Lo sciopero e le campagne sul web. Per il colosso in Europa un Natale nero

Per Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon, l’incubo di Natale quest’anno ha il pizzetto, il berretto nero e la pettorina gialla di Heiner Reimann. Il leader del sindacato tedesco Ver.Di – la sigla che riunisce i lavoratori del terziario – l’aveva promesso: «Se Amazon non cambia, siamo pronti a colpire dove fa più male». Pare che il colosso dell’e-commerce non si sia mosso di un millimetro, visto che da ieri è scattato uno sciopero di tre giorni che minaccia la consegna dei regali.

 

Il muro contro muro

Ad incrociare le braccia sono i dipendenti di cinque tra i maggiori centri di Amazon in Germania: Bad Hersfeld, Lipsia, Graben, Rheinberg e Werne. Il sindacato spinge per avere stipendi più alti, ma soprattutto per una revisione del contratto dei diecimila addetti: da semplici addetti alla logistica a venditori on line. Il duello va avanti da almeno cinque anni, ma lo sciopero di Natale durante il picco degli ordini è la più feroce delle iniziative possibili. Nel corso del 2013, il 15 dicembre, è stato il giorno con il giro di affari più alto per il colosso di Bezos: 4,6 milioni di prodotti acquistati soltanto in Germania. Difficile replicare il risultato con i lavoratori nei gazebo allestiti davanti agli stabilimenti. «Siamo pronti ad andare avanti finché non troveremo un accordo», giurava ieri Reimann. C’è da credergli, nonostante dal portale taglino corto: «Alla mobilitazione sta partecipando solo una minoranza, le spedizioni non sono in pericolo e i pacchi arriveranno a destinazione con puntualità», spiega un portavoce.

 

Uno snodo fondamentale

La Germania, per Amazon, è uno snodo fondamentale, visto non rappresenta solo il secondo mercato al mondo, ma pure la «base operativa» per molte delle operazioni europee. È lì, infatti, che è stato deciso di aprire i data-center, con un investimento milionario. È lì, dunque, che si gioca la visione tra due mondi: la flessibilità americana contro il Welfare del Vecchio Continente. Negli Stati Uniti i manager di Amazon che ha già messo al lavoro 15 mila robot stanno portando a casa quasi tutte le battaglie: l’ultima è una sentenza della Corte Suprema. Ha stabilito che gli addetti alla logistica non hanno diritto ad essere pagati per il tempo che trascorrono in controlli di sicurezza alla fine del turno. Un’operazione che dura anche venti, venticinque minuti.

 

La via europea

In Europa le cose vanno diversamente. «Il potere dell’azienda è fuori controllo», attacca Sharan Burrow, segretaria del congresso dei sindacati Ituc Csi che ha eletto Jeff Beroz «peggior datore di lavoro del mondo». Un giudizio su cui hanno pesato i reportage spesso sotto copertura che hanno raccontato di dipendenti costretti a correre per chilometri al giorno, cronometrati e tracciati con il Gps per verificarne l’efficienza. Il rischio, adesso, è che Amazon inizi a sfilarsi dalla Germania per puntare sulla Polonia, dove è appena stato aperta una sede.

 

Su Internet

Le manifestazioni anti-Amazon hanno anche un risvolto virtuale: migliaia di persone hanno aderito al boicottaggio «Amazon Anonymous», indicando quanto avrebbero speso sul sito di commercio online dal 1 al 31 dicembre. Soldi che sono stati dirottati sui siti di shopping equo e solidale.

 

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