La qualità del lavoro in Europa: i risultati della sesta indagine Eurofound

Il raggiungimento degli obiettivi delle attuali politiche del lavoro, tra cui l’aumento dei livelli occupazionali, il prolungamento delle vite lavorative, lo sviluppo di produttività e innovazione, e l’adeguamento alla sfida della digitalizzazione, dipende non soltanto dalle dinamiche esterne del mercato del lavoro ma anche e soprattutto dalla creazione di modelli organizzativi che garantiscano una rinnovata centralità della persona e del suo lavoro.

 

È partendo da tale presupposto che l’Eurofound, Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, si ripropone di fornire periodicamente (ogni 5 anni) una panoramica generale sulle condizioni di lavoro in Europa, allo scopo sia di fotografare l’eterogenea forza lavoro europea suddivisa per Paese, settore, genere e fascia d’età, sia di valutare gli aspetti che concorrono a determinare la complessa definizione di qualità del lavoro.

 

La sesta indagine europea sulle condizioni di lavoro (EWCS), pubblicata il 17 novembre 2016, è stata svolta nel 2015 in 35 Paesi (i 28 Stati Membri dell’Unione Europea, gli Stati candidati all’adesione – Albania, Macedonia, Montenegro, Serbia e Turchia- più Norvegia e Svizzera), attraverso interviste a dipendenti e lavoratori autonomi su questioni chiave correlate al lavoro e al posto di lavoro.

 

Situazione occupazionale in Europa

 

Nell’introdurre l’indagine, il report Eurofound ha fornito una breve panoramica sui cambiamenti intervenuti nella struttura occupazionale in Europa.

 

Tra il 2005 e il 2015, il tasso occupazionale delle persone con età compresa tra i 15 e i 64 anni  è salito dal 63% al 66%. In larga parte, tale incremento è dovuto ad una maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, anche se il tasso di occupazione femminile è ancora inferiore di 11 punti percentuali rispetto a quello maschile.

 

Inoltre, la forza lavoro è divenuta progressivamente più anziana. La percentuale di lavoratori over 50 è decisamente aumentata: è stato registrato, infatti, un incremento dal 24% al 31% in 10 anni. Al contempo, vi è stato un continuo declino nella percentuale di giovani lavoratori (under 35): dal 35% nel 2005 al 30% nel 2015. Per la prima volta in molti anni, la percentuale di lavoratori over 50 è divenuta superiore (seppur in modo marginale) rispetto a quella dei lavoratori under 35.

In relazione, invece, alle tipologie contrattuali più diffuse in Europa, si osserva come i lavoratori autonomi rappresentino il 15% della forza lavoro, i lavoratori a tempo determinato il 12%. Il restante 73% è, invece, composto da lavoratori con contratto a tempo indeterminato o con un altro tipo di contratto (o nessuno). Complessivamente, fatta eccezione per una leggera riduzione nella proporzione di lavoratori autonomi, il quadro non ha subito variazioni significative rispetto al 2000.

 

In aggiunta, il report Eurofound segnala che, analizzando la diffusione delle varie forme contrattuali in relazione alle caratteristiche individuali (tra cui sesso, età, livello d’istruzione), emergono diversi profili di segmentazione. In particolare, la percentuale di giovani con contratto a tempo determinato (20%) o con altro o nessun tipo di contratto (13%) è doppia rispetto agli altri gruppi d’età. Si riscontra anche una differenza di genere, con il lavoro autonomo a quasi esclusivo appannaggio degli uomini e con una percentuale maggiore di contratti a tempo indeterminato, a termine o altre forme contrattuali (o nessuna) tra le donne. Ma emergono differenze anche in base al livello di istruzione: i contratti a tempo indeterminato sono predominanti tra i lavoratori con livello di istruzione terziaria (72%) o secondaria (67%), mentre solamente 4 lavoratori su 10 (39%) con livello di istruzione primaria sono impiegati a tempo indeterminato.

 

Le molteplici dimensioni della qualità del lavoro in Europa

 

Partendo da tale quadro generale sull’evoluzione della struttura occupazionale in Europa, l’indagine Eurofound si è focalizzata sulle condizioni di lavoro e, in particolare, sugli aspetti che concorrono a formare il concetto quanto mai vasto di qualità del lavoro. Nello specifico, sono stati presi in considerazione i seguenti fattori: ambiente fisico, intensità del lavoro, qualità dell’orario lavorativo, ambiente sociale, competenze e sviluppo, prospettive, guadagni. Tali indici riflettono la natura multidimensionale della qualità del lavoro e il fatto che ciascuna dimensione abbia una propria influenza (positiva o negativa che sia) sulla salute e sul benessere dei lavoratori.

 

 L’indice riguardante l’ambiente fisico valuta i rischi fisici a cui  le persone vanno incontro nel luogo di lavoro. L’analisi mostra che, nel corso degli ultimi 10 anni, in Europa vi è stato un lento ma costante miglioramento in relazione ai rischi connessi all’ambiente di lavoro. Come prevedibile, i lavoratori nel settore delle costruzioni sono i più esposti ai rischi fisici, mentre i lavoratori impiegati nel settore dei servizi finanziari e in quello dell’educazione sono i meno esposti.  I rischi connessi all’ergonomia e alla postura (in particolare, movimenti ripetitivi di mani e braccia) sono i più diffusi in Europa. Il 62% dei lavoratori ha riportato di soffrire di tali disturbi.

 

 L’intensità del lavoro risulta una caratteristica prevalente: il 37% dei lavoratori europei ha riportato di avere scadenze stringenti al lavoro mentre il 34% ha affermato di lavorare a ritmi elevati all’incirca i tre quarti del tempo. Un lavoratore su 10 ha riportato di non avere mai o raramente tempo sufficiente per svolgere il proprio lavoro.

 

In relazione alla qualità dell’orario lavorativo, la regolarità del numero di ore di lavoro giornaliere e settimanali e l’inizio e la fine della giornata lavorativa a orari fissi rappresentano la norma per gran parte dei lavoratori (75%). Orari di lavoro atipici (tra cui il sabato e la domenica, giornate di lavoro lunghe oltre le 10 ore, lavoro a turni e notturno), sono una caratteristica della vita lavorativa per una percentuale significativa di lavoratori. Più della metà dei lavoratori ha affermato di lavorare almeno un sabato al mese (52 %), mentre un terzo (32 %) di lavorare 10 ore o più al giorno almeno una volta al mese. Dai risultati dell’indagine emerge anche che per la maggior parte dei lavoratori gli orari sono decisi dai datori di lavoro senza possibilità di effettuare modifiche (56 %), mentre solo un lavoratore su 10 può scegliere tra diversi orari stabiliti dall’azienda.

 

 Con riferimento all’ambiente sociale, dall’indagine è emerso che per il 72% dei lavoratori, i propri colleghi forniscono aiuto e supporto sempre o quasi, mentre soltanto per il 10% ciò non si verifica. La principale forma di discriminazione al lavoro riportata dall’indagine è quella per età (3%). La discriminazione di genere è prevalente più tra le donne (3%) che tra gli uomini (1%), mentre la discriminazione connessa a fattori etnici e di nazionalità è stata riportata nel 2% dei casi. Infine, l’1% dei lavoratori ha affermato di aver subito discriminazioni in base alla religione, alla disabilità o all’orientamento sessuale. Sebbene si tratti di percentuali minime, il report evidenzia come l’aspetto discriminatorio costituisca comunque una grave offesa che può avere conseguenze non soltanto a livello personale ma anche collettivo.

 

In tema di competenze e sviluppo, l’analisi dà evidenza di maggiori possibilità di accesso alla formazione nel corso del tempo: la percentuale di lavoratori che hanno seguito corsi di formazione pagati dal datore di lavoro è aumentata dal 26% al 40% nel periodo 2005-2015. Tuttavia, l’indagine Eurofound rileva differenze significative nell’accesso alla formazione. In particolare, si segnala che i lavoratori che ne necessiterebbero maggiormente, hanno minori possibilità di accesso alla formazione: tra questi vi sono i lavoratori a bassa specializzazione e con bassi livelli di istruzione, e quelli con contratti a tempo determinato o contratti part-time. Inoltre, l’analisi mostra, per i gruppi con minori possibilità di accesso alla formazione, anche una minore durata della stessa.

 

Dall’analisi emerge, inoltre, come il 38% dei lavoratori ritenga che il proprio lavoro offra buone prospettive per un avanzamento di carriera. All’opposto, il 39% dei lavoratori pensa di non avere soddisfacenti prospettive a livello lavorativo (tale percentuale è costituita in larga parte da lavoratori over 50).  Il 68% dei lavoratori, inoltre, non ritiene che il proprio posto di lavoro sia a rischio nei successivi sei mesi ed oltre un terzo dei lavoratori pensa di poter trovare un altro lavoro ad un simile salario.

 

Infine, per quel che concerne i guadagni, il quadro appare fortemente disomogeneo, con la maggior parte dei lavoratori concentrati nella parte bassa della scala reddituale. La quasi totalità dei lavoratori nell’Unione Europea (98%) riceve uno stipendio fisso di base in cambio del proprio lavoro. Le variabili aggiuntive più comuni sono date dagli straordinari (37%), da vantaggi di altra natura (19%) o dal lavoro domenicale (18%). L’indagine Eurofound specifica anche come tali variabili, a partire dal Duemila, abbiano assunto crescente importanza.

 

Circoscrivere un tema vasto e sfaccettato come quello della qualità del lavoro entro esaustivi parametri di misurazione è senza dubbio un compito complesso, soprattutto considerando la forte soggettività cui esso va incontro. Ciononostante, monitorare le tendenze riguardanti la qualità del lavoro in Europa consente di individuare i progressi compiuti e le questioni ancora critiche ai fini dell’implementazione di politiche del lavoro europee, nazionali e territoriali orientate al lavoratore e al suo benessere in un’ottica di maggiore produttività.

 

Federica Romano

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@89fede_romano

 

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