L’ILO torna sul tema della long-term care: quali (nuove) strategie per la gestione della non autosufficienza?

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Bollettino ADAPT 21 novembre 2022, n. 40
 
Lo scorso ottobre l’ILO ha pubblicato un nuovo working paper dal titolo Long-term care in the context of population ageing: a rights-based approach to universal coverage, avente ad oggetto il tema della gestione della non autosufficienza e della cura, in un contesto globale in cui le criticità connesse ai cambiamenti demografici risultano sempre più evidenti.
 
L’analisi promossa dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro assume come punto di partenza l’ormai diffusa consapevolezza circa il costante invecchiamento della popolazione, nel corso degli ultimi anni rilevabile anche in paesi a medio-basso reddito, in passato coinvolti solo in parte e marginalmente da problematiche di simile portata. Una dinamica, quella connessa ai cambiamenti demografici in atto, che si innesta, ad oggi, in un contesto globale di sviluppo economico e istituzionale complessivamente meno favorevole rispetto a quello rilevabile quando erano esclusivamente i paesi ad alto reddito ad iniziare la propria transizione demografica. Ciò anche in ragione dell’esasperazione cui i sistemi di welfare nazionali sono oggigiorno sottoposti, non da ultimo a causa della crisi da Covid-19 che ha sottolineato l’incapacità di molti paesi di garantire «un invecchiamento sano di quei soggetti anziani che progressivamente perdono le proprie capacità funzionali» (p. 7).
 
Al fine di proporre soluzioni efficaci ad un fenomeno in costante e crescente diffusione, l’ILO analizza in modo trasversale diverse tematiche e potenziali criticità connesse alla gestione della cosiddetta long-term care nel medio-lungo periodo.

In primo luogo, con l’obiettivo di implementare un corretto funzionamento dei sistemi di protezione sociale su scala nazionale, viene sottolineata l’esigenza di affrontare in via definitiva la questione di genere, in relazione agli aspetti connessi all’assistenza della non autosufficienza. Ciò che infatti emerge ad oggi con chiarezza è che le donne costituiscono sia la maggioranza dei fruitori di servizi di assistenza, sia dei fornitori di cure formali ed informali, rendendo così la dimensione di genere una questione prioritaria nella costruzione di efficaci sistemi di long-term care che siano inclusivi nonché socialmente ed economicamente sostenibili. I dati proposti dall’ILO nel merito, infatti, non solo pongono in evidenza che le donne costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione over-80 e dispongono di minori risorse economiche da destinare alla propria assistenza, ma anche che, a livello globale, circa il 76% dell’assistenza informale viene gestita dalla componente femminile dei nuclei familiari. Allo stesso modo, nell’ambito dei paesi OCSE, anche i prestatori di cura formali e professionali sono prevalentemente donne. L’insieme di tali rilievi, a detta dell’ILO, impone oggi una riflessione di sempre più ampio respiro circa la possibilità di adottare un approccio differente, volto ad una definitiva trasformazione (anche e soprattutto di genere) nell’ambito della fruizione ed erogazione dei servizi di long-term care.
 
Accanto a tale ambito di indagine, il working paper in esame non manca inoltre di evidenziare anche che -per contribuire adeguatamente al raggiungimento di un invecchiamento sano e di un accesso effettivo ai servizi di long-term care senza difficoltà- i sistemi di protezione sociale dovranno costruire un forte coordinamento tra l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e altre politiche sociali e occupazionali.

Nel merito, viene infatti sottolineato che dal momento che i compiti di gestione della cura devono essere svolti da diverse organizzazioni, un coordinamento e un’integrazione più orizzontali dell’assistenza sociale e sanitaria appaiono ad oggi cruciali per ridurre la pressione sui sistemi sanitari e migliorare la qualità dell’assistenza a lungo termine. Seguendo un simile approccio, le prestazioni di cura dovrebbero essere gestite solo in parte dalla famiglia, prevedendo, piuttosto, a sostegno di quest’ultima, l’erogazione di una combinazione di servizi offerti tanto dal settore pubblico quanto dal privato. L’offerta di servizi di long-term care, secondo la visione dell’ILO, dovrebbe in questi termini basarsi sui sistemi sanitari e di assistenza sociale ad oggi già esistenti, utilizzando l’infrastruttura del sistema sanitario come base per formulare strategie adeguate di gestione della non autosufficienza, in modo tale da creare sinergie per la progettazione di sistemi di assistenza equi e sostenibili. Per poter perseguire tale obiettivo – non da ultimo anche in termini che risultino essere economicamente accessibili per gli assistiti e le loro famiglie – l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ritiene che il coordinamento di tale interazione tra diversi erogatori di servizi dovrebbe essere prevalentemente gestita a livello pubblico e statale. In una simile ottica, infatti, garantire l’esistenza di un efficace coordinamento, nei termini descritti, non farebbe altro che migliorare la qualità dell’assistenza, l’esperienza del paziente e le opportunità di prevenzione, non da ultimo provando a prevenire e ridurre significativamente il rischio di (ri)ospedalizzazione di quegli assistiti fruitori di cure a domicilio. E proprio in tale ambito di indagine emerge allora la centralità, in un settore in via di sviluppo quale quello della cura, della professionalizzazione degli operatori che non può che andare di pari passo con l’implementazione di soluzioni tecniche a supporto del lavoro di tutti coloro che sono coinvolti nell’assistenza di un soggetto bisognoso.
 
In conclusione, pertanto, l’ILO sembra incoraggiare lo sviluppo di sistemi integrati di assistenza che tengano in considerazione non solo il – comunque necessario – ruolo dei caregiver familiari, ma anche di servizi di assistenza professionale erogati tanto dal pubblico quanto dal privato. In tali modelli organizzativi di gestione della long-term care su scala nazionale, centrale dovrà essere il ruolo giocato dallo stato e dai singoli governi nel coordinamento dell’erogazione di servizi di cura. Un progetto che risulta essere ambizioso e di indubbio valore, in quanto esito di una crescente consapevolezza circa l’emergente e crescente problema della gestione della cura e che, tuttavia, da un lato sembra non tenere in considerazione ipotesi alternative di costruzione strutturale di un mercato del lavoro di cura e, sotto un altro punto di vista, rischia contestualmente di scontrarsi con la richiamata condizione di crisi in cui spesso, oggigiorno, i sistemi di welfare nazionali si trovano.
 
Irene Tagliabue

Assegnista presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@TagliabueIrene

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