Tiraboschi: «La mediazione sulla Riforma ha prodotto una Fornero 2»

Dopo l’accordo maturato alla direzione del Pd il Jobs Act assomiglia sempre di più a una legge Fornero due. Ma la partita è tutta politica e Renzi ha preferito portare a casa l’unico risultato possibile oggi. È di questo avviso Michele Tiraboschi, giuslavorista, ordinario di Economia all’Università di Modena, ma soprattutto erede riconosciuto di Marco Biagi. «In realtà l’accordo maturato ieri nel Pd non è così distante da quello raggiunto, sempre alla direzione del partito poco tempo fa: una liberalizzazione dei licenziamenti economici con il mantenimento della reintegrazione non solo per i licenziamenti discriminatori ma anche per le forme più gravi di licenziamento disciplinare».

 

Vista l’esultanza della sinistra Pd qualcosa dev’essere cambiato…

«Viene rafforzato l’accordo maturato nella direzione precedente. A livello politico ha ragione Renzi a ritenere strategica l’approvazione della riforma in tempi brevi e col minor danno possibile. I temi importanti sono altri».

 

Più dell’articolo 18? Quali?

«La ricollocazione dei disoccupati, le politiche attive, l’integrazione fra scuola e lavoro, il contrasto al sommerso. Capiremo davvero la portata della riforma se verrà approvato il Codice semplificato del lavoro e se si faranno le politiche per la ricollocazione».

 

Ma non c’è il rischio che così si vanifichi il peso politico della riforma in chiave europea? Una Fornero aggiornata la Ue non l’accettebbe…

«Ha ragione: l’impianto del Jobs Act sul contratto a tempo indeterminato ricalca quello della legge Fornero che aveva già provato a liberalizzare i licenziamenti economici mantenendo la reintegra su quelli disciplinari e discriminatori…».

 

E allora?

«Renzi ha vinto la battaglia all’interno del suo partito e pure quella col sindacato. Sta usando l’articolo 18 in termini politici, non occupazionali. Quando dice che non si telefona più con l’apparecchio a gettoni ma con l’Iphone racconta una verità: nel mercato del lavoro l’Iphone sono le politiche attive, la formazione e la ricollocazione. Non certo l’articolo 18 che riguarda il passato».

 

Adottare le politiche attive però significa superare la cassa integrazione…

«Non ci sono alternative. Il futuro nel mercato del lavoro si gioca sulle competenze, sulla formazione. Le nuove tecnologie uccideranno in pochi anni più del 50 per cento dei posti di lavoro. Dunque dobbiamo costruire i lavoratori per i mestieri del futuro. L’articolo 18 non potrà nulla di fronte a un’innovazione che cancellerà una posizione su due. Senza dimenticare che accanto alle politiche attive è fondamentale ripensare il welfare».

 

In che senso?

«L’invecchiamento della popolazione e l’incremento delle malattie croniche creeranno una forte pressione demografica sulla popolazione attiva. Sarà fondamentale includere il maggior numero di persone possibile nel mercato del lavoro, creando le opportunità di occupazione. Altrimenti i pochi che lavoreranno dovranno subire una tassazione insopportabile».

 

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