Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/79 – Il rinnovo del CCNL Artigiani Area Meccanica

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

Bollettino ADAPT 24 gennaio 2022, n. 3
 
Contesto del rinnovo
 
Il 17 dicembre 2021 è stato finalmente siglato il rinnovo del CCNL per i dipendenti delle imprese artigiane dell’area meccanica. L’importanza del rinnovo nel contesto italiano sta innanzitutto nei numeri e nella varietà dei settori interessati. Il rinnovo riguarda mezzo milione di lavoratori e circa 120mila micro e piccole aziende, attive nei settori metalmeccanica ed installazione di impianti, autoriparazione, orafi, argentieri ed affini, odontotecnici. Rispetto al passato, inoltre, la copertura contrattuale è estesa anche al settore restauro artistico di beni culturali.
 

Il rinnovo del CCNL è arrivato con forte ritardo. Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil avevano aperto le trattative già a fine 2019, presentando la propria piattaforma rivendicativa. Erano domandate, fra le altre cose, l’introduzione di un diritto soggettivo alla formazione continua per i lavoratori, e l’obbligo per le imprese di mettere a disposizione beni e servizi di welfare per un valore fino a 250 euro su base annua. Si trattava, evidentemente, di richieste debitrici della riflessione progettuale e delle negoziazioni condotte dalle stesse Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil per il CCNL per l’Industria metalmeccanica e dell’installazione d’impianti del 2016.
 
Il rinnovo del CCNL artigiani dell’area meccanica, come detto, è però arrivato con forte ritardo. Del resto, accanto alla consueta complessità delle contrattazioni nazionali, le associazioni sindacali, le federazioni di settore di Confartigianato e di CNA, nonché CASARTIGIANI e CLAAI, avranno dovuto fare i conti con l’emergenza pandemica da Covid-19. La quale ha minacciato gravemente la tenuta economica e sociale dei settori artigiani. Basti dire che, in base a quanto reso noto dalla stessa Confartigianato, nel 2020 un terzo delle micro e piccole imprese artigiane ha corso “seri problemi operativi e di sostenibilità dell’attività”. Queste note di contesto contribuiscono a spiegare l’importanza del rinnovo finalmente giunto a fine 2021.
 
Parte economica

 

Con la sottoscrizione, le parti hanno sciolto il nodo dell’aumento dei trattamenti economici minimi. È stato concordato un aumento del 5% a fronte di un’iniziale richiesta del sindacato dell’8%. È stato inoltre deciso che l’adeguamento non si sarebbe verificato subito, ma scaglionatamente nel corso del 2022. Sarebbero stati seguiti tre step, in rapporto con le retribuzioni di gennaio, maggio e dicembre. Poiché poi, per la prima volta, il CCNL sarebbe stato rivolto anche al settore del restauro artistico dei beni culturali, le parti hanno introdotto anche dei trattamenti economici minimi del tutto nuovi, giustificati dall’allargamento del sistema di classificazione e inquadramento.
 
Probabilmente, la discussione sui trattamenti economici minimi è proseguita di pari passo con quella per il riconoscimento di un’erogazione Una Tantum visto il lungo periodo di carenza contrattuale (36 mesi). In quest’ottica, va letta la previsione di 130 euro da distribuire in due tranches ai lavoratori in forza al momento della sottoscrizione del CCNL (130 euro riproporzionati al 70% per i lavoratori apprendisti).
 
Senza, poi, che possano essere annotati interventi significativi in tema di previdenza complementare e welfare contrattuale, merita una sottolineatura il rialzo del 5% per le indennità di reperibilità e trasferta.

 

Parte normativa
 
Nel testo del rinnovo, le tipologie lavorative c.d. non standard hanno ricevuto primissima attenzione. Il lavoro a termine soprattutto – dichiarato rispondente alle specificità di “settori, occupazioni e attività” – è stato oggetto di un intervento ampio e articolato. In primis, è stato stabilito in 36 mesi il periodo complessivo massimo di prosecuzione del rapporto a termine. La stessa misura dei 36 mesi, poi, potrebbe essere elevata in sede di contrattazione individuale per altri 8 mesi, ferme certe garanzie formali e procedurali (fra cui la sottoscrizione della modifica contrattuale presso la Direzione territoriale del lavoro). È quindi stato stabilito un tetto alle assunzioni a termine in azienda: massimo tre contratti a tempo determinato, in caso di organico aziendale di non più di cinque persone; quattro contratti, se l’organico è compreso fra le cinque e le dieci persone; cinque contratti, se l’organico eccede le dieci persone. La disciplina in esame è infine conclusa da ulteriori disposizioni su: stagionalità, diritto di precedenza per le assunzioni a tempo indeterminato, affiancamento in caso di assunzioni per sostituzione di altri lavoratori, “causali” inseribili nei contratti individuali aggiuntive a quelle tipizzate dall’art. 19 co. 3 D. Lgs. 81 / 2015.
 
Con riferimento alla popolazione degli apprendisti, il nuovo testo contrattuale ha disposto la valorizzazione dei periodi di apprendistato svolti presso altri datori di lavoro, in vista della riduzione del periodo formativo entro il rapporto in corso (la riduzione può arrivare a un massimo di 6 mesi). Insiste su un tema non dissimile la norma specificamente dettata per la conversione del rapporto di apprendistato di primo livello in apprendistato professionalizzante. È stato infatti stabilito che, dopo l’ottenimento del titolo formativo previsto dall’apprendistato di I livello, la successiva formazione in apprendistato professionalizzante può essere ridotta anche nell’ordine di 12 mesi. Da segnalare, infine, il cospicuo periodo formativo stabilito per gli apprendisti del settore restauro di beni culturali: ben 5 anni, quando però non si tratti di dipendenti assegnati a funzioni amministrative o di servizio.
 
Sulla questione della formazione, nel testo contrattuale è stata inserita una norma che riecheggia il “cambio di passo” dell’Industria metalmeccanica in tema di life-long learning. È stato disposto, infatti, che ogni lavoratore in forza sia beneficiario di 8 ore di formazione per la “alfabetizzazione digitale”, da fruire entro la fine del 2022.
 
Vanno poi segnalate, sempre entro la parte normativa del contratto, le nuove previsioni in tema di “dimissioni irregolari”. Per “dimissioni irregolari”, le parti hanno fatto riferimento al caso in cui un dipendente abbandoni il posto di lavoro, senza fornire giustificazioni di sorta per 72 ore consecutive. In questa casistica, è stata prevista la facoltà datoriale di disporre (come misura sanzionatoria) la sospensione del rapporto di lavoro per massimo 6 mesi. Peraltro, qualora rientrando al lavoro il dipendente continuasse a non fornire alcuna giustificazione per la propria condotta, il datore di lavoro conserverebbe la facoltà di procedere con il licenziamento per giusta causa.
 
Con intento promozionale, è stata disposta l’estensione del periodo di prova in caso di assunzione di soggetti disoccupati, beneficiari di Naspi o percettori del reddito di cittadinanza. Una “partita” del tutto a sé stante è stata giocata ai fini dell’estensione della copertura contrattuale al settore del restauro artistico di beni culturali. Al riguardo, le parti hanno chiarito aspetti critici, quali le durate del preavviso in caso di cessazione del rapporto di lavoro e, per converso, della prova in caso di assunzione; hanno poi introdotto un sistema di classificazione e inquadramento specifico, in linea però con l’assetto per mansioni e declaratorie utilizzato negli altri settori.

 

Parte obbligatoria
 
La data di scadenza del CCNL è stata fissata al 31 dicembre 2022. A questa previsione, con realismo, le parti hanno accompagnato una clausola di ultrattività.
 
Nell’ambito quindi delle previsioni obbligatorie in senso più stretto, va di certo segnalato l’impegno a intervenire per la riforma del sistema di classificazione e inquadramento. A questo scopo non solo è stato istituito, a livello nazionale, un gruppo paritetico di lavoro per l’analisi degli aspetti tecnici della questione. Ma pure, nello stesso corpo del CCNL, è stata inserita una nota metodologica volta a stabilire un punto fermo nel confronto delle parti. Più in particolare, è stato chiarito che cosa si debba intendere per “competenze trasversali” nell’ottica del prossimo sistema di classificazione e inquadramento. Questo sistema dovrà cogliere gli aspetti qualitativi della prestazione, valorizzando elementi di complessità e professionalità oltre il mero svolgimento delle mansioni (è fatto riferimento alle competenze relazionali, alla polivalenza, alla polifunzionalità…).
 
In aggiunta al citato gruppo paritetico di lavoro, è stata disposta la costituzione di un Osservatorio nazionale di settore, partecipato pure esso dai sindacati e dalle associazioni di rappresentanza.
 
Valutazione d’insieme
 
Il CCNL artigiani dell’area meccanica ha senz’altro fornito un segnale di resilienza della rappresentanza e della contrattazione per il mondo delle micro e piccole imprese. A riguardo, l’attenzione riservata ad apprendistato e formazione professionale, e gli stessi nuovi trattamenti economici minimi costituiscono elementi significativi ed emblematici. E però, è indubbio che numerose sfide rimangano ancora aperte. Bisognerà infatti vedere se e in che misura si arriverà a una vera riforma del sistema di classificazione e inquadramento: una riforma in grado di valorizzare adeguatamente gli aspetti qualitativi e quantitativi delle prestazioni di lavoro, in grado poi di definire con chiarezza i termini dell’obbligo di lavoro entro settori produttivi diversissimi fra loro e al proprio interno. Bisognerà vedere, allo stesso modo, se e come il nuovo sistema di classificazione e inquadramento dialogherà con il diritto soggettivo alla formazione, sul quale – pare – le parti vogliono scommettere anche alla luce delle montanti esigenze in fatto di professionalità e competenze.

 

Nell’ambito specifico dei trattamenti economici, di certo, sarà non privo di difficoltà il tentativo di tracciare una strada equilibrata fra adeguata remunerazione, costo del lavoro, arretramento dei sistemi di welfare pubblico e minacce prodotte dal dumping contrattuale. Al riguardo, forse, soluzioni proporzionate potranno giungere dallo sviluppo della contrattazione regionale e per distretti produttivi.
 

Andrea Rosafalco
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
@AndreaRosafalco

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