Sapelli: «Lo statuto dei lavoratori andrebbe abolito del tutto»

Al Ministro del lavoro Giuliano Poletti riconosce «la buona volontà», ma il compito che gli è stato affidato, secondo un economista eretico come Giulio Sapelli, «è troppo grande». Che fare? «Qualcosa di radicale», dice. «Ci vorrebbe una moratoria sulle leggi del lavoro».
 
Nel senso che sono troppe, professore?
«No, dico di più. Andrebbe abolito lo Statuto dei Lavoratori. Non mi si fraintenda: manteniamo gli accordi confederali, così come le tutele per i lavori notturni o per il lavoro minorile. Ma ripartiamo, finalmente».
 
Come?
 
«Restituendo alle parti sociali il loro molo. Sottraendolo ai giuristi e ai magistrati».
 
Il Job Act vuole oggi semplificare il più possibile e ripensare anche al regime delle sanzioni. Non è abbastanza?
 
«Non lo è finché il tema del Lavoro sarà appaltato allo Stato oggi troppo presente e ai giudici. Il modello da seguire, invece, è quello del pluralismo anglosassone. Anche perché il nostro tessuto produttivo è composto da piccole e medie imprese. Con lo Statuto abbiamo inferto soltanto ferite alle aziende che hanno meno di 15 dipendenti, sono rimaste senza tutela. Alcuni settori già hanno segnato la strada da intraprendere. Penso a quello dell’alimentare, ad esempio. Attraverso contratti territoriali hanno risposto alle loro esigenze”.
 
Meno Stato, quindi?
 
«Il Paese è sull’orlo della catastrofe. Oppure su quello della svolta, se si riusciranno a vincere alcune battaglie a livello europeo. Prima, però, bisogna combatterne qualcuna in casa, e vincerla. E allora si suonino le trombe di Gerico e si faccia cadere il muro. Quel muro che Monti non è nemmeno riuscito a scalfire. Perché il compromesso è in totale contraddizione con quello che quel giovanotto (Renzi, ndr) va annunciando».
 
Dà fiducia al premier?
 
«Sì, anche perché ha con sé la forza degli americani, che vogliono giocarsi una partita in Europa. Gli riconosco pure il merito di aver finalmente scisso fede e politica. Per un vecchio cattolico-comunista come me è impossibile non apprezzare il fatto che abbia portato il Partito Democratico nel Partito socialista europeo, laddove in tanti hanno rinunciato».
 
Qual è l’appello che Sapelli gli rivolgerebbe, quindi, sul tema del Lavoro?
 
 
«Rada al suolo tutto. Mantenga solo le tutele generali e ricominci. Bisogna avere un atteggiamento ben più positivo verso i sindacati dei lavoratori e datoriali. C’è in gioco il concetto stesso di democrazia, a mio parere. I sindacati hanno incivilito questo Paese, devono tornare a giocare un molo determinante».
 
Qualcuno le potrebbe rispondere che facendo così, però, ad esempio non si arriverebbe certamente a una revisione dell’articolo 18, come alcuni imprenditori vorrebbero. Come rispondere?
 
«La Cgil rappresenta un macigno sulla via della modernizzazione di questo Paese. Non deve però essere distrutto, solo è possibile sgretolarlo. E non c’è solo la Cgil. C’è la Cisl, ad esempio, che ha una grande storia. Bruno Storti, nel 1970, andava già dicendo: “Il nostro Statuto è il contratto”. C’è l’Ugl, che è un sindacato giovane ma molto valido. Soprattutto: ben venga lo scontro sull’articolo 18, la discussione, c’è bisogno della voce di tutti. L’importante è non accettare alcun ricatto. I giuristi hanno prodotto centinaia di leggi sul Lavoro, legiferando su quel che un tempo veniva contrattato direttamente dai lavoratori. Si guardi agli Stati Uniti, dove i camerieri stagionali hanno un sindacato tra i più forti e che fa sentire la propria voce».
 
Bisogna difendersi da soli, quindi?
 
 
«In un certo senso sì. Certamente le tutele non si acquistano in modo statalistico. Il ragazzo (sempre Renzi, ndr) dice di essere un uomo coraggioso? Lo dimostri: vada allo scontro cercandosi i giusti alleati. E prenda a riferimento i sindacati e non più giuristi, magistrati e giuslavoristi, che purtroppo riempiono anche gli scranni del Parlamento. Hanno creato un fango dal quale bisogna necessariamente alzare il naso. Il diritto del lavoro per come è stato costruito in questi anni ha ucciso le relazioni industriali. Sono le piccole e medie imprese, invece, che vanno difese. Sono i precari mandati a casa dopo sei mesi. Se avessero accesso a una vera contrattazione sindacale certo non dovrebbero subire questa sorte. Le relazioni industriali risorgeranno quando verranno rimesse nelle mani di lavoratori e datori di lavoro».
 
 
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Sapelli: «Lo statuto dei lavoratori andrebbe abolito del tutto»
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