Politically (in)correct – I riders rapiti

Bollettino ADAPT 21 settembre 2020, n. 34

 

Accordo UGL-Assodelivery. A un anziano ex sindacalista – come chi scrive – non possono venir meno i pregiudizi di una intera vita. Appartengo a una generazione di militanti che rifiutava di avere rapporti con la Cisnal, per i legami che essa aveva con il MSI; la medesima linea di condotta vigeva nei confronti dei sindacati c.d. autonomi che pure, in taluni settori, come la scuola, vantavano una presenza ed una tradizione  assai più antiche e solide del sindacalismo confederale.

 

A volte – negli avventurosi anni ’70 – capitò persino che la logica del ‘’noi o loro’’ prendesse la mano ai sindacati confederali. Ricordo che in un negoziato per il contratto della ‘’gente dell’aria’’ (così si chiamava allora il personale delle compagnie aeree), le federazioni di Cgil, Cisl e Uil del settore pretesero di rappresentare anche i piloti e di escludere dal tavolo i dirigenti del potentissimo sindacato autonomo, largamente maggioritario in quella specifica categoria. Questa preclusione – assecondata dall’Alitalia perché allora nessuno osava smentire le confederazioni storiche – produsse una marea di scioperi (è lapalissiano comprendere che, quando si astengono dal lavoro i piloti, gli aerei non decollano) ed arrivò sul punto di provocare la minaccia di  uno sciopero internazionale di solidarietà, essendo l’organizzazione dei piloti italiani riconosciuta a quel livello. Per fortuna intervennero le segreterie confederali  a richiamare all’ordine e alla realtà i sindacati di categoria.

 

Di per sé l’operazione era sbagliata ed inopportuna, persino un po’ azzardata. Ma non era illegittima, perché l’ordinamento sindacale emerso e costruito al di fuori di quanto previsto dall’articolo 39 Cost. con riferimento ai requisiti e alle procedure atti a negoziare contratti validi erga omnes, si basava su di un principio fondamentale: il reciproco riconoscimento come interlocutori essenziali del negoziato e della sottoscrizione del contratto. Tale principio venne assunto anche nell’ordinamento giuridico nell’ambito dello Statuto dei lavoratori. Almeno fino a quando un referendum – con connotati di masochismo – non mutilò l’articolo 19 della legge n.300/1970, privilegiando i soggetti protagonisti del contratto applicato in azienda. Da quel momento il diritto sindacale è come una nave che ha il motore fuori uso e che cerca di mantenere la rotta a colpi di remi, in un mare che in pochi anni ha  visto raddoppiare le imbarcazioni con una forte presenza di naviglio pirata. 

 

A questo punto occorrerà tirare le fila del ragionamento di premessa, andando direttamente all’evento che lo ha provocato:  la stipula nei giorni scorsi di un contratto tra UGL (ex Cisnal) e Assodelivery da applicare ai riders: un accordo  ritenuto dai sindacati confederali “una finta operazione di miglioramento delle condizioni di lavoro dei riders“. Cgil, Cisl e Uil annunciano che intendono intraprendere “tutte le azioni possibili, dallo sciopero, alle vertenze legali per contrastare l`applicazione di questo contratto”. Le confederazioni stigmatizzano, inoltre, il comportamento di Assodelivery e delle sue associate, che “non hanno mai voluto riconoscere il contratto collettivo della logistica per i riders, sottoscritto dalle nostre categorie di riferimento nel 2018, che individua diritti e tutele molto più vantaggiosi per i lavoratori”. Ovviamente, le confederazioni rendono merito al ministro Nunzia Catalfo di essere intervenuta subito, con lettera, nei confronti dell’organizzazione datoriale, paventando una illegittimità dell’accordo contestato. È interessante assistere allo sviluppo della vertenza. 

 

Da partigiano confesso mi auguro che le ragioni di Cgil, Cisl e Uil, finiscano per prevalere (anche se la loro non è una bella figura!); ma stento ad individuare forti e indiscutibili ragioni di illegittimità nell’accordo UGL-Assodelivery. Per quanto riguarda la questione della rappresentatività la sua soluzione è rinviata a livello d’azienda, mentre mi sembrano deboli gli argomenti, sostenuti dalle segreterie delle confederazioni, riguardanti l’inquadramento e la natura del rapporto. Sul primo aspetto, è vero che la contrattazione collettiva nazionale, in Italia, affonda le sue radici nel corporativismo, quando la ‘’categoria’’ era un dato ontologico, il cui perimetro e le cui appartenenze erano stabilite in via amministrativa, in quanto articolazioni della società e dello Stato. Oggi la collocazione dei vari pezzi del mondo del lavoro è definita liberamente dalla volontà delle parti; sono loro, non la legge, a tracciare i confini, necessariamente non una volta per tutte. E augurabilmente secondo indirizzi razionali. Non ci sono criteri riconoscibili in base ai quali un gruppo di lavoratori esercenti una professione debba essere organizzato in via preliminare all’interno di un perimetro negoziale. Per cui essere inquadrati nel contratto della Logistica è possibile solo se le parti condividono una scelta siffatta. Quanto all’attribuzione della fattispecie di lavoro dipendente o autonomo, non  esiste ancora una giurisprudenza consolidata in grado di sciogliere il nodo.  La dottrina (e con essa la giurisprudenza) è arrivata da tempo a considerare l’esistenza di un’enorme area grigia tra il lavoro subordinato e quello autonomo, tanto che la vera distinzione  è data dall’essere o meno il lavoratore non solo  alle dipendenze ma anche sotto la direzione dell’imprenditore. E questa ‘’piccola’’ differenza è riscontrabile nelle modalità con cui il rider organizza la sua prestazione, a partire dalla disponibilità ad accettare o meno l’avviso di consegna.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

 

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