La stagionalità contrattuale: il rapporto tra legge e contrattazione collettiva

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Bollettino ADAPT 22 marzo 2021, n. 11

 

Con la nota n. 413 del 10 marzo 2021, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro si è espresso in maniera coerente e ulteriormente chiarificatrice per confermare un orientamento in materia di disciplina dei contratti a termine nelle ipotesi di stagionalità individuate dalla contrattazione collettiva.

 

La questione ha assunto rilevanza nel corso degli ultimi anni alla luce dell’evoluzione normativa (involuzione più sinceramente a parere di chi scrive) in materia di contratti a tempo determinato, in particolare in virtù dei tre interventi che si sono susseguiti: il decreto-legge n. 34/2014 (convertito in legge n. 78/2014) e il d.lgs. n.81/2015, entrambi interventi di sostanziale liberalizzazione della tipologia citata, e infine il decreto-legge n. 87/2018 (convertito in legge n. 96/2018) di concreto irrigidimento della disciplina al fine di ridurne l’opportunità di utilizzo.

 

È evidente che la disciplina “speciale” in materia di stagionalità si afferma per rispondere ad un’effettiva esigenza produttiva ed organizzativa delle imprese che, non solo caratterizza in senso stretto aziende cosiddette stagionali che osservano cioè periodi chiusura nell’arco dell’anno (come previsto dal D.P.R. n.1525/1963) ma che si afferma attraverso una propensione propria di attività economiche come quelle collegate ai flussi turistici ad osservare sempre meno periodi di chiusura nell’arco dell’anno.

 

Tale tendenza alla stagionalizzazione delle assunzioni o, per dirla in maniera più corretta, alla gestione flessibile della forza lavoro in funzione dei flussi di clientela è confermata dai numeri di un settore come quello dei pubblici esercizi che nell’anno 2019 ha registrato un milione circa di lavoratori dipendenti occupati di cui 300 mila circa a tempo determinato, 73 mila stagionali, dei quali 10 mila circa cosiddetti “stagionali contrattuali” (Elaborazione a cura del Centro Studi della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) su dati Inps).

 

Del resto, la nota dell’Ispettorato in questione conferma la possibilità delegata alla contrattazione collettiva di individuare ipotesi di attività stagionali per le quali sono previste specifiche deroghe alla disciplina del rapporto a termine. In particolare, viene dunque ribadita la natura derogatoria della stagionalità “contrattuale” così come codificata dall’art. 21 comma 2 del d.lgs. n. 81/2015 laddove appunto si precisa che le attività stagionali sono quelle individuate con decreto del Ministero del Lavoro nonché quelle individuate dai contratti collettivi. Il citato comma 2 precisa inoltre che, fino all’adozione del decreto in questione, restano ferme le ipotesi di stagionalità di cui al D.P.R. n. 1625/1963.

 

La nota dell’Ispettorato si preoccupa, inoltre, di evidenziare che rispetto al quadro regolatorio in questione, il rinvio alle ipotesi individuate dal D.P.R. n.1625/1963 sostituisce il decreto del Ministero del Lavoro non ancora emanato anziché le ipotesi individuate dalla contrattazione collettiva di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015. Pertanto, ad entrambe le ipotesi di stagionalità (individuate dalla contrattazione collettiva e previste dal D.P.R. n.1625/1963) si applica il regime derogatorio disciplinato dal d.lgs. 81/2015 in materia di:

a) intervalli tra contratti ( 19, comma 2);

b) obbligo di apposizione della causale dopo i primi dodici mesi ( 21, comma 01);

c) numero complessivo di contratti ( 23, comma 2 lett. c).

 

Oltre a questi aspetti, è interessante evidenziare in che modo poi nella prassi la contrattazione collettiva abbia gestito l’evoluzione normativa, preservando la natura propria della stagionalità dalle novità introdotte dal decreto-legge n. 87/2018 e quindi salvaguardando l’efficacia delle disposizioni contenute nei contratti collettivi sottoscritti prima delle novità citate.

 

Uno dei casi tipici in questione è quello del CCNL 8 febbraio 2018 dei pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo, che ha previsto una serie di specifiche ipotesi di stagionalità individuate nei casi delle cosiddette “intensificazioni dell’attività lavorativa”1 in conseguenza, appunto, di una situazione di stagionalità di fatto anche per aziende che pur non rientrando nella categoria normativa inquadrata dal citato D.P.R. n. 1625/1963  svolgono attività soggette a specifici picchi di clientela.

 

Il decreto-legge n. 87/2018, intervenuto cronologicamente dopo a tali previsioni contrattuali, ha invitato le parti firmatarie del CCNL citato ad intervenire per ribadire l’efficacia di tali disposizioni contrattuali alla luce delle novità introdotte dallo stesso decreto, preservandone così la specialità stagionale contrattuale. Con una dichiarazione congiunta del 7 febbraio 2019, le parti firmatarie del CCNL in questione hanno, infatti, letteralmente ribadito l’efficacia della disciplina della stagionalità contenuta nel CCNL del 2018 in maniera tale da custodire il regime di specialità tipico dell’attività stagionale che si distingue in maniera netta dal rapporto a tempo determinato ordinario.

 

Non è un caso che il CCNL al quale facciamo riferimento preveda all’art. 93 uno specifico diritto di precedenza per i lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato nelle ipotesi di stagionalità nei casi di riassunzione presso la stessa unità produttiva e con la medesima qualifica. In sostanza, molto spesso tali rapporti stagionali si protraggono e si ripetono nel corso delle diverse annualità, dando luogo a rapporti stagionali pluriennali, in alcuni casi addirittura nei fatti a tempo indeterminato.

 

A voler completare il quadro normativo è necessario sottolineare che lo status di specialità proprio dei contratti a tempo determinato per ragioni di stagionalità riguarda anche un regime contributivo proprio che li differenzia dai contratti a termine ordinari. La legge di bilancio 2020 (Cfr. art. 1 comma 13 lett a) legge n. 160/2019), infatti, ha previsto che il contributo addizionale Naspi (Cfr. art. 2, comma 28, della legge 28 giugno 2012) e l’incremento previsto per ogni rinnovo dei contratti a termine (Cfr. art. 3, comma 2, del D.L. n. 87/2018) non si applica nei casi di svolgimento di attività stagionali stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020 in forza di CCNL che dal 1° gennaio 2012 abbiano individuato in continuità sempre le medesime ipotesi di stagionalità. Tale previsione, che nella formulazione della legge di bilancio menzionata non sembrava del tutto pacifica, è stata chiarita dall’INPS che, con la circolare n. 91/2020, ne ha chiarito la portata applicativa.

 

In sostanza, un riconoscimento ulteriore di specialità delle ipotesi di stagionalità in virtù della storicità delle clausole contrattuali introdotte tra le parti, che ne giustifica il regime contributivo favorevole. Infatti, le summenzionate ipotesi di stagionalità definite come “Intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno” individuate dall’art. 90 del CCNL 8 febbraio 2018 menzionato sono esattamente identiche a quelle contenute all’art. 83 del CCNL sottoscritto precedentemente nel 2010.

 

In sostanza, la ricostruzione della disciplina del cosiddetta stagionalità contrattuale è utile non solo per approfondire un caso concreto di avveduta interpretazione da parte degli organi vigilanti dell’incastro tra disposizioni di legge e rinvii alla contrattazione collettiva, ma soprattutto rappresenta un esempio efficace di delega alla contrattazione collettiva, sede più adeguata per costruire ed individuare soluzioni idonee in grado di rispondere alle esigenze del sistema produttivo, sia per le imprese che per i lavoratori.

 

Andrea Chiriatti

Area Relazioni Sindacali, Previdenziali e Formazione

Federazione Italiana Pubblici Esercizi

@AChiriatti

 

1 Cfr. art. 90 “Le parti convengono, nell’ambito della propria autonomia contrattuale, che rientrano nei casi di legittima apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato le intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, quali:

– periodi connessi a festività, religiose e civili, nazionali ed estere;

– periodi connessi allo svolgimento di manifestazioni;

– periodi interessati da iniziative promozionali e/o commerciali;

– periodi di intensificazione stagionale e/o ciclica dell’attività in seno ad aziende ad apertura annuale”.

 

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