Per un sistema di istruzione e formazione professionale/6 – L’esperienza del CNOS-FAP Lazio. Intervista a Fabrizio Tosti

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Bollettino ADAPT 13 luglio 2020, n. 28 

 

La Federazione nazionale “CNOS-FAP” – acronimo che sta per Centro Nazionale Opere Salesiane / Formazione Aggiornamento Professionale – è una Federazione senza scopo di lucro che coordina i Salesiani d’Italia impegnati a promuovere iniziative per l’Orientamento, la Formazione e l’Aggiornamento professionale con lo stile educativo di don Bosco. Aderisce Al CNOS-FAP, tra le altre, anche l’associazione locale del Lazio che persegue i fini della Federazione nazionale, soprattutto attraverso i suoi Centri di Formazione Professionale polifunzionali. Nella Regione se ne contano tre, tutti nell’area metropolitana della città di Roma, i quali offrono corsi nel settore meccanico, automotive, elettrico, grafico, della ristorazione e del benessere.

Ci racconta come questi centri hanno reagito alla pandemia Fabrizio Tosti, direttore generale del CNOS-FAP Lazio.

 

Che impatto ha avuto la pandemia sulle vostre attività formative?

 

F. Tosti: Di primo acchito direi che stato un impatto “sconvolgente”. Siamo stati costretti infatti ad azzerare tutte le nostre attività presso i Centri di formazione professionale (CFP), i quali, dall’oggi al domani, si sono trovati ad dover gestire la relazione educativa con i ragazzi senza la possibilità di incontrarli di persona.

D’altra parte, proprio perché non volevamo interrompere questa relazione, la chiusura forzata della scuola è stata una grande opportunità per i nostri Centri e i nostri formatori per ripensare la didattica, sviluppando quelle competenze digitali e organizzative, fino a qualche tempo fa un po’ trascurate, indispensabili per offrire percorsi formativi a distanza.

Direi che in questo frangente è stato bello vedere la reazione di tutta la nostra comunità educativa, che si è messa in gioco per raggiungere i ragazzi. C’è stato un forte senso di solidarietà tra formatori, che ho visto aiutarsi vicendevolmente per superare gli ostacoli tecnici legati all’organizzazione della FAD e per trovare le soluzioni migliori. Questo supporto è stato coordinato dagli animatori digitali (ne abbiamo uno per ogni centro) che hanno formato i colleghi immediatamente dopo la sospensione delle attività formative in presenza con brevi aggiornamenti sugli strumenti e le metodologie della didattica a distanza, oltre che sulle procedure burocratiche (delicate anche ai fini della rendicontazione) per ammettere gli allievi, segnare le presenze, gestire i dati sensibili ecc.

Aggiungo inoltre che l’esperienza della didattica a distanza, per quanto non possa sostituire completamente la relazione dal vivo, in molti casi ha dato risultati insperati. Ci sono stati ragazzi, per esempio, che a distanza si sono impegnati più di quanto non facessero a scuola. Forse, perché da soli non erano distratti dai compagni oppure perché hanno potuto gestire in maggior autonomia lo studio senza il condizionamento dell’orario scolastico.

 

Come avete organizzato la didattica a distanza? Quali metodologia hanno adottato i docenti per garantire l’apprendimento degli allievi?

 

F. Tosti: I nostri centri hanno avviato le prime attività didattiche a distanza il 10 marzo (nel Lazio scuole e centri di formazione sono stati chiusi il 5 marzo). Abbiamo scelto di proporre video-lezioni in modalità sincrona per un tempo che andava dalle 3 alle 5 ore al giorno. Abbiamo utilizzato la piattaforma G-Suite. Il tempo delle video-lezioni è stato utilizzato prevalentemente per le spiegazioni e per il confronto con allievi e allieve, mentre gli strumenti offerti da Google Classroom sono serviti per caricare materiali, assegnare compiti, ricevere i lavori svolti dagli studenti e valutarli.

Tutto questo è stato fatto nelle discipline di area generale, ma anche in quelle professionalizzanti, per le quali, ovviamente, non è stato possibile proporre attività pratiche, ma dove abbiamo organizzato numerose testimonianze aziendali con imprese partner o anche interventi di professionisti (ad es. cuochi), da cui spesso i nostri formatori hanno tratto compiti di realtà e project work da assegnare agli allievi.

Ovviamente quest’ultima modalità è stata più congeniale per alcuni indirizzi di studio. Così, gli allievi e le allieve dei corsi grafici hanno potuto elaborare immagini coordinate, studiare degli slogan o, più in generale, creare prodotti grafici da casa utilizzato il proprio computer. Ad alcune classi, per esempio, è stato chiesto di reinventare il famoso slogan «Andrà tutto bene». Oppure, dopo aver incontrato il grafico che cura la campagna pubblicitaria della principale agenzia di pompe funebri di Roma, un professionista che approccia la promozione di questa azienda in una modalità molto particolare, ironica e creativa, i ragazzi hanno dovuto rielaborare alcune proposte di campagna pubblicitaria per imprese operanti nel medesimo settore.

O ancora, le allieve del corso per estetista hanno seguito un webinar tenuto dal responsabile del trucco nello spettacolo musicale Divina Commedia Opera Musical. L’incontro è stato l’occasione per intrecciare gli aspetti letterari con quelli tecnico-professionali. So che le acconciatrici hanno poi sperimentato a casa sui amici e parenti alcune soluzioni presentate a lezione.

Molto interessante è stato anche il percorso tracciato attraverso diversi webinar tecnici sul mondo degli Impianti di Sicurezza e Sorveglianza legati alla Domotica e Intelligenza Artificiale; un percorso svolto in collaborazione con importanti aziende leader del settore, tra cui Dhaua, Dea Security, Tecno Alarm, Finder e Lince.

Per altri indirizzi di studio – come dicevo – il momento della sperimentazione pratica non è stato possibile. Penso ai meccanici d’auto oppure agli operatori meccanici, ai quali è stato chiesto più semplicemente di eseguire lavori legati al disegno tecnico.

 

Tutti i ragazzi erano dotati di device digitale per seguire la didattica a distanza?

 

F. Tosti: Purtroppo no. Se si esclude uno dei nostri tre centri, quello che offre corsi per operatori e tecnici grafici, il quale già da tempo ha deciso di puntare sulla didattica a distanza dotando tutti i propri allievi di tablet, nelle altre due scuole è successo spesso che i ragazzi seguissero le video-lezioni o le testimonianze aziendali dal proprio smartphone, magari con possibilità di connessione limitate, quindi in condizioni non ottimali.

Spesso siamo dovuti andare nelle case dei nostri allievi per offrire anche alle loro famiglie un supporto in questo senso. Non bisogna dimenticare che i nostri centri sono situati in zone periferiche della Capitale, dove non sono infrequenti situazioni di disagio economico e marginalità sociale. Il nostro supporto sul territorio è stato senz’altro facilitato dalla sinergia con le case salesiane e gli oratori a cui i nostri centri sono collegati. Nella drammaticità della situazione, il lato positivo della vicenda è stato che abbiamo potuto conoscere più da vicino le famiglie dei nostri ragazzi, entrare nelle loro case.

Il problema dell’accesso alla rete e della carenza di dispositivi, comunque, rimane. Tengo a ricordare che i CFP dell’Istruzione e formazione professionale, a differenza delle scuole, non hanno ricevuto alcun tipo di sussidio pur supportare gli studenti e le famiglie in questo senso.

 

Come avete gestito i tirocini?

 

F. Tosti: Abbiamo dovuto affrontare situazioni molte eterogenee. Nella maggior parte dei casi il tirocinio era già stato svolto prima che scoppiasse l’epidemia. Nei casi in cui ciò non era accaduto e gli allievi dovevano ancora svolgere le ore di tirocinio obbligatorio, la Regione Lazio ha concesso una deroga, permettendo di convertire le ore obbligatorie di stage in ore impegnate in attività di project work a distanza.

Normalmente, noi proponiamo ai nostri allievi dalle 160 alle 180 ore di tirocinio al secondo anno, circa 230 ore al terzo, mentre offriamo corsi in sistema duale al quarto anno, in apprendistato oppure con un minimo di 400 ore di tirocinio obbligatorio. La stragrande maggioranza dei nostri percorsi di quarto anno per il conseguimento del diploma professionale nel ramo meccanico, elettrico e riparazione d’auto vengono svolti in apprendistato duale.

 

Come immaginate lo svolgimento del prossimo anno formativo? 

 

F. Tosti: Siamo ancora in attesa delle direttive regionali che probabilmente seguiranno le Linee guida dettate dal MIUR per le scuole. Per il momento noi ci atteniamo a quelle concordate dal governo e dalle parti sociali per la riapertura delle attività produttive, per quanto riguarda la sanificazione degli ambienti, il distanziamento dei lavoratori, la formazione su salute e sicurezza. Durante l’estate, comunque, non abbiamo previsto attività formative in presenza.

In ogni caso, se nel prossimo anno scolastico dovessimo rispettare le norme contenute in queste linee giuda non potremmo ospitare nelle nostre aule lo stesso numero di studenti che accoglievano fino a qualche mese fa. Più semplice è l’utilizzo dei laboratori. Credo comunque che sarà necessario ricorrere ancora alla didattica a distanza, magari alternandola ad attività in aula e attività in laboratorio.

Come ho detto all’inizio, la didattica a distanza, benché non possa sostituire del tutto le attività in presenza, può essere efficace, specialmente in alcuni settori, purché si adotti una metodologia tipo flipped classroom, ovvero se il docente predispone stimoli che i ragazzi possono ricevere anche a distanza (una lezione registrata, un testo, un video o un’immagine commentata ecc) per poi lasciare che essi svolgano in autonomia, a casa oppure presso il cento di formazione, compiti di realtà i cui risultati vengono infine ridiscussi con lo stesso docente e i compagni, di nuovo, o a distanza o in presenza.

 

Che ruolo immagina per l’istruzione e formazione professionale nel rilancio dell’occupazione e dell’economia che ci attende?

 

F. Tosti: Senz’altro l’IeFP potrà avere un ruolo fondamentale in questo processo. Non solo perché i profili professionali formati da questo segmento del sistema educativo sono e saranno richiesti dalle imprese, ma per il modo con cui essi vengono preparati. Noi infatti sappiamo bene che nei prossimi anni molte delle figure che formiamo cambieranno o non ci saranno più. La sfida è quella di utilizzare la formazione professionale per sviluppare nei giovani quelle soft skill che in futuro consentiranno loro di trovare – o magari inventare – un lavoro anche in ambiti diversi da quelli per cui hanno studiato. Io credo che l’IeFP sotto questo riguardo abbia una marcia in più rispetto all’Istruzione.

Se riusciremo a formare giovani dinamici, capaci di lavorare in gruppo e di affrontare problemi nuovi, allora anche le imprese che li assumeranno saranno in grado di rispondere con flessibilità alle trasformazioni del mercato o di adattarsi alle conseguenze della pandemia.

 

Secondo lei, a seguito della pandemia, dovrete organizzare ex-novo corsi destinati alla formazione di nuove figure professionali, o ripensare alle competenze dei profili professionali in uscita?

 

F. Tosti: Nell’ambito dell’Istruzione e formazione professionale, per il momento non prevediamo sostanziali cambiamenti.

Stiamo studiando invece due nuove figure professionali, attualmente non normate, ascrivibili alla formazione degli adulti: l’operatore e il manager della sanificazione. Vorremmo chiedere alla Regione di costruire il profilo e inserirlo nel Repertorio regionale.

 

Quali sono, a suo parere, le principali criticità che limitano le potenzialità dell’IeFP, e come risolverle?

 

F. Tosti: Il primo problema è la scarsa conoscenza di questo segmento del nostro sistema formativo. Da parte delle famiglie, ma anche della scuola, il che – a mio avviso – è una colpa grave. Spesso in fase di orientamento al termine della scuola secondaria di primo grado, l’opzione di proseguire in un percorso di Istruzione e formazione professionale non è nemmeno contemplato dagli insegnanti che dovrebbero consigliare i ragazzi e le loro famiglie. Si pensa ancora alla formazione professionale come una scelta di ripiego. D’altra parte, questa scarsa considerazione si riflette anche nel dibattito pubblico: nei mesi dell’emergenza si è parlato degli interventi a favore dell’Istruzione, ma nessuno ha nominato l’Iefp.

Un altro limite è la frammentazione regionale del sistema. Il fatto che l’Istruzione e formazione professionale non sia presente su tutto il territorio nazionale senza dubbio la indebolisce. Per lo meno a livello di immagine.

 

Ritiene che la recente revisione dei percorsi di Istruzione professionale (D.lgs. 61/2017), che prevede un raccordo più stretto e organico fra Istruzione e IeFP, possa favorire anche la crescita di quest’ultima?

 

F. Tosti: Senz’altro un raccordo maggiore fra i due sistemi è auspicabile. Tenga conto che il 50% dei nostri allievi decide dopo la qualifica o il diploma professionale di reinserirsi nei percorsi di istruzione. E in partenza si trattava per lo più di giovani provenienti da insuccessi scolastici! Gli altri trovano velocemente un’occupazione.

Questo dimostra il valore dell’IeFP, non solo come canale formativo che consente un rapido ingresso nel mondo del lavoro (pregio certo non secondario), ma anche per l’Istruzione stessa. Non di rado, molti nostri ex allievi che rientrano nei percorsi dell’Istruzione ripartendo dal quarto anno oppure svolgendo il quinto anno integrativo per il conseguimento del diploma d’istruzione poi si iscrivono all’Università.

La riforma del 2017 dovrebbe facilitare questo genere di collegamenti. Anche se – di questo sono convinto – il successo di tali raccordi, al di là del quadro normativo, dipenderà delle concrete collaborazioni che si riusciranno ad istaurare nelle singole realtà territoriali.

 

Paolo Bertuletti

Assegnista di ricerca

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@PaoloBertuletti

 

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