La Spagna ad un passo dalla riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio
| di Lavinia Serrani
Bollettino ADAPT 12 maggio 2025, n. 18
Il Consiglio dei Ministri spagnolo ha approvato, lo scorso martedì 7 maggio, il progetto di legge sulla riduzione dell’orario settimanale di lavoro da 40 a 37,5 ore senza abbassamento dei salari. Prende avvio, così, l’iter legislativo di una normativa destinata ad interessare 12,5 milioni di lavoratori e che la Ministra del lavoro, nonché Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Jolanda Díaz, aveva indicato come uno dei principali punti del suo programma politico.
Dopo mesi di trattative, prima tra sindacati e datori di lavoro, e poi assieme al Governo, Díaz ha firmato l’accordo con i sindacati Comisiones Obreras (CC.OO.) e Unión General de Trabajadores (UGT). Lo hanno presentato il 20 dicembre, oltre quattro mesi fa. Dopo un tira e molla tra Ministero dell’Economia e Ministero del Lavoro, il disegno di legge è stato approvato dal Consiglio dei Ministri in prima lettura il 4 febbraio ed è tornato al Consiglio tre mesi dopo, prima di essere sottoposto all’esame del Congresso dei Deputati.
«Questa è una riforma che le persone vogliono e che i gruppi politici dovranno spiegare perché non sostengono», ha dichiarato la Ministra nel corso della conferenza stampa al termine del consiglio. Si tratta, difatti, di una proposta non da tutti accolta con favore. Il partito Junts per Catalunya ha già annunciato un emendamento sostitutivo per difendere le piccole e medie imprese catalane, e le posizioni del Partido Popular (PP), di VOX e del Partito Nazionalista Basco (PNV) non sono ancora chiare.
«Sono consapevole che la negoziazione sarà dura e che si apre ora un intenso dibattito nel paese su questa questione. È il momento di negoziare e, in questo senso, l’unica linea rossa è la riduzione della giornata lavorativa affinché l’orario massimo legale di lavoro sia di 37,5 ore settimanali nel computo annuale, dopo oltre quattro decenni di validità dell’attuale limite di 40 ore settimanali», ha proseguito la Ministra. Il fulcro della proposta che il Ministero del Lavoro ha concordato con i sindacati e che trova l’opposizione delle organizzazioni datoriali, riguarda, difatti, l’articolo 34.1 dell’Estatuto de los Trabajadores, il quale, dal 1983 recita: «La durata massima della giornata ordinaria di lavoro sarà di quaranta ore settimanali di lavoro effettivo, in media su base annua» e, ciò, nonostante le modalità di lavoro, invece, siano nel tempo profondamente mutate per effetto delle nuove tecnologie.
Peraltro, come ha ribadito la stessa Jolanda Díaz, la media degli orari di lavoro previsti nei contratti collettivi è già di 38,2 ore settimanali, ragion per cui con questo cambiamento legislativo si eviterebbe che alcuni lavoratori godano di un “privilegio” che altri non hanno, rimanendo vincolati ad orari di lavoro più lunghi. «La produttività in Spagna dagli anni ‘90 è cresciuta del 53%, mentre la retribuzione reale dei lavoratori dipendenti è aumentata solo del 22% e l’orario di lavoro è rimasto invariato nello stesso periodo», ha precisato la Ministra.
E nel sottolineare che l’unica linea rossa che non intende superare è il conseguimento della riduzione dell’orario di lavoro a 37,5 ore settimanali, Jolanda Díaz si è mostrata disponibile ad aprire nuovi margini di negoziazione, financo a recuperare gli aiuti alle piccole e medie imprese che erano stati esclusi dall’accordo a causa del rifiuto delle organizzazioni datoriali. È, dunque, possibile che venga implementato il cosiddetto “Piano 375”, presentato per sostenere le PMI nel passaggio a questa riduzione dell’orario, attraverso varie misure di accompagnamento, come, ad esempio, apposite agevolazioni per quelle piccole e medie imprese che, riducendo l’orario di lavoro, creino posti di lavoro stabili, oppure favorendo la trasformazione dei contratti a tempo parziale in contratti a tempo pieno con la riduzione dell’orario, «migliorando così la qualità del lavoro e abbandonando i contratti con orari ridotti». Incentivi economici che potrebbero essere accompagnati, altresì, da piani di formazione e supporto personalizzato alle PMI.
La Ministra ha riconosciuto, altresì, di essere consapevole che in questo spazio di negoziazione appena aperto, il sostegno dei sindacati Comisiones Obreras (CC.OO.) e Unión General de Trabajadores (UGT) sarà fondamentale per promuovere i vantaggi della riduzione dell’orario di lavoro presso i gruppi politici contrari.
Dal Partito Popolare (PP) non è ancora emersa una posizione ufficiale in merito. Diversi leader regionali hanno espresso la loro opposizione a ridurre l’orario di lavoro, ma all’orizzonte ancora risuonano le dichiarazioni del loro presidente, Alberto Núñez Feijóo, che ha aperto la porta a una settimana lavorativa di quattro giorni “in alcuni settori”.
A fronte dei dubbi del PP, gli imprenditori si rimettono a Junts, che ha annunciato lo scorso lunedì che presenterà una proposta di emendamento sostitutivo al progetto di legge del Governo. È stata, difatti, la portavoce di Junts, Míriam Nogueras, a confermare la posizione del suo partito, considerando che la proposta promossa dalla Ministra «è un attacco frontale ai lavoratori autonomi e alle piccole e medie imprese». E aggiunge: «Ci siamo trovati la porta chiusa alla possibilità di negoziare anche una sola virgola del testo, che è stato concordato unicamente con i sindacati spagnoli. Si sono date le spalle al tessuto produttivo della Catalogna».
Le organizzazioni dei datori di lavoro, che non hanno poi firmato il testo del dicembre 2024, chiedevano, difatti, che il percorso prevedesse prima il dialogo sociale e poi la legge, mentre Governo e sindacati hanno optato per la via inversa dell’approvazione per legge seguita da una negoziazione collettiva a livello settoriale. Secondo Díaz, l’approvazione per legge mira a garantire che «questo diritto arrivi dove la negoziazione collettiva non arriva, come nel caso dei camerieri, la cui media settimanale è di 39,4 ore; delle cassiere e commesse che lavorano più di 39 ore; così come degli agricoltori e delle persone che si occupano della cura e dell’assistenza con una media di 38,6 ore settimanali. È anche l’occasione per adattare le normative sul lavoro alle nuove realtà e alle forme di organizzazione che hanno dimostrato la fattibilità e i vantaggi delle giornate lavorative più brevi».
La proposta di Junts è che siano, invece, i contratti collettivi delle medie imprese a stabilire l’orario in base al loro settore, dimensioni e necessità. Non garantisce il proprio supporto neppure l’altro partito nazionalista di destra, il PNV, nonostante la simpatia mostrata verso il progetto negli ultimi mesi. Il gruppo basco critica il fatto che la norma non abbia il supporto delle imprese e sottolinea l’effetto che la misura potrà avere sulle PMI. I nazionalisti di sinistra confermano invece che sosterranno la riduzione dell’orario di lavoro, pur precisando che, se il testo finale dovesse concedere troppo alle organizzazioni datoriali, potrebbero rivedere la loro posizione.
Oltre alla riduzione della giornata lavorativa, il progetto concordato tra il Ministero del Lavoro e i sindacati prevede, altresì, la predisposizione di un «registro» digitale per tenere il calcolo in modo efficace delle ore effettive di lavoro. Se il testo proposto andrà avanti, si impedirà che la registrazione venga fatta su carta; dovrà essere digitale e interoperabile, in modo che l’Ispettorato del Lavoro possa accedervi. Si prevede, inoltre, un inasprimento delle sanzioni, in modo che la punizione non venga data più per l’azienda che viola, ma per ogni dipendente con ore extra non retribuite. Questo sistema condurrà, di fatto, ad una moltiplicazione delle sanzioni che, fino ad ora, molte aziende preferivano assumersi.
Il progetto di legge rafforza, infine, anche il diritto alla disconnessione, già presente nell’ordinamento giuridico spagnolo, ma che, essendo privo di un regime sanzionatorio, molte aziende non hanno rispettato. Si tratta di evitare che possa essere richiesto lo svolgimento del lavoro al fuori dagli orari pattuiti, rispettando il diritto al riposo e alla privacy dei lavoratori.
Fernando de Luján, vicesegretario generale per la politica sindacale di UGT, conferma che la sua organizzazione sindacale si riunirà con tutti i gruppi politici e altre organizzazioni per spiegare i miglioramenti che introduce la riduzione dell’orario di lavoro settimanale: «Nel lavorare per raggiungere un accordo con il Governo su questa questione, abbiamo anche rafforzato il diritto alla disconnessione per evitare che le persone continuino a lavorare oltre l’orario stabilito, e migliorato l’efficacia della registrazione dell’orario di lavoro per ridurre il numero di ore straordinarie non pagate».
A tal proposito, ha ricordato che in Spagna vengono effettuate quasi 6 milioni di ore straordinarie a settimana, «di queste circa tre milioni non vengono retribuite né dichiarate. Si tratta di concorrenza sleale e di frode nei confronti dei lavoratori, ed è per questo che si rende necessario il nuovo registro digitale e interoperabile. Ritengo che questa misura dovrebbe essere richiesta anche dalle stesse organizzazioni imprenditoriali, che invece la criticano. La media attuale dei contratti collettivi è di 38,6 ore settimanali, ragion per cui il passaggio a 37,5 ore non sarà così traumatico. Quel che conta è che in questo modo verranno retribuite tutte le ore lavorate in quanto registrate».
Per quanto riguarda l’iter legislativo, commenta ancora Fernando de Luján, il testo ratificato dal Consiglio dei Ministri dovrà arrivare in Parlamento nel mese di maggio, con la trattazione, le votazioni, le modifiche e il dibattito nella commissione competente, per poi andare al Senato. «Si prevede che ci vorranno circa cinque mesi e ci troveremmo a ottobre. L’obiettivo è che la normativa contenga i tre punti principali: riduzione dell’orario di lavoro, registrazione oraria e disconnessione. Con alcuni periodi transitori, che aiuteranno a facilitare l’implementazione, potremmo avere la normativa approvata e in vigore per gennaio 2026» ha proseguito il vicesegretario generale di politica sindacale di UGT.
«Oggi è un giorno di massima importanza per il nostro paese» ha dichiarato Díaz in conferenza stampa, prima di aggiungere che la riduzione dell’orario di lavoro «aiuterà a rendere le persone un po’ più felici». «Parliamo a tutti gli spagnoli e le spagnole che quasi non vedono i loro figli perché non ne hanno il tempo. La politica serve a questo e il Governo della Spagna sa bene chi rappresenta» ha aggiunto la Vicepresidente del Consiglio.
Ha, inoltre, affermato che le imprese spagnole ottengono risultati sufficientemente positivi per poter accettare questa riduzione, compresi i settori con orari più lunghi e minor valore aggiunto, come l’agricoltura, il commercio o la ristorazione: «I margini aziendali parlano da soli. Quando parliamo della distribuzione della produttività dovremmo tenerlo in considerazione. Quel che stiamo facendo è praticare giustizia». Ha ricordato, poi, che altri collettivi professionali, come i dipendenti pubblici, già hanno orari settimanali sotto le 40 ore, il che dovrebbe essere garantito per legge a tutti i lavoratori.
A parere della Ministra, inoltre, la misura è fondamentale in termini di salute e sicurezza sul lavoro, poiché contribuirà a ridurre il carico fisico e mentale, diminuendo lo stress lavorativo e la fatica, aumentando la produttività e riducendo il rischio di subire infortuni sul lavoro. Le giornate lavorative prolungate hanno causato, a livello mondiale, 745.000 decessi per ictus e cardiopatia ischemica nel 2016, una cifra superiore del 29% rispetto a quella del 2000.
«Le aziende stanno già negoziando orari che vanno in questa direzione. Sono poche le aziende che hanno approcci che si confanno più al secolo scorso che al ventunesimo» ha aggiunto infine Díaz, convinta della bontà di una riforma che cambierebbe la vita a circa 12 milioni di persone.
Ricercatrice ADAPT
Responsabile Area Ispanofona
Condividi su: