L’occupabilità? Che sia di lungo periodo, non episodica

Uno Stato deve interessarsi della occupabilità di lungo periodo, non episodica». Alla vigilia della “quarta rivoluzione industriale” sono diversi gli interrogativi che ruotano attorno al mondo del lavoro. Non è facile prevedere il reale impatto che l’impiego di macchine e tecnologia avanzata nei processi produttivi avranno su occupazione e mansioni dei lavoratori, ma molti studi – ad esempio quelli più recenti del McKinsey Global Institute o di Randstad – concordano nel ritenere fondamentale la formazione al fine di incrementare le capacità utili a rendere i lavoratori in grado di svolgere i compiti che verranno loro richiesti. La formazione non può essere ridotta a corsi di aggiornamento di chi è già occupato, ma deve riguardare una platea molto più ampia: studenti e mondo accademico. I lavoratori di domani, insomma. Negli anni è cresciuto il gap tra domanda e offerta di competenze sul mercato del lavoro. Non è avvenuto solo in Italia, certo, ma da noi questo divario si è fatto sentire più che altrove. Perché? «Perché tutte le nostre istituzioni formative e del lavoro – spiega a T-Mag Emmanuele Massagli, docente di Pedagogia del Lavoro all’Università degli Studi di Bergamo e presidente di Adapt – continuano ad essere costruite per un mondo che non c’è più: l’Italia degli anni Settanta, della grande fabbrica industriale del Nord e del (nuovo) sogno di una occupazione impiegatizia. Il divario si è sentito più in Italia che in altri Paesi perché noi siamo intervenuti molto meno degli altri sulle nostre anacronistiche regole, in particolare quelle del mondo della scuola.

L’apprendistato prima e l’alternanza tra formazione e lavoro (uno dei principali capitoli della riforma La Buona Scuola) dopo, sono le prime risposte – introducendo il sistema duale sul modello del caso di successo in Germania –, ad un mercato che esige persone più preparate e maggiori abilità. Massagli, che sull’argomento ha da poco pubblicato il volume Alternanza formativa e apprendistato in Italia e in Europa (Studium, 2016), pone tuttavia l’accento su un punto dirimente: «Una persona è occupabile se integralmente formata, non se si prova a collocarla il prima possibile…

 

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