La rappresentanza 2.0 nell’esperienza della Confederazione Italiana Agricoltori. A tu per tu con David Nebiolo

Informare, interagire, creare comunità. Tre esigenze fondamentali delle Organizzazioni di rappresentanza a cui la rete è in grado di offrire grande sostegno.

 

La trasformazione della struttura economica del Paese ha dettato l’esigenza anche per il sindacato di rivedere modelli consolidati di azione e reso necessario l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione per intercettare bisogni ed elaborare risposte. Questo significa ripensare il valore della comunicazione e porre particolare attenzione ad un nuovo ed efficace contesto dove concentrare energie e strategie: la rete e i Social Network. I nuovi strumenti sopraggiunti con il web 2.0 rendono possibile la creazione di spazi di confronto, funzionano da canale di sensibilizzazione, stimolano la partecipazione, permettono di raggiungere un numero sempre più ampio di lavoratori e associati.

 

È dunque opportuna una riflessione sul modo in cui la rappresentanza sta reagendo ai profondi cambiamenti portati dalla rete per sfruttarli a proprio vantaggio come veicolo di rinnovamento. Ad oggi la domanda principale non è se abbia iniziato o meno ad avvalersi del web come mezzo di comunicazione, ma se sarà realmente in grado di utilizzarlo per costruire un sindacato moderno.

 

È quanto discusso con David Nebiolo, Responsabile Comunicazione e Immagine CIA, giornalista politico con un’esperienza decennale maturata nell’ambito della Comunicazione e Relazioni Esterne presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Assocameraestero e ICE – Italian Trade Commission.

 

La vostra Organizzazione quanto sta sfruttando la rete per ideare, progettare e sostenere nuove politiche di rappresentanza, nuovi modelli organizzativi?

 

La nostra Confederazione punta tantissimo sulla rete, in particolar modo sui Social Network e lo fa in maniera organica ormai da diverso tempo. Questi nuovi strumenti ci permettono di trasferire velocemente informazioni al territorio, cosa che non potremmo assolutamente fare utilizzando i mezzi tradizionali di comunicazione. Lavoriamo principalmente con Facebook e Twitter, ci stiamo preparando ad utilizzare Instagram e siamo presenti su Linkedin, seppur relativamente. In particolare, Facebook ci permette di avere un rapporto diretto con migliaia di persone e di spiegare loro in maniera diversa, più semplice e “colorata” l’attività e la posizione della Confederazione, mentre Twitter è prettamente utilizzato come canale di dialogo con le Istituzioni. In alcuni casi le richieste vengono avanzate proprio qui, in altri Twitter è “la segretaria che ci prende l’appuntamento”: bastano poche battute inviate alla persona giusta per avviare un confronto. Qui si legge la potenzialità di questi strumenti che, se non gestiti in maniera cosciente e appropriata, si perde. In generale, rappresentano il principale strumento di feedback che abbiamo a disposizione: se non li utilizzassimo faremmo una fatica venti volte più elevata per informare e far comprendere ai nostri associati l’enorme mole di lavoro fatto.

 

Fino a che punto sono state comprese in Italia le potenzialità della rete per il sindacato? Quanto è in grado di aggiornare il suo modus operandi? Penso alle nuove modalità di incontro sperimentate in America: lì, ad esempio, i lavoratori si danno appuntamento online ed organizzano scioperi virtuali.

 

Ad oggi in Italia non siamo ancora a quel livello. Credo che un miglioramento sia possibile, il problema è che ci dovete dare il tempo di capire come farlo: ci vorrà preparazione e soprattutto una coscienza diversa. Abbiamo iniziato a comprendere che le piazze, e tutti gli strumenti utilizzati fino a ieri, forse non sono più al passo con i tempi e siamo alla ricerca di altre forme e luoghi di confronto. Sicuramente si andrà verso una forma di “sindacalismo del web” e, considerando che anche le Istituzioni con le quali ci interfacciamo a loro volta dialogano attraverso la rete e i Social Network, è indispensabile. Io vengo dal cronismo politico: un tempo la fonte delle notizie eravamo noi, adesso vengono twittate. Questo vuol dire che chi fa informazione non può pensare di perder tempo con gli strumenti canonici, deve adeguarsi.

 

Quanto quindi l’Italia è e-unions? La CIA?

 

Se parliamo di Internet in senso globale, il sindacato sfrutta ancora relativamente poco le sue potenzialità; se guardiamo ai Social Network, in riferimento alla CIA, posso dire che vengono utilizzati abbastanza. Al momento stiamo dialogando con enti specializzati per capire come implementare strategie digital, ma come detto si tratta di un percorso. Ricordiamoci anche da dove siamo partiti: non la CIA in quanto tale, ma il sistema di rappresentanza in senso lato. La riorganizzazione sulla rete è complessa ed è partita con una certa lentezza, ma pian piano stiamo carburando e cercando di metterci al passo.

 

Che tipo di resistenze incontrate nel riuscire a sfruttare appieno le potenzialità del web?

 

Non si tratta di resistenze. Prima di tutto c’è la difficoltà di “mettere a rete” il sistema CIA: abbiamo tantissime sedi regionali e provinciali ed ognuna è autonoma nella gestione della comunicazione, ma l’unica vera criticità è la necessità che tutti comprendano l’importanza del web come “strumento di associazione”, oltre che di informazione. Ancora molti utilizzano i Social Network solo perché “devono essere presenti” e non ne intravedono le potenzialità o ritengono più importante pubblicare su un quotidiano della carta stampata una piccola notizia, senza sapere che quel giornale è già vecchio di ventiquattro ore nel momento in cui lo leggi, mentre sul web rimane a vita, viene fatta circolare e diventa oggetto di dibattito nei blog. Io vivo il mondo dell’informazione da sempre e sono tra i sostenitori della necessità di rivedere quanto fatto fino a ieri in questo campo. Certo, con tutti i limiti che il nuovo sistema comporta, a partire dallo scarso controllo delle fonti, ma tutto quello che permetterà alla CIA e a Organizzazioni come questa di sopravvivere è qui e non è certo la notizia sul giornale o telegiornale.

 

La comunicazione per essere efficace ha bisogno di “buoni” contenuti, ma anche della capacità di saperli diffondere. Quanto state investendo in risorse economiche e umane per imparare a gestirla sulla rete?

 

A livello di risorse umane stiamo investendo tutto, nel senso che tutte le persone che lavorano con me, lavorano sulla rete. La comunicazione online è uno strumento essenziale per valorizzare le nostre attività e far sentire gli associati parte delle istanze portate avanti ed è per questo prioritaria. Chiaramente seguiamo anche le attività “classiche” di Pubbliche Relazioni, ma ci concentriamo tantissimo sulla rete e diventerà l’area di lavoro predominante. Curiosamente non è un input partito dall’Ufficio Comunicazione: deriva da un’espressa volontà del Presidente Dino Scanavino, che ha subito compreso l’importanza del web come strumento indispensabile oggi per comunicare. Quanto alla parte economica, non ci sono risorse allocate ad hoc: vengono vagliate di volta in volta, in base a strategie e progetti ritenuti validi.

 

Consentendo collegamenti diretti tra persone e tra persone e informazione, il web 2.0 rischia di rendere superflua l’esistenza di organizzazioni con funzione di intermediario. Che ne pensa?

La questione tocca il dibattito di questi tempi: l’idea che i corpi intermedi siano ormai desueti. È certo che non possono più essere quelli di una volta, ma penso che il dialogo tra organi diversi abbia necessariamente bisogno di un contenitore di sintesi. Anche se in Italia il fruitore del web non è ancora al livello degli altri Paesi, si andrà verso alti standard di digitalizzazione. L’arrivo dei nuovi strumenti della comunicazione ha reso il rapporto con la base molto più veloce e semplice ed è chiaro che Associazioni come la nostra devono adeguarsi, ma non è un processo facile. Ci sono tanti elementi da tenere in considerazione: la propria storia, come si è gestita la comunicazione fino ad oggi e soprattutto è necessario studiare un modello di relazione che metta tutti nelle condizioni di sentirsi parte di un progetto comune: non basta un “Ufficio Comunicazione” per gestire universi ampi e complessi come la CIA.

 

Da tempo ormai si afferma che il mondo della rappresentanza è davanti ad una profonda trasformazione. Mi racconta come la state mettendo in pratica? Quali sono gli ingredienti di cui ha bisogno per appartenere al futuro del lavoro? 

 

La trasformazione principale la CIA l’ha vissuta a febbraio dell’anno scorso: dopo decenni i vertici sono tornati ad essere degli imprenditori e questo ha portato un nuovo modo di rapportarsi sia con le Istituzioni che con la base associativa. La trasformazione la viviamo attraverso il contatto diretto con i nostri associati, con un’enorme e faticosa attività di presenza sul territorio, probabilmente il modo migliore per raccogliere dal basso rivendicazioni. La comunicazione fa da eco a tutto questo e cerca, a sua volta, altre forme di contatto diretto. Quanto agli ingredienti necessari al cambiamento, credo che non possa più sussistere un sindacato di grido, contrapposizione, ideologizzato: per appartenere al futuro, deve essere meno di contrapposizione. Se invece la trasformazione la leggiamo in chiave comunicativa, è certo che senza un adeguamento al nuovo linguaggio è destinato ad una triste fine. La rappresentanza si trova in mezzo a Istituzioni e imprese che comunicano tra di loro e rispetto al mondo in maniera “social” e se pensa di utilizzare i vecchi stereotipi della manifestazione e del picchetto (che, certo, in alcuni casi possono ancora andare bene) non sarà in grado di comunicare né alle persone di cui difende le istanze, né ai propri stakeholder.

 

* Responsabile Comunicazione e immagine CIA (Confederazione Italiana Agricoltori).

 

Francesca Brudaglio

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@FBrudaglio

 

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