (in)correct – Migliori nemici

Bollettino ADAPT 20 marzo 2023, n. 11

 

I Congressi sono come gli alberghi spagnoli dove – si dice – gli ospiti trovano solo quello che portano con sé. In base a questa regola, il XIX Congresso della Cgil, svoltosi a Rimini nei giorni scorsi, è finito come era iniziato, almeno per quanto riguarda l’iniziativa sindacale della Confederazione. E non poteva essere altrimenti per quanto si riferisce alla tradizione della Cgil. Vittorio Foa – magari erano altri tempi – che le svolte non si realizzano nei congressi, ma in precedenza a livello dei gruppi dirigente; poi tocca ai congressi ratificare e consolidare la nuova linea. Purtroppo nel caso della Cgil, il più importante sindacato del Paese (in Europa secondo solo rispetto alla DGB), per quanto riguarda la politica sindacale continua a rammendare le solite vecchie calze senza neppure accorgersi dei cambiamenti che si sono verificati e che si annunciano.

 

L’aspetto più clamoroso riguarda l’analisi della società e dell’economia da cui scaturisce un Paese a una dimensione pauperistica dove trionfano l’arbitrio del padronato, il “precariato dilagante”, la povertà, il primato del profitto, la disoccupazione, l’ostilità dei governi; tutto ciò mentre la realtà è assai più complessa, tanto da far ritenere che, in prevalenza, i problemi vi siano dal lato dell’offerta del lavoro. Per onestà occorre riconoscere che la relazione del segretario (riconfermato) Maurizio Landini è apparsa più aggiornata e accorta del documento di maggioranza che ha introdotto il dibattito congressuale. Ve ne era anche un altro di una minoranza interna che ha raccolto pochi voti e che sembrava scritto da Jean-Luc Mèlenchon sotto gli effetti di un’eccessiva libagione. I delegati di questa mozione sono, poi, stati quelli che hanno contestato, con un po’ di patetico folklore la presenza e l’intervento del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo aver requisito ed esposto tutti i pupazzi di peluche reperibili nel circondario. Se però si fa astrazione dai temi di carattere prettamente sindacale e (pur riconoscendo una torsione stravagante nei ruoli) lo si colloca nell’ambito del più generale dibattito politico, il XIX Congresso ha svolto un ruolo importante e ha colto gli obiettivi che si intravvedevano sotto traccia. Quell’Assise si ricorderà per il tempo necessario (guai a scomodare la storia per tanto poco) per ciò che è avvenuto alle ore 12:00 di venerdì 17 marzo, quando ha preso la parola Giorgia Meloni davanti ad una platea attenta e (a parte la messa in scena dei clienti delle osterie di provincia) corretta.

 

A Rimini la premier di un governo di destra ha ricevuto dalla Cgil quella legittimazione che la sinistra (quella che conta perché – per dirla come Stalin sul Papa – ha i carri armati) non gli ha ancora riconosciuto. Quanto a Landini, non solo ha dimostrato di saper assicurare all’ospite l’accoglienza dovuta, ma ha portato ancora più avanti la linea che in campagna elettorale aveva lasciato tanti osservatori in “braghe di tela”, togliendo di mezzo ogni pregiudiziale nei confronti della maggioranza e del governo che erano attesi, con ben poche incertezze, dallo scrutinio. Allora fu un lasciapassare non da poco quello che la Cgil rilasciò al governo Meloni, disarmando il principale argomento – l’antifascismo – che la sinistra era tentata di usare, essendo in disarmo anche al suo interno la stabilità dei conti pubblici a cui il Pd cominciava già – durante la campagna elettorale – ad attribuire gran parte delle sue disgrazie. Peraltro Landini non ha mai detto che il fascismo è finito; anzi, ha addirittura fondato la rete internazionale dei sindacati antifascisti e approfitta dell’assalto alla Cgil per dare credibilità alle sue tesi. A Firenze è montato sulla gaffe del ministro Valditara pur riconfermando a chi lo intervistava che quella vicenda non avrebbe precluso il rapporto con l’esecutivo, che sarebbe continuato a basarsi sui fatti e i contenuti. D’altra parte, che cosa porta Meloni nello scambio?

 

La premier ha dimostrato di avere coraggio e grinta; e i sindacalisti rimangono impressionati da queste qualità anche quando le scorgono negli avversari. Poi, con la sua disponibilità, ha mostrato di considerare Landini e la Cgil dei primi inter pares, non solo nell’ambito del sindacato e delle c.d. parti sociali, ma anche nel contesto dell’opposizione di sinistra. Per farla breve, Landini mostra all’opinione pubblica che la Cgil sa distinguere tra la leader di un partito avverso e la presidente del Consiglio, di cui riconosce la legittimità del ruolo. Giorgia Meloni mostra di essere consapevole che il posto del presidente del Consiglio in carica, non avrebbe potuto non essere a Rimini, ad accogliere l’invito del più importante sindacato italiano. Inoltre, a prescindere dal merito delle proposte sui vari dossier, Meloni ha ribadito le posizioni del governo e Landini ha evocato la mobilitazione delle masse. Non è affatto detto che si trovino delle intese adeguate. Ma molto meglio l’incontro/scontro tra i due veri leader del Paese, che il pollaio del confronto tra la Cgil e i partiti di opposizione che ha caratterizzato la seconda giornata del XIX Congresso.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

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