Osservatorio ADAPT sulla ricerca in impresa e nel settore privato / 4 – Intervista a Matteo Ametis e Alessandra Pelizzaro di Veneto Innovazione

Veneto Innovazione, società in house della Regione del Veneto, è stata istituita nel 1988 con l’obiettivo di promuovere e sviluppare la ricerca applicata e l’innovazione all’interno del sistema produttivo veneto, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese orientate a perseguire un accentuato livello tecnologico, un miglioramento della situazione ambientale e la qualificazione delle risorse umane. A questo scopo Veneto Innovazione raccoglie e coordina le risorse scientifiche, organizzative e finanziarie esistenti o confluenti nel Veneto, con l’obiettivo di diffondere le informazioni acquisite sui processi innovativi e sui risultati di ricerca conseguiti e di stimolare la crescita tecnologica delle piccole e medie imprese.

Matteo Ametis è deputy director di Veneto Innovazione, mentre Alessandra Pelizzaro è responsabile delle relazioni accademiche e internazionali.

 

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Dott. Ametis, dott.ssa Pelizzaro volete raccontarci come si sono evoluti nel tempo il ruolo e la funzione di Veneto Innovazione?

 

Veneto innovazione nacque per svolgere una funzione di aggregazione rispetto ai poli innovativi del  Veneto. Un progetto in particolare ne ha accompagnato la nascita, il NEST – Network for Science and Technology. L’obiettivo di NEST era quello di porre le basi per la costituzione di un  “Parco Multipolare” capace di coinvolgere le varie realtà urbane e produttive dei diversi distretti industriali veneti all’interno di una rete di poli innovativi dislocati sul territorio della Regione: in ognuno dei poli costituiti nelle aree dei grandi centri universitari di Venezia, Padova e Verona si sarebbero dovute svolgere le attività di ricerca più impegnative e a largo spettro, mentre nelle altre zone si sarebbero dovute svolgere attività di tipo settoriale, al fine di esaltare la connessione con la realtà produttiva locale. Secondo le intenzioni progettuali, l‘obiettivo era la mappatura dei centri di innovazione e trasferimento tecnologico presenti nel Veneto con l’obiettivo di favorire il matching tra imprese e centri di ricerca. Questo progetto e gli altri che si sono succeduti negli anni avevano un obiettivo comune: trasformare il policentrismo veneto in un’opportunità di sviluppo trasversale e non verticale come accaduto invece nelle altre Regioni. Pensiamo per esempio alla Lombardia dove lo sviluppo si è irradiato attorno a Milano o al Piemonte dove al centro c’è Torino. Oggi Veneto Innovazione opera in un contesto che è radicalmente diverso dagli scenari del 1992, quindi, salvaguardate mission e vision, è stata ripensata la strategia della società per svolgere al meglio il suo ruolo istituzionale. Ad una prima fase di infrastrutturazione del sistema regionale dell’innovazione durante la quale il focus della società era rivolto a favorire la creazione di un’offerta di servizi per la ricerca e l’innovazione attraverso la costituzione e messa in rete di parchi scientifici e centri di ricerca, ne è seguita una fase di profonda riqualificazione dell’offerta conseguente la crisi del sistema economico. Oggi assistiamo ad una terza fase nella quale le imprese sono sempre più propense ad internazionalizzare anche la loro ricerca di innovazione e ad operare attraverso nuove forme di aggregazione. L’ICT agli albori delle applicazioni industriali nel Veneto degli anni ’80 oggi è un must have anche per micro imprese che si rivolgono ad un mercato globale. È il dominio di queste tecnologie e della possibilità di operare in un mercato globale che può fare la differenza in un sistema economico moderno e capace di reagire alla competizione. In questo ambito quindi, la Società persegue gli scopi affidati dal legislatore regionale mediante la promozione, predisposizione e potenziamento di studi e ricerche nelle materie di competenza, nei settori e sui processi a tecnologia emergente che favoriscano lo sviluppo dell’innovazione; la collaborazione con le università e con altri centri scientifici e imprese al fine di garantire un rapporto equilibrato tra capacità scientifica, dotazione di mezzi e disponibilità di personale; la formazione e gestione di sistemi informativi per la diffusione dell’innovazione; la progettazione e realizzazione di iniziative che permettano la formazione e l’insediamento di nuove attività che utilizzino, sviluppino e diffondano l’alta tecnologia curando, eventualmente, anche la commercializzazione dei risultati ottenuti.

 

Come si svolge in concreto l’attività di promozione e sviluppo della ricerca applicata nei confronti del sistema impresa?

 

Veneto Innovazione è la struttura tecnica di supporto alla Regione del Veneto nella valutazione tecnica e nella valorizzazione dei risultati di progetti di ricerca e innovazione da parte di imprese e centri di ricerca. Le attività si sviluppano attraverso l’attuazione di progetti locali, nazionali ed europei per seguire i percorsi di sviluppo delle politiche a favore della ricerca e innovazione, rappresentando quindi un punto di riferimento per le aziende, le istituzioni locali e le reti di imprese.

Oltre a ciò la società è  referente locale della rete Enterprise Europe Network, la più importante rete di trasferimento tecnologico del mondo, con circa 600 organizzazioni partner in 65 paesi. Attraverso tale rete, riusciamo a dare supporto alle PMI venete nell’identificazione dei fabbisogni tecnologici e nella successiva ricerca delle migliori soluzioni disponibili per aumentarne la competitività, mettendo in contatto diretto chi ha sviluppato una nuova tecnologia con chi la sta cercando. Questo processo valorizza le competenze ed il know-how sviluppati dalle PMI e dal mondo della ricerca promuovendo il Veneto a livello internazionale. Grazie al progetto SME Instrument – una misura specifica creata per incoraggiare la partecipazione delle piccole imprese al Programma Horizon –  riusciamo ad assistere le imprese venete nelle tre fasi che accompagnano l’iniziativa, ovvero: analisi di fattibilità scientifica, tecnica, economica e commerciale del  progetto, realizzazione e  sviluppo concreto del business plan elaborato, coinvolgimento diretto di finanziatori privati. La partecipazione all’iniziativa è stata da parte delle imprese venete, anche molto piccole, particolarmente importante, esprimendo una certa vitalità del territorio.

 

Il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, sostiene che aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo sia l’unica risposta per rilanciare la produttività e la crescita in Europa. Voi cosa ne pensate?

 

Siamo assolutamente d’accordo e le esperienze del nostro territorio sono testimonianza concreta della necessità di innovare. Le imprese che hanno retto in questi anni sono quelle che hanno saputo trasformare la crisi in un’opportunità, quelle che si sono dimostrate in grado di cambiare. Il cambiamento non è però un processo automatico, le imprese hanno bisogno di un supporto efficace e concreto.  Occorre un salto culturale che coinvolga tutti gli attori in gioco. Non si tratta solo di coinvolgere gli imprenditori ma di costruire una nuova cultura d’impresa e questo obiettivo richiede necessariamente di tenere insieme le istituzioni, il sistema educativo, le parti sociali, il governo del territorio. Non basta dire che il piccolo è bello, occorre mettere le piccole e medie imprese nelle condizioni di crescere. Lo sviluppo delle reti in questa direzione è fondamentale perché consentono di fare massa critica favorevole ai progetti di ricerca.

 

A proposito di Europa: il nostro Paese continua a registrare un notevole ritardo rispetto agli altri Stati europei in termini di investimenti in ricerca e sviluppo. Secondo gli osservatori internazionali, ciò dipenderebbe soprattutto dalla scarsa propensione del sistema imprenditoriale ad investire in questa direzione. Che cosa ne pensate?

 

Sicuramente questa è una delle determinanti. A questo dobbiamo aggiungere un regime amministrativo fiscale che non favorisce l’evidenza degli investimenti in innovazione delle imprese. A questo proposito è certamente positivo l’art. 4 sul Credito d’imposta per attività di R&S, definito dal Bilancio di previsione per il 2017 e per il triennio 2018-2020  che prevede ulteriori benefici per le imprese che investono in programmi di  R&S. Un altro problema è l’esigua presenza di intermediari qualificati a servizio delle imprese e la difficoltà delle aziende ad accedere al credito per effettuare nuovi investimenti. Una delle priorità dovrebbe essere inoltre la c.d. “qualificazione degli incentivi” che non dovrebbero più tradursi in finanziamenti orizzontali  specializzando l’offerta con strumenti automatici di agevolazione, affiancati da finanziamenti a grandi progetti di ricerca.

 

A questo proposito e quindi delle misure e delle agevolazioni per le imprese che investono in ricerca e sviluppo che idea vi siete fatti del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo previsto dalla legge di bilancio?

 

Come già sottolineato si tratta certamente di una buona misura. Occorre però definire in dettaglio le attività incentivabili e il personale che può effettivamente svolgere quelle attività. Si dovrebbe evitare che l’incentivo pubblico vada a coprire spese generali dell’impresa che quest’ultima avrebbe comunque sostenuto senza introdurre alcuna innovazione disruptive. Sarebbe auspicabile certamente detassare le imprese ma non usando strumenti inadeguati e con finalità diverse per raggiungere questo scopo.

 

L’Italia è anche uno dei paesi sviluppati con il minor numero di ricercatori al mondo e ciò dipenderebbe – secondo gli osservatori internazionali – soprattutto dall’esiguo numero di ricercatori che lavorano all’interno delle aziende e più in generale nel settore privato. Da cosa dipende secondo voi questa scarsa propensione del sistema privato ad accogliere al suo interno la figura del ricercatore?

 

Crediamo che la propensione delle imprese ad investire in ricerca dipenda dalla capacità istituzionale e politica di saper guidare la riqualificazione del sistema economico e dei territori. Dobbiamo lavorare per creare dei meccanismi di incentivazione automatici quali la defiscalizzazione per tutto quello che è facilmente verificabile, vanno supportati con adeguati finanziamenti  di progetti di ricerca. Abbiamo distorto per anni il mercato con incentivi orizzontali senza arrivare mai a qualificare o facendolo solo in modo superficiale. Occorre poi sburocratizzare i processi per accedere ai finanziamenti, rafforzando il ruolo dei soggetti che supportano in modo gratuito l’accesso ai finanziamenti pubblici. Un’altra frontiera su cui agire riguarda lo snellimento dei processi di valutazione che accompagnano l’accesso ai finanziamenti.

 

E le piccole imprese che vogliono “innovare”? Esternalizzano la ricerca affidandola a università o a start-up?

 

Le start-up sono sicuramente una via efficace all’innovazione, purtroppo quelle di successo sono poche, alcune sono fittizie, altre sono il risultato di azioni di marketing. Le start up sono molto finanziate, si è lavorato molto in questa direzione ma troppo poco sull’humus in cui farle crescere e in cui farle relazionare con il sistema produttivo. Se pensiamo alla Germania, per esempio, esistono agenzie istituzionali che svolgono la funzione di incubatori, in Veneto le esperienze pubbliche sono ancora embrionali.

 

In Italia esistono, ormai da diversi anni, sia i dottorati industriali che l’apprendistato di ricerca. Si tratta di forme di collaborazione tra università e azienda tutt’altro che rigide, assistite peraltro da incentivi normativi ed economici sostanziosi. Li conoscete?

 

Li conosciamo e crediamo siano strumenti importanti: favorirne la presenza è una scelta strategica e il cofinanziamento a parziale copertura del costo aziendale per l’assunzione è sicuramente un vantaggio operativo. Se guardiamo invece alle imprese, queste a volte non percepiscono la concreta opportunità di inserimento in azienda di un dottore di ricerca valutandola una risorsa gravosa e sottovalutando i benefici in termine di creazione di business che possono generare.  In questo percorso l’impresa va accompagnata con azioni di promozione mirate e risultati misurabili.

A partire dal 2012 la Regione del Veneto ha avviato misure atte a cofinanziare l’inserimento di personale altamente qualificato nelle piccole e medie imprese.

Abbiamo avuto anche un’esperienza diretta con alcuni dottorandi che hanno collaborato con noi nell’ambito di alcuni progetti regionali, condividendo competenze, esperienze e un modus operandi strategico e operativo. Possiamo inoltre citare un’esperienza di Veneto Innovazione nel progetto Knowledge Voucher che aveva l’obiettivo di migliorare il trasferimento di conoscenza trans-europeo dai centri di ricerca alle PMI attraverso l’implementazione di un sistema di Knowledge Voucher, un buono che dava diritto alle imprese di acquisire le competenze necessarie e di ricevere consulenza e ricerca da università e centri di ricerca.

 

Volete raccontarci un progetto su cui state lavorando e a cui tenete particolarmente?

 

Nel 2015, grazie al ruolo di broker di Veneto Innovazione e di LTU Business AB all’interno del Sector Group Aeronautic, Space and Dual Use Technology di Enterprise Europe Network, hanno facilitato un accordo di technology transfer tra un ricercatore del Dipartimento di Scienze Neurologiche, Biomediche e del Movimento dell’Università di Verona e una società svedese. Lo scorso giugno 2016 la Commissione Europea e la sua agenzia EASME hanno riconosciuto questo caso come uno dei 3 migliori della rete Enterprise Europe Network del 2015, partecipando alla selezione finale dell’ EEN Awards 2016 in occasione della conferenza generale della rete e del semestre di presidenza Slovacca dell’Unione Europea.

Un’altra progettualità che ci fa piacere raccontare si ricollega alla Legge regionale che disciplina i distretti industriali, le reti innovative regionali e le aggregazioni di imprese. La nuova legge a differenza della precedente, oltre ai “Distretti”, prevede incentivi e finanziamenti anche a nuove forme di collaborazione, quali le “Reti Innovative”, che si costituiscono intorno a università e centri di ricerca. Con DGR n. 583 del 21 aprile 2015, la Giunta Regionale ha approvato le modalità operative per il riconoscimento delle Reti affidandoci il compito di seguirne l’istruttoria di riconoscimento e di fornire loro servizi di supporto prima della formalizzazione della domanda.

Molte sono le attività previste, in particolare l’offerta di servizi informativi e di orientamento alle imprese delle reti innovative regionali e ai centri di ricerca nel reperimento di finanziamenti europei, nazionali e regionali per la ricerca e l’innovazione, intercettando e attivando le eventuali opportunità presenti nel territorio. Si prevede inoltre di aumentare l’attività di ricerca e i contatti con istituzioni che rivestono il medesimo ruolo in altre regioni, per l’avvio di confronti su aree d’interesse ritenute prioritarie per il sistema produttivo regionale. Infine, è previsto l’avvio delle procedure volte all’ottenimento delle quality cluster label per le reti innovative regionali. Tale azione sarà realizzata nell’ambito dello “Sportello delle reti innovative regionali”. A breve saremo anche in grado di raccontare i primi “esiti”.

 

Giulia Rosolen

Adapt Senior Research Fellow

GiuliaRosolen 

 

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