La sfida dell’attuazione di GOL nei sistemi regionali

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Bollettino ADAPT 18 ottobre 2021, n. 36

 

Lo scorso 13 ottobre la Conferenza delle Regioni ha dato parere favorevole all’intesa sullo schema di decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze di adozione del programma Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL). Lo stesso atto approva il riparto del 20% dell’importo previsto nell’ambito della misura “Politiche attive del lavoro e formazione”, inserita nella Missione 5, Componente 1 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pari a 880 milioni di euro.

 

Il PNRR definisce GOL come un “programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata” finalizzato a superare, con un approccio basato sulla definizione di livelli essenziali delle prestazioni, l’eterogeneità dei servizi erogati a livello territoriale. Tuttavia, le bozze sul contenuto del decreto attuativo attribuiscono alle regioni un ruolo importante nella personalizzazione dei servizi e nell’attuazione di misure complementari che si affianchino a quelle previste dagli standard minimi condivisi su tutto il territorio nazionale.

 

Una delle principali aree di intervento delle regioni sarà quella della formazione professionale che sta sempre più trovando spazio nelle misure di politica attiva quale componente fondamentale da affiancare ai servizi al lavoro. Lo stesso GOL intende favorire una forte integrazione tra politiche attive del lavoro e formazione professionale tanto che nei livelli essenziali delle prestazioni si prevede l’erogazione di servizi formativi di riqualificazione e di aggiornamento professionale differenziati sulla base della distanza dal mercato del lavoro del destinatario.

 

Nel rispetto del principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione, l’organizzazione delle misure avverrà tenendo conto delle specificità dei diversi sistemi regionali. Per questo motivo sono di particolare interesse i patti territoriali e i piani operativi territoriali in quanto strumenti che permetteranno di personalizzare le attività formative erogate tenendo conto dei fabbisogni di competenze specifici di singole aree o settori produttivi.

 

I Patti territoriali sono definiti come “accordi quadro tra il Ministero e la Regione volti all’ottimizzazione, in specifici settori o filiere produttive territorialmente localizzate, del rapporto tra i sistemi del lavoro, dell’istruzione e formazione e dell’imprenditoria per garantire opportunità occupazionali e il soddisfacimento dei fabbisogni di competenze delle imprese anche in relazione ai processi di innovazione, riconversione e trasformazione industriale”. Lo scopo sembrerebbe quello di favorire lo sviluppo di reti di cooperazione tra i diversi soggetti che operano nell’ambito di uno stesso mercato del lavoro ed in particolare imprese, enti di formazione, soggetti accreditati per i servizi al lavoro e centri per l’impiego.

 

La declinazione dei patti territoriali avverrà attraverso i piani operativi territoriali, anch’essi condivisi con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che dovranno prevedere una specifica analisi della domanda di lavoro e dello skill gap esistente nei settori e nei territori che sono oggetto del Patto. Le Regioni potranno utilizzare i propri sistemi informativi per analizzare i fabbisogni di competenze di un’area o di un settore anche nel medio e nel lungo termine attraverso studi previsivi che permettano di immaginare come evolveranno domanda ed offerta di competenze nell’ambito del mercato del lavoro di riferimento.

 

Essenziale sarà inoltre l’analisi della reale offerta formativa disponibile rispetto al fabbisogno rilevato, la definizione dell’offerta formativa mancante e una rappresentazione dell’offerta formativa complessiva. Su questo versante sarà importante fare attenzione non solo all’esistenza di percorsi formativi in linea con i fabbisogni ma anche alla loro effettiva fruibilità in termini di tempi, luoghi e modalità di erogazione dei servizi formativi.

 

Per l’effettiva realizzazione dell’offerta formativa mancante sarà necessario potenziare il coordinamento tra gli operatori che erogano i servizi al lavoro e i soggetti che operano all’interni dei sistemi regionali di formazione professionale. In primis sarà necessario favorire l’intervento degli ITS nell’ambito della formazione continua, come già previsto dalla nuova Riforma già approvata alla Camera, anche attraverso la possibilità di distribuire il monte ore da erogare sulla base delle necessità degli occupati. Non meno importante sarà il coinvolgimento del sistema delle imprese non solo per la definizione dei fabbisogni, ma anche in qualità di soggetti in grado di trasmettere competenze che, in una logica duale, permettano la contrazione dei tempi di ricollocamento dei disoccupati.

 

L’approvazione del decreto attuativo di GOL, che avverrà nelle prossime settimane e certamente entro la fine del 2021, è solo il primo passo verso l’attuazione di una misura di politica attiva che dovrà essere in grado di intercettare entro il 2025 tre milioni di beneficiari, di cui almeno il 75% tra donne, disoccupati di lunga durata, under 30, disabili, over 55. La definizione dei primi Patti territoriali e dei relativi Piani operativi territoriali, nonché dei servizi complementari che potranno essere offerti a valere su risorse regionali e fondi europei, sarà la vera discriminante per comprendere se e in che misura la nuova politica attiva potrà realmente essere uno strumento efficace.

 

Gaetano Machì

Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

gaetanomachi

 

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